La scossa populista

Rolla Scolari

L’Ue del futuro sarà “più piccola, più nordica, in periferia ci sarà l’Italia”, ci dice il politologo Matthew Goodwin

Milano. Qualcuno gli ha raccontato che per capire l’Europa occorre paragonarla a un’impresa familiare: la prima generazione ha costruito l’azienda, la seconda l’ha mantenuta, la terza, o per caso o apposta, l’ha distrutta. Le nuove generazioni europee, secondo Matthew Goodwin, politologo britannico che assieme a Roger Eatwell ha scritto un libro a tratti cupo sul futuro del populismo e delle democrazie liberali – “National Populism: The Revolt Against Liberal Democracy” – sono nel mezzo di molte crisi che contribuiranno a dare forma all’Europa di domani. “L’Unione europea del futuro sarà diversa, più piccola, più ‘nordica’, con una periferia che includerà stati come l’Italia”, dice al Foglio Goodwin, che aggiunge anche una sua previsione: secondo lui, l’Italia uscirà dall’euro nei prossimi vent’anni.

     

Le elezioni europee del 26 maggio saranno una prova per la tenuta dell’azienda familiare di cui parla Goodwin, che ieri a Milano ha discusso di nazional-populismi e voto europeo, ospite dell’Istituto Bruno Leoni e di You Trend. Che i partiti nazional-populisti andranno bene alle urne di fine maggio lo dicono da tempo i sondaggi: dal Brexit Party di Nigel Farage in Gran Bretagna alla Lega di Matteo Salvini in Italia passando dai tedeschi di Alternative für Deutschland, Marine Le Pen in Francia (che ha superato per la prima volta nei sondaggi il partito del presidente, Emmanuel Macron), i numeri raccontano percentuali per alcuni partiti tra il 30 e il 35 per cento in media. Due anni dopo quella che Goodwin definisce la “primavera di Macron”, quando i commentatori europei dopo la vittoria alle urne del presidente europeista francese avevano dichiarato i populismi agonizzanti, “questi partiti sono invece più forti di prima. E quello che accade in Europa mostra una sfiducia nell’establishment tradizionale, un timore nei confronti di fenomeni come l’immigrazione”. L’esempio migliore, dice il giovane politologo, è l’Italia, dove i cittadini sono “ansiosi”, “stufi”, “spaesati”, “non soltanto nel mezzo di una crisi economica e politica, ma anche spirituale”. E il maggior beneficiario è Salvini, che accusa le élite politiche del passato di non aver controllato il flusso di coloro che entrano ed escono dal paese.

  

Salvini, assieme a Marine Le Pen, tenta in queste settimane pre elettorali di organizzare un gruppo paneuropeo di partiti nazional-populisti: per prendere decisioni servirà un’alleanza e l’appuntamento è previsto a Milano, per il 18 maggio. Goodwin è convinto che questa coalizione si farà, ma sostiene anche che le elezioni non cambieranno realmente le istituzioni europee, ma saranno soprattutto un messaggio simbolico, un colpo all’establishment europeo. E’ quella che gli esperti chiamano frammentazione, e che già si sta sperimentando in alcuni paesi dell’Ue. “Prima di tutto, questi gruppi dovranno capire che cosa vogliono a livello europeo: sicurezza sui confini, guardie alle frontiere, più potere per gli stati nazionali, dice per esempio Salvini. La questione è se si tratti di un’agenda condivisa da tutti”.

   

Tra i primi effetti del voto, dice Goodwin, ci sarà quello sui popolari europei e sui partiti di centrodestra nazionali: “Vedremo prima i movimenti nazional-populisti formare un’alleanza, e poi sempre più partiti del centro destra muoversi in diverse forme verso i populisti: o cooperando con loro o usando toni simili su alcune questioni come immigrazione o sicurezza, trascinando l’intero sistema politico verso di loro. D’altronde, è di questi temi che vuole sentire parlare l’elettorato”.

  

La partita inizia qui ma è molto più lunga per Goodwin, secondo il quale non siamo ancora a un punto in cui i partiti nazional-populisti dominano le istituzioni, sia europee sia nazionali, “ma lo saremo tra pochi anni, perché i timori e le questioni che preoccupano gli europei, dall’instabilità in Nordafrica alle migrazioni alla sicurezza lungo i confini, non sono destinati a scomparire”. Il futuro è raccontato dalla meteora dei Cinque Stelle in Italia o dal ritorno di Nigel Farage in Gran Bretagna: “L’ascesa dei 5S è stata incredibile, da scherzo sono diventati partito di governo in pochi anni, e questo è quello che vedremo in Europa: partiti simili che vanno e vengono. Non torneremo presto alla stabilità dei partiti tradizionali”. È in atto “una battaglia tra una visione liberale e una costruzione conservatrice nazional-populista”. A difendere il caso della prima, in Europa “è rimasto soltanto Emmanuel Macron, mentre la sinistra progressista e liberale cerca di aggiustarsi ai nuovi tempi”, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna. Lo fa “non andando al compromesso sui temi dei nazionali-populisti, ma muovendosi nella direzione opposta, difendendo le proprie posizioni”.

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