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Perché sulla Libia la Russia non sarà un alleato dell'Italia

Micol Flammini

Gli interessi del Cremlino in Libia divergono da quelli italiani. Anche in questo Putin non aiuterà i gialloverdi

Roma. La Russia in Libia ha interessi importanti, legati più al mantenimento del caos che a un impegno per la stabilizzazione del paese. Quando il 7 novembre Haftar è andato a Mosca per parlare con il ministro della Difesa Sergei Shoigu e con il capo dello stato maggiore Valeri Gerasimov non si poteva non notare che la visita del generale libico fosse molto vicina alle giornate organizzate a Palermo per la conferenza sulla Libia. Qualche giorno dopo, il quotidiano russo Novaya Gazeta ha pubblicato uno scoop, uno dei giornalisti aveva notato che tra i presenti all’arrivo di Haftar c’era anche Evgeni Prigozhin, il finanziatore delle truppe mercenarie di Mosca, che combattono ovunque: in Ucraina, in Siria, nella Repubblica Centrafricana e anche in Libia. I giornalisti russi insistono da tempo sulla presenza di truppe, regolari e non, a Tobruk e Bengasi, e la presenza di Prigozhin all’incontro sembrerebbe confermare le inchieste condotte finora. “Era lì soltanto in qualità di responsabile del catering”, si è affrettato a rispondere il Cremlino – prima di diventare il coordinatore delle truppe mercenarie, prima di gestire la fabbrica dei troll, Prigozhin era conosciuto come il “cuoco di Putin” –, risposta un po’ goffa alla quale la stampa non ha creduto. La Russia in Libia sta cercando di riempire il vuoto lasciato dagli Stati Uniti e, nel conflitto disordinato che va avanti dal 2011, ha degli interessi importanti che, a ben guardare, collidono con quelli del governo italiano. E’ stato il tabloid britannico Sun a parlare per primo della volontà di Vladimir Putin di fare della Libia “la sua nuova Siria”. Secondo fonti dell’intelligence britannica, Mosca avrebbe già inviato a Tobruk e a Bengasi degli agenti del Gru, i servizi segreti militari. Ma nelle due città costiere ci sarebbero anche gli uomini della Wagner, truppe mercenarie. Anche la rivista economica russa Rbc ha verificato la presenza di soldati russi in Libia e, benché il Cremlino continui a smentire – nega ancora la sua presenza in Ucraina, perché dovrebbe ammettere di essere in Libia? – secondo l’inchiesta ci sarebbero anche dei missili russi e dei sistemi di difesa antiaerei dispiegati sul territorio libico. I frequenti incontri tra Haftar e i russi lasciano capire da quale parte stia il Cremlino, ma soprattutto fanno intendere che i rapporti e gli affari tra Mosca e Tobruk potrebbero avere un peso importante anche alla conferenza internazionale iniziata ieri a Palermo.

 

Come accaduto in Siria, la Russia starebbe cercando di ottenere il controllo sulle riserve petrolifere in Libia. Nel febbraio dello scorso anno, Rosneft e la Noc, la National oil corporation libica, hanno firmato un accordo di cooperazione. La Noc ha la sua sede a Tripoli, ma la maggior parte dei suoi giacimenti petroliferi sono nella parte orientale del paese, nelle zone di Haftar. Questo, secondo il giornalista Kirill Semenov, basterebbe per spiegare perché Mosca sta rafforzando i suoi scambi con il generale. Il Cremlino, sotto il regime di Gheddafi, aveva firmato un accordo per costruire in Libia, tra Tripoli e Bengasi, una ferrovia per l’alta velocità. Il progetto che valeva 2,5 miliardi di dollari è stato sospeso e secondo il New York Times la Russia starebbe trattando anche per questo.

 

A differenza della Siria, dove Europa e Stati Uniti si oppongono al regime di Assad, in Libia non c’è unità. Quando Gheddafi fu deposto, le nazioni occidentali hanno perso un nemico comune, ma ora non esiste una strategia uniforme, una tattica politica unica. Le forze americane hanno avuto un ruolo importante nel rovesciamento di Gheddafi, ma sia Obama sia Trump si sono opposti a un intervento in Libia, fatta eccezione per le operazioni antiterrorismo contro lo Stato islamico. Agli europei la Libia interessa soprattutto per ridurre l'immigrazione, ma la conferenza è stata boicottata da Macron e Merkel, due attori fondamentali. E se il governo aveva sperato in un intervento di Trump, si è dovuto accontentare di un sottosegretario. In Russia, dove, al termine del vertice con Giuseppe Conte il mese scorso, Putin aveva detto che avrebbe inviato a Palermo “un rappresentante di alto livello”, Mosca ha tenuto tutti sulle spine, confermando soltanto durante la giornata di ieri l’arrivo di Medvedev, che rappresenterà la sua nazione assieme a Mikhail Bogdanov, viceministro degli Esteri. Alla Russia il caos libico interessa e più è caotico, più c’è possibilità di conflitto, più ha la possibilità di fare affari e di far valere le sue ragioni: petrolio, ferrovie, armi. Non ha interesse, per il momento, a pacificare la regione. Per capirlo, basta pensare a quel fotogramma, che i giornalisti di Novaya Gazeta avranno riguardato infinite volte, pensare che quando Haftar era a Mosca, non soltanto si è incontrato con il ministro della Difesa e con il capo di stato maggiore, ma era anche con Prigozhin, un uomo il cui ruolo non è mai stato quello di concludere accordi di pace.

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