Il premier Giuseppe Conte con il generale Haftar a Palermo

Perché la Conferenza del governo sulla Libia è un azzardo diplomatico fallito

Francesco Maselli

Mancano tutti i capi di stato invitati (tranne l’egiziano al Sisi) da Conte, mentre le delegazioni dei libici non parlano tra loro. Haftar trasformato in kingmaker

Roma. È cominciata la Conferenza di pace sulla Libia organizzata dal governo italiano a Palermo. Nella prima delle due giornate del summit For Libya With Libya, Conferenza nata per fare incontrare i principali attori libici e i leader delle potenze mondiali, sono emerse subito grandi difficoltà. Secondo fonti del Foglio le differenti delegazioni libiche hanno partecipato in modo separato ai tavoli tecnici, dedicati alle riforme economiche e al tema sicurezza. Ogni delegazione partecipava separatamente per esporre il proprio punto di vista ai rappresentanti della comunità internazionale, un controsenso in una Conferenza organizzata per far discutere tra loro i libici. Insomma, il governo italiano non è riuscito nemmeno a riunirli per le discussioni preparatorie su sicurezza ed economia, che come spiega al Foglio un’alta fonte diplomatica italiana, avrebbero dovuto essere gli unici due risultati concreti della Conferenza, vista la mancanza dei capi di stato invitati negli scorsi mesi. La prima giornata ha irritato alcuni delegati libici presenti, come Ali al Saidi, deputato della Camera dei rappresentanti di Tobruk, vicino al generale Khalifa Haftar, che ha detto a Libya 24 di aver deciso di andare via dopo “aver scoperto i veri fini della Conferenza”, da lui definita “una sceneggiata”. Il generale, che controlla la Cirenaica, è riuscito a dettare l’agenda al nostro governo: ha più volte confermato e smentito la sua presenza, costringendo gli italiani a una missione in extremis domenica sera per convincerlo a partecipare. Alla fine, continua la stessa fonte sentita dal Foglio, è arrivato in tarda serata a Palermo, su forti pressioni del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, anch’egli presente alla conferenza.

 

Haftar ha ricevuto la rassicurazione di un incontro separato a margine in cui discutere di sicurezza con i principali partner internazionali ma senza le controparti libiche.

L’Italia aveva organizzato la Conferenza di pace con un’ambizione ben precisa: portare al tavolo del negoziato le fazioni libiche insieme ai leader mondiali. La presenza dei capi di stato non era un obiettivo minore, anzi, è stato l’unico esposto con chiarezza dal governo e fallito, dice al Foglio una persona che conosce direttamente il dossier. L’esecutivo italiano ha voluto rinunciare alla sua tradizionale politica volta a ottenere piccoli ma concreti passi in avanti sul dossier libico, per dimostrare di riuscire a organizzare una grande conferenza, a prescindere dal contenuto politico.

 

Per questo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che più di tutti si è speso per il summit, ha invitato personalmente Donald Trump, Emmanuel Macron, Angela Merkel e Vladimir Putin. Il presidente del Consiglio ha dato per scontata la loro presenza, ma si è dovuto accontentare di seconde linee: “Non si invitano i capi di stato pubblicamente se non si è certi della loro presenza, è stato avventato”, commenta un diplomatico italiano. I francesi hanno inviato il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian, mentre gli altri partner hanno accreditato personalità meno rilevanti: il primo ministro russo Dmitri Medvedev, il sottosegretario agli Esteri tedesco Niels Annen, e il consigliere speciale del dipartimento di stato americano per il medio oriente David Satterfield.

 

Può sembrare un gioco delle figurine, ma non lo è, la data era stata decisa per la sua concomitanza con le celebrazioni del centenario della Grande guerra a Parigi. Palazzo Chigi immaginava fosse più facile convincere i leader mondiali a venire a Palermo a ridosso di un altro incontro internazionale; il calcolo si è rivelato sbagliato. I rappresentanti del governo italiano, probabilmente consapevoli delle difficoltà della giornata, se ne sono tenuti alla larga: il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, era a Bruxelles per una riunione con i suoi omologhi del Consiglio europeo e ha raggiunto Palermo in tarda serata, mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte è arrivato al vertice soltanto nel primo pomeriggio. Tutto normale, spiegano fonti della Farnesina, la giornata di lunedì era dedicata agli sherpa e non prevedeva una presenza politica, ma il dubbio è legittimo: come mai alla Conferenza più importante per la politica estera del governo gialloverde il ministro degli Esteri non era presente e tutti i delegati libici, il delegato Onu e gli altri capi di stato sono stati accolti in mattinata dal direttore generale per gli Affari politici della Farnesina, l’ambasciatore Sebastiano Cardi? Forse la Conferenza non era poi così importante.

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