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La piccola Gerusalemme

Mauro Zanon

Viaggio nel Diciassettesimo arrondissement di Parigi, dove vive la più grande comunità ebraica d’Europa. L’antisemitismo, l’alyiah interna e un mantra che sa di fiducia e speranza: “Qui ci sentiamo sicuri”

Parigi. All’inizio degli anni Ottanta, erano soltanto due i ristoranti kosher del Diciassettesimo arrondissement di Parigi, e le famiglie di confessione ebraica erano poche decine. E’ sempre stato un posto tranquillo in cui abitare, ma all’epoca gli ebrei preferivano altre zone della capitale francese per vivere appieno la propria religione: il Sedicesimo, a sud-ovest della capitale, e il Marais, il quartiere ebraico per eccellenza. “Quando gli ebrei sono arrivati in Francia dopo la guerra, come i miei nonni, si sono stabiliti quasi tutti nel Marais. Gli altri si sono divisi tra il Sedicesimo e la prima periferia di Parigi”, dice al Foglio Murielle Gordon-Schor, vice sindaca del Diciassettesimo arrondissement in quota Républicains (Lr). Suo padre è nato in Romania, sua madre in Francia, ma si sono incontrati e innamorati a rue des Rosiers, nel cuore del Marais, lì dove, il 9 agosto del 1982, la comunità ebraica fu vittima di uno dei più terribili attentati antisemiti della storia recente: al ristorante Jo Goldenberg, un ordigno esplosivo e una raffica di mitra fecero 6 morti e 22 feriti. “L’attentato di rue des Rosiers, fatto due anni dopo l’attacco terroristico contro la sinagoga di rue Copernic (4 morti e 46 feriti, ndr), ha spezzato la serenità della comunità ebraica parigina”, dice Murielle Gordon-Schor. E’ stata una data spartiacque per molti ebrei che, come lei, hanno deciso progressivamente di spostarsi a ovest della capitale: di fare un’“Aliyah interna”.

      


Murielle Gordon-Schor, vicesindaco, ci racconta come sarà il centro sull’ebraismo che sarà inaugurato a giugno


    

“Io sono arrivata nel Diciassettesimo nel 1983. Lavoravo come dentista ad Avenue Niel e tra i miei pazienti c’erano molti nobili di religione cattolica. Poco a poco, i nomi sono cambiati: sono arrivati gli Asimov e i Pevsner e attorno al mio studio, negli anni Novanta, c’erano già quattordici ristoranti kosher”, racconta la vice sindaca. Oggi, il Diciassettesimo arrondissement ospita la più grande comunità ebraica di Francia e d’Europa, ed è stato ribattezzato “La piccola Gerusalemme”. “Qui abitano più di 45 mila ebrei”, afferma la vice sindaca, indicando la rue Jouffroy D’abbans come il cuore della vitalità ebraica dell’arrondissement. Qui la maggioranza dei negozi è kosher, per le strade si notano diverse kippah e qua e là si sentono dei “Shalom”. “E’ come stare nella bambagia. Forse i nuovi arrivati hanno perso in termini di superficie, ma sicuramente hanno guadagnato in termini di serenità”, spiega Garry Lévy, proprietario della macelleria kosher Berbèche.

    

A pochi metri dal suo negozio, c’è la libreria Beit Hassofer, che vende testi e oggetti di culto ed è molto frequentata dagli abitanti del Diciassettesimo. Particolarmente apprezzato è anche Charles Traiteur. “E’ la miglior pasticceria kosher di Parigi”, dice una signora appena uscita dal negozio, e racconta di essersi trasferita da qualche anno a nord ovest della capitale per ritrovare la tranquillità di quando era più giovane. “Prima abitavo nel 93 (il numero amministrativo corrispondente al dipartimento Seine-Saint-Denis). Ma ora, per una famiglia ebraica non è più possibile abitare lì”.

   


“Per clientelismo elettorale, la maggioranza dei politici prende troppe precauzioni nel denunciare l’antisemitismo di origine islamica” 


   

Nelle ultime settimane, hanno fatto molto rumore alcune dichiarazioni di Eric Zemmour. In diretta sul canale televisivo Lci, il giornalista del Figaro ha affermato che nelle scuole pubbliche del Seine-Saint-Denis, dipartimento a maggioranza arabo-musulmana oggetto lo scorso autunno di un’inchiesta choc di due cronisti del Monde, “Inch’Allah” (Fayard), “non ci sono più bambini ebrei”. “Purtroppo è vero ciò che dice Zemmour”, dice Murielle Gordon-Schor, citando l’esempio coraggioso di François Pupponi, sindaco socialista del comune di Sarcelles (Seine-Saint-Denis), che a differenza dei suoi compagni di partito sta cercando di combattere il radicalismo islamico. Una recente inchiesta del Parisien ha rivelato che anche le sinagoghe del 93 si stanno svuotando (una ha anche chiuso per mancanza di fedeli), e sempre più francesi sono costretti a fuggire dall’est e dalle banlieue multietniche perché “colpevoli di essere ebrei”. “Il nuovo antisemitismo viene dall’islam radicale”, spiega la vice sindaca, ricordando la recente opera collettiva “Le nouvel antisémitisme en France” (Albin Michel), dove il filosofo Pascal Bruckner indica questo nuovo male che non si vuole chiamare con il proprio nome. “Per clientelismo elettorale, la maggioranza dei politici prende ancora troppe precauzioni nel denunciare l’antisemitismo di origine islamica. La verità è che a Barbès (quartiere multietnico vicino a Montmartre, ndr), e in molte altre zone dell’est parigino, non si può più passeggiare con la kippah, e che le periferie sono diventate pericolose per gli ebrei a causa degli islamisti”, dice Murielle Gordon-Schor. Nel Diciassettesimo, invece, dove i piccoli commerci si incastrano armoniosamente tra gli imponenti edifici haussmanniani, “mi sento al sicuro. Qui, in questo momento, i francesi di confessione ebraica non hanno paura e si sentono protetti. Mi chiedo però come sarà il futuro, non solo in Francia ma in tutta l’Europa. Chissà in che mondo vivranno i miei figli. Sono appena rientrata da Amsterdam e in alcune zone ho trovato la stessa drammatica situazione che si vive in molte zone di Francia. Penso sempre alle nuove generazioni e non sono affatto tranquilla”.

   

Le ultime cifre ufficiali sugli episodi di antisemitismo mostrano che nel 2018 c’è stato un aumento del 74 per cento rispetto al 2017: 541 atti antisemiti. “Sono cifre spaventose”, commenta Murielle Gordon-Schor, legate al radicalismo islamico, all’importazione delle tensioni del conflitto israelo-palestinese, ma anche alla diffusione di tesi complottiste che sembravano sepolte e invece sono tornate a bussare alla porta della nostra epoca. L’assassinio di Sarah Halimi, dottoressa in pensione accoltellata e gettata giù dalla finestra al grido di “Allah Akbar”, e l’omicidio efferato di Mireille Knoll, superstite della Shoah, hanno segnato profondamente la comunità ebraica francese. “Quando si dice che gli autori di questi omicidi sono solo dei ‘pazzi squilibrati’, dimenticando che hanno gridato ‘Allah Akbar’, non sono d’accordo. Bisogna finirla con la psichiatrizzazione di queste persone. Ci sono dei motivi ideologici dietro questi atti”, sottolinea la vice sindaca, prima di aggiungere: “Molti di questi giovani vengono mandati nelle scuole coraniche clandestine e non in quelle della République: significa che non c’è volontà di integrarsi. Mio papà, invece, quando è arrivato in Francia, si è inginocchiato e ha baciato la terra”. Murielle Gordon-Schor è anche vicepresidente del concistoro israelita di Parigi e la madrina del Centre européen du judaïsme, il più grande centro europeo dedicato alla cultura e all’identità ebraiche che sarà inaugurato il prossimo giugno. “Mi sono impegnata molto per questo progetto, che ha una storia lunga vent’anni. Fu Jean Tiberi (sindaco chirachiano del comune di Parigi dal 1995 al 2001, ndr), durante l’ultima riunione del consiglio comunale sotto la sua gestione, a concedere il terreno per far sorgere questo centro”, spiega. Situato tra Boulevard de Reims e rue de Courcelles, l’edificio di 4.900 m² si sviluppa su sette piani e ospiterà una grande sinagoga concistoriale. “Doveva aprire già lo scorso anno, ma i lavori per realizzare gli spazi interni hanno richiesto più tempo di quello che pensavamo”, dice, e aggiunge: “Mi occuperò della parte culturale, cercando di organizzare proiezioni e incontri con registi importanti”. Tra questi, anche suo cugino, Radu Mihaileanu, autore del bellissimo “Le concert”, David di Donatello nel 2010 come miglior film dell’Unione europea. “Vorrei lanciare anche un salone del libro e ho già preso contatti con banditori d’arte per organizzare delle vendite all’interno del centro”, dice. La presenza di questo spazio renderà ancora più attrattiva quella che in molti hanno già definito la “nuova Terra Promessa esagonale”.

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