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Macron promette tagli fiscali, ma non cede ai gilet e va avanti con le riforme

Mauro Zanon

Dopo il Grand Débat, riforma (non chiusura) dell’Ena e decentralizzazione. La risposta del presidente francese alle proteste

Parigi. Emmanuel Macron ha svelato il piano con cui il governo spera di uscire dalla crisi dei gilet gialli, che da cinque mesi attraversa la Francia. E pur mostrandosi dialogante, il presidente francese ha fatto capire perfettamente che non intende arretrare sulle riforme. Dietro alla scrivania, e davanti a più di trecento giornalisti, l’inquilino dell’Eliseo ha iniziato il suo esercizio con un bilancio del movimento di protesta in gilet catarifrangente: “Un movimento che ha manifestato la sua rabbia, la sua inquietudine e la sua impazienza affinché le cose cambino il più rapidamente possibile”. Dai due mesi di Grand débat national, a contatto con quella Francia periferica che si è sentita dimenticata dalle sue riforme, Macron ha detto di aver “imparato molto”, e ha aggiunto che i gilet gialli sono stati “strumentalizzati”, ma le “derive di alcuni non occultano le giuste rivendicazioni all’origine di questo movimento”. “Ho colto un sentimento profondo di ingiustizia territoriale e fiscale. Bisogna dare una risposta a questo sentimento. Ho percepito una mancanza di fiducia nelle élite”, ha sottolineato Macron, prima di evocare “la paura dei grandi cambiamenti” come “il clima, l’immigrazione, il digitale, il declassamento sociale, l’invecchiamento”, ai quali è necessario fornire delle soluzioni.

   

Il messaggio di distensione iniziale, durante il quale il presidente francese ha comunque ricordato che “l’ordine repubblicano viene prima di tutto” e che “le trasformazioni in corso non devono essere fermate”, ha lasciato poi spazio agli annunci più concreti. Per ora, non ci sarà nessun riconoscimento del voto bianco, e sull’instaurazione del Ric, il Referendum d’iniziativa civica che i gilet gialli hanno messo al primo posto dei loro desideri, ha detto no, illustrando però la volontà di “semplificare le regole per i referendum di iniziativa condivisa”. “Spero che a livello locale possiamo rafforzare il diritto di petizione”, ha detto. La riforma del Consiglio economico, sociale e ambientale (Cese) è anch’essa in agenda, e un passo in avanti nelle decentralizzazioni, cavallo di battaglia di Macron fin da quando era ministro dell’Economia, verrà presto messo a punto. Molto atteso sul futuro dell’Ena, la superscuola delle élite, Macron ha ribadito quanto filtrato nei giorni scorsi nella stampa parigina. “Dobbiamo molto alla nostra funzione pubblica, e sono profondamente favorevole a un elitarismo repubblicano, tuttavia ci sono dei cambiamenti da fare in termini di reclutamento”, ha dichiarato il capo dello stato francese. “La nostra funzione pubblica è l’immagine della società? La risposta è no. Non sono più delle filiere meritocratiche”, ha aggiunto Macron, che non ha parlato di “suppression”, ma di “réforme” dell’istituto che oggi ha sede a Strasburgo. Sull’Isf, l’imposta sui grandi patrimoni che Macron ha soppresso parzialmente attirandosi le ire dei gilet, non ci sarà nessun passo indietro. “E’ una riforma per produrre, non un regalo per i più abbienti”, ha detto, difendendo la sua visione liberale, secondo cui “senza investimenti non c’è economia”. Il capo dell’Eliseo ha promesso in seguito un “taglio significativo” delle tasse e in particolare delle imposte sul reddito, taglio che però potrà essere garantito se i francesi “lavorano di più”, ma anche una rivalutazione delle pensioni al di sotto dei 2.000 euro a partire dal primo gennaio 2020. Entro l’estate verrà rifondato profondamente il sistema pensionistico, ha annunciato inoltre Macron, allargando in seguito il suo discorso all’Europa. “Il clima deve essere al centro del progetto nazionale e europeo”, ha affermato. Tra le proposte, anche una “rifondazione di Schengen” che giudica “indispensabile”.

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