Emmanuel Macron (foto Imagoeconomica)

Il consigliere dimesso, i guai del bodyguard e il piano B di Macron

Paola Peduzzi

Il presidente continua a perdere collaboratori. Il punto di caduta della macronia sembra essere l'affaire Benalla. Ma c'è chi, in tutto questo, vede un progetto

Milano. “Nessuno si dimette per un libro”, ha detto svelta la senatrice verde Esther Benbassa, che fa parte della commissione Giustizia dell’Assemblea nazionale francese, che ha un’inchiesta aperta sul caso Benalla. A dimettersi è stato Ismaël Emelien, detto “Isma”, il consigliere speciale del presidente, Emmanuel Macron: in un’intervista al Point, Emelien ha detto che lascerà il suo incarico – e il suo ufficio al secondo piano dell’Eliseo, che apparteneva a Macron quando era segretario generale aggiunto dell’allora presidente François Hollande – a fine marzo perché sta scrivendo un libro-manifesto sul progressismo e non sta bene che uno che lavora a così stretto contatto con il presidente pubblichi saggi di questo genere. Per confermare questa versione – che più che una versione è evidentissimo spin – si è dimesso anche un altro collaboratore di Macron, che sta scrivendo questo benedetto libro assieme a Emelien: si tratta del ventiseienne David Amiel, con formazione all’Ena e a Princeton, che scrisse la parte economica del programma presidenziale di Macron. “Lascerò l’Eliseo come Ismaël – ha detto Amiel al Point – per spiegare e difendere il nostro libro”. Amiel lavora nell’ufficio di Alexis Kohler, che è segretario generale dell’Eliseo e che secondo voci insistenti sarebbe pure lui in uscita (no, non per il libro).

 

Di cosa tratta questo libro, questo “saggio dottrinale” sul progressismo, ne parleremo prossimamente, intanto si sa che sono circa 160 pagine frutto di un “lavoro certosino” da parte dei due autori. Ma al momento, l’unica cosa che importa è quello che non sta dentro lo spin dell’Eliseo, cioè quanto e come un bodyguard – il ventisettenne Alexandre Benalla – può deturpare una presidenza (una leadership, una carriera: le guardie del corpo possono tutto). L’affaire Benalla, di cui ora discute il Parlamento, è apparso fin da subito per quel che è: il lato oscuro della presidenza. Si è detto di tutto su questo bodyguard – basti sapere che Macron ha dovuto precisare che Benalla non è mai stato il suo amante – che è stato prima sospeso e poi allontanato dopo che è diventato pubblico un video in cui picchiava un manifestante il primo maggio scorso, ma le intercettazioni pubblicate dal sito Mediapart hanno svelato le coperture di cui godeva all’Eliseo – non soltanto da parte di Macron, ma anche di Brigitte e soprattutto di Emelien. Sarebbe proprio Benalla quindi il punto di caduta del mondo legato a Macron, la macronia, anche se molti altri sostengono che il rapporto di fiducia tra Emelien e Macron – che lavorano insieme dal 2012, e hanno costruito insieme En Marche!, la campagna presidenziale e l’agenda dell’Eliseo – si sia spezzato proprio a causa di Brigitte: il libro pettegolissimo pubblicato a fine gennaio da Plon, “Madame la présidente, racconta l’esasperazione dei consiglieri del presidente che si sono accorti di quanto sia influente Brigitte e non la reggono più (secondo una fonte anonima, Emelien vorrebbe tanto che la première dame “morisse”, “sogna la notte come farla scomparire”).

 

Tra pettegolezzi e bodyguard invischiati (anche) con i russi, la fuoriuscita di Emelien ha avuto, libro o non libro, un effetto tremendo sul presidente: se si scorrono i titoli dei giornali francesi si ritrovano per lo più analisi allarmiste sulla tenuta della macronia – poco tempo fa è andato via anche Sylvain Fort, un altro peso massimo dell’entourage di Macron. I detrattori del presidente, che come si sa sono molti sia in Francia (dentro e fuori i gilet jaunes) sia nel resto del mondo (in Italia non parliamone), gongolano cinici, dicono che il modello francese sta crollando, per le forze esterne e per quelle interne, non ha più punti d’appoggio – e i social sono pieni di ammiccamenti penosi ai fidanzatini di Macron che piano piano lo abbandonano (forse per avviare una carriera politica in proprio, sostengono alcuni).

 

Il tempismo di queste dipartite – nel bel mezzo della crisi dei gilet che ha perso lo slancio iniziale ma non si esaurisce mai del tutto – non è certo favorevole al presidente francese, che pure con i suoi grand débat stava ricominciando a guidare i temi di discussione pubblica e a riconquistare popolarità. Ma tra chi gioisce e chi si dispera, c’è una terza via, che non crede alla faccenda del libro, ma che vede comunque un progetto: scrive il Monde che il presidente sta ricostruendo la propria immagine, e lo fa con un rimpasto, solo che nessuno lo chiama così.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi