L'Ena a Strasburgo (via Wikimedia)

Inizia il cantiere per la nuova Ena francese, che spezza il suo stesso monopolio

Mauro Zanon

Macron e l’élite da riformare

Parigi. Si dice che sia stata Nathalie Loiseau, attuale capolista di Lrem alle elezioni europee, a sussurrare a Macron l’idea di cancellare l’Ena come la conosciamo oggi, per costruire una fucina della classe dirigente francese che non sia un istituto dove le élite continuano a riprodursi socialmente, ma un fulcro della meritocrazia repubblicana. Fa un certo effetto se si pensa che la prima ne è stata direttrice dal 2012 al 2017, e che il secondo ne è uscito nel 2004, quinto della promotion Léopold Senghor. Andando però a vedere le sue dichiarazioni appena nominata al vertice della scuola che oggi ha sede a Strasburgo, ma un domani potrebbe tornare a Parigi, si scopre che la volontà della Loiseau era chiara fin dall’inizio. “Desidero accentuare la diversità di talenti riformando i concorsi, la composizione della giuria e i nostri criteri di reclutamento”, affermò nel 2012 al Figaro Madame. Concetti molto simili a quelli espressi nel testo redatto dall’Eliseo che è circolato nei giorni scorsi nei media francesi. “Abbiamo bisogno di un’élite, di persone che decidono. Questa élite deve essere l’immagine della società e deve essere selezionata su basi esclusivamente meritocratiche. E’ per questo che cambieremo la formazione, la selezione, i percorsi di carriera, cancellando l’Ena e altre strutture per ricostruirne dal profondo l’organizzazione”.

 

Più che di “supprimer”, insomma, si tratta di “rebâtir”, ricostruire, diversificando la formazione per accedere all’alta funzione pubblica e fornendo ai giovani delle opportunità in base al merito e non all’origine sociale e familiare. Stando alle informazioni del Parisien, però, c’è qualcosa che quasi sicuramente sparirà: il suo nome, Ena, quel trittico che suscita tanta acrimonia e indignazione (negli ambienti della gauche radicale, si dice spesso con molto sdegno che la Francia non è una repubblica, ma un’“enarchia”, proprio perché molti dei posti chiave sono occupati dagli ex studenti dell’Ecole nationale d’administration).

 

La futura fornace della tecnocrazia repubblicana dovrebbe infatti chiamarsi Isf, Institut supérieur de fonctionnaires: un titolo incandescente, secondo molti osservatori, perché Isf è anche l’acronimo della famosa imposta sui grandi patrimoni che Macron ha soppresso parzialmente, facendo arrabbiare gran parte del paese. Per molti, la decisione dell’inquilino dell’Eliseo è solo cosmetica, un atto di demagogia per prestare il fianco, a parole, al discorso anti élite dei gilet gialli, il movimento di protesta che sabato scorso è sceso in piazza per il suo 23esimo atto. Per altri, invece, come l’economista e intellettuale Alain Minc, è il gesto indispensabile per ritrovare lo spirito originario dell’Ena e sbloccare l’ascensore sociale anche per quella Francia periferica che si sente esclusa dall’accesso alle cariche pubbliche. “E’ stato uno strumento formidabile quando gli alti funzionari dirigevano uno stato potente che ha ricostruito la Francia dopo la guerra. Un paese ha bisogno delle élite. Ma devono essere legittime e rappresentare decentemente la diversità sociale. Non è più così!”, ha dichiarato Minc al Parisien, prima di aggiungere: “All’Ena ci sono infinitamente meno bambini provenienti da famiglie di origini modeste rispetto a cinquant’anni fa e troppo pochi giovani figli della diversità. L’ascensore sociale è bloccato. La Francia è in ritardo rispetto all’Inghilterra, che ha saputo integrare gli immigrati ai piani più alti della sua società”. Per rompere il “monopolio di accesso che l’Ena dà ai suoi grandi corpi di funzionari”, sottolinea Minc, c’è insomma bisogno di una nuova Ena, anche se non sarà facile far digerire agli attuali enarchi questa rivoluzione. Al Monde, alcuni di loro, si sono già lamentati, vedendosi come “capri espiatori” di una strategia politica di Macron, che non vuole perdere il contatto con il popolo.

  

Nata all’indomani della Seconda guerra mondiale per volere di Charles de Gaulle, che voleva creare un’amministrazione statale trasparente e selezionata in funzione anti nepotistica, l’Ena si è trasferita a Strasburgo nel 1991. Dalla sua fondazione, ha accolto e formato più di settemila alti funzionari francesi e tremila e settecento studenti stranieri venuti da 134 paesi. Dall’Ena, oltre a Macron, sono usciti altri tre presidenti: Valéry Giscard d’Estaing, Jacques Chirac e François Hollande. Ma soltanto l’attuale capo dello stato ha frequentato l’Ena a Strasburgo. Per i suoi abitanti, l’eventuale soppressione della superscuola delle élite sarebbe un “duro colpo” per l’attrattività.

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