Marine Le Pen e Matteo Salvini. I due saranno oggi sul palco di piazza Duomo (foto LaPresse)

Sabato sovrano

Micol Flammini

La calata dei barbari in Piazza Duomo per celebrare i nazionalismi, uniti e confusi

Tutti insieme, tutti uniti. Ma è chiaro, ognuno a modo suo. Del concetto di alleanza, dell’utopia di unione, i sovranisti hanno fatto una bandiera. Anzi una lotta che sono pronti a portare a Milano, oggi. Ogni battaglia ha il suo campo e loro, un po’ raffazzonati e al solito impetuosi, hanno scelto Piazza Duomo. Ironia o volontà, proprio la piazza che ha ospitato a marzo la grande manifestazione contro il razzismo e che aveva fatto esclamare al sindaco Beppe Sala: “Ecco, questa è la nostra Italia”. Sì, è anche quella. Quasi a voler cancellare quel ricordo, a voler calpestare i passi delle duecentomila persone che avevano sfilato contro il razzismo e le politiche di estrema destra sponsorizzate dal governo italiano, oggi la piazza si riempirà di sovranisti.

 

A invitarli tutti è stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini che aspira a guidare questa bizzosa compagnia euroscettica, a formare un’alleanza per lanciarsi alla conquista del Parlamento europeo dopo le elezioni del 26 maggio. Oggi a Piazza Duomo si chiuderà la campagna elettorale, urlata e scalmanata. “Saremo centomila persone – ha comiziato Salvini qualche giorno fa a Palazzolo – con Marine Le Pen, i francesi, i tedeschi, gli austriaci, gli olandesi faremo vedere a Bruxelles di che pasta siamo fatti”. Bruxelles si sa è un po’ confusa, attende queste elezioni come una condanna, il giorno della verità, questi europei mi amano o no, si chiede l’Ue, e tra il 23 e il 26 maggio scoprirà la risposta.

 

I sondaggi sembrano dire che gli europei la amano ancora, con tutti i se, i distinguo, i ma e le pretese del caso, e non sono disposti a regalare l’Aula tutta blu di Strasburgo a un gruppo di urlatori che dicono di no a tutto. Ma prima di prendersi Bruxelles, i sovranisti, magma di pulsioni elettorali, proveranno a prendersi Milano che ha ricevuto, malgré elle, l’onere di ospitare questa kermesse. Prima Milano, Roma può aspettare. Arriverà Marine Le Pen che, forse per farsi perdonare l’assenza chiacchieratissima dell’8 aprile scorso all’evento organizzato dal leader della Lega sempre a Milano, terrà un discorso dal palco. Un piccolo comizio, lei ex madrina di tutti i sovranisti, per dire che bisogna arrivare a Bruxelles forti e convinti per poter invertire il corso dell’Europa. Su di lei e sul suo rapporto con Salvini scorrono fiumi di pettegolezzi, qualche malalingua frontista dice che i due non si amano affatto, che non si capiscono, provano a comunicare con timidi emoji e che lei, soprattutto ora che è una leader in discesa, sia gelosissima del ruolo di Salvini.

 

“Matteo è stato incaricato di formare un’alleanza”, aveva detto la rappresentante del Rassemblement national in un’intervista a Euronews, ma qualcuno racconta che non sia stata lei a cedere lo scettro, ma il ministro dell’Interno a prenderselo. Al di là delle invidie e delle discordie sarà a Milano, lei e non il suo capolista, il giovane Jordan Bardella che ormai manda avanti ovunque. Poi ci sarà Geert Wilders, fondatore dell’olandese Partito per la Libertà. Diventato famoso per i suoi capelli bianchi e per il suo forte sostegno alla Nexit, l’uscita dei Paesi Bassi dall’Unione europea. Come altri sostenitori dell’uscita dall’Ue, ha abbandonato i suoi programmi e ora si batte, assieme agli altri sovranisti, per un’Europa diversa, meno europea. Ci sarà Jörg Meuthen, del Partito di estrema destra tedesco AfD, ci sarà Heinz-Christian Strache dell’Fpö, l’altra metà del governo austriaco, quella sorvegliata e spesso bastonata dal cancelliere Sebastian Kurz.

 

Gli altri adepti dell’Alleanza populista sono nomi senza volto. I bulgari di Volya, gli slovacchi di Sme Rodina. Ci sarà Ekre, il partito che è riuscito a prendersi il governo dell’Estonia con un padre e un figlio, Mart e Martin Helme, rispettivamente agli Interni e alle Finanze, che durante la loro prima apparizione in Parlamento hanno mostrato la mano: indice e pollice uniti a formare un cerchio, le altre tre dita sollevate, e non intendevano dire ok. E’ il gesto del suprematismo bianco. Anche i belgi di Vlaams Belang (Interesse fiammingo), i danesi del partito popolare danese, e i Veri finlandesi, tutti a Milano. Saranno presenti anche i cechi di Libertà e democrazia diretta, il partito guidato da Tomio Okamura, nato a Tokyo con madre ceca e padre giapponese. I partiti saranno undici, nonostante gli inviti non ci sarà Viktor Orbán, anche questa volta il primo ministro ungherese preferisce tenersi lontano da questo groviglio di sovranismi. Ma è bene passare ai dettagli per capire questa calata dei barbari e degli impulsi dell’estrema destra a Milano. Ogni kermesse ha il suo slogan e quello scelto è: “Prima l’Italia! Il buon senso in Europa - Towards a Common Sense Europe”. Sotto al grido di “prima l’Italia” si alterneranno tutti i sovranisti, ognuno con il proprio nazionalismo, i veri finlandesi, che per distinguersi dal resto della nazione hanno deciso di ricorrere all’aggettivo “vero”, i fiammighi con i loro interessi, i cechi, i bulgari, i francesi, gli slovacchi. Ognuno sarà a Milano a rappresentare la propria forma particolare di nazionalismo. Così a Piazza Duomo, tra gli istinti bellicosi, andrà in scena il carnevale del nazionalismo. Prima l’Italia, prima la Bulgaria, prima l’Olanda, grideranno tutti insieme. Ciascuno cercando di urlare un po’ più forte degli altri, perché va bene andare uniti a Bruxelles, ma il tuo nazionalismo finisce dove inizia il mio.