Lord Andrew Adonis, ex ministro dei Trasporti nel governo Brown e favorevole a un secondo referendum (Foto Flickr)

“Un passo avanti, ma non abbastanza” dice Lord Adonis

Gregorio Sorgi

L'ex ministro europeista ci spiega la sua idea su quel che ha detto Corbyn sulla Brexit

Roma. “Nella conferenza laburista di Liverpool, Jeremy Corbyn ha fatto un passo avanti sulla Brexit, ma non è ancora abbastanza”, dice al Foglio Lord Andrew Adonis, ex ministro Labour nel governo di Gordon Brown e volto di spicco del movimento Best for Britain che si batte per un secondo referendum sulla Brexit. Adonis non è entusiasta della linea ufficiale di Corbyn, secondo cui bisogna andare alle elezioni se l’accordo della premier, Theresa May, sull’uscita dall’Ue non dovesse essere approvato dal Parlamento. Il piano B sarebbe un nuovo referendum. Per Adonis, “quella di Corbyn è una strategia comprensibile, ma il secondo referendum dovrebbe esserci a prescindere dalla possibilità di nuove elezioni. Questa dovrebbe essere la posizione del Labour”.

 

Nel discorso conclusivo alla kermesse del partito, Corbyn ha teso una mano verso la May e ha detto “che siamo pronti a votare un accordo che prevede la nostra permanenza nell’unione doganale, nessun confine nordirlandese e la protezione dei diritti dei lavoratori”. Adonis smentisce questa ipotesi. “Il Labour voterebbe solo un accordo che garantisce gli stessi benefici del mercato unico e dell’unione doganale. La premier difficilmente andrà oltre la proposta dei Chequers, che ha già suscitato delle reazioni contrarie da parte dei brexiteers del suo partito. Una trattativa con Corbyn rischia di spaccare i Tory”. La convergenza tra conservatori e laburisti, spiega Adonis, è teoricamente possibile però richiede un atteggiamento diverso da parte della May. Il primo ministro dovrebbe rassegnarsi a diventare un membro di fatto dell’Area economia europea, della quale fanno parte Svizzera e Norvegia.

 

Nel mondo laburista ci sono delle posizioni diverse sulla Brexit. Il ministro ombra dell’Economia e braccio destro di Corbyn, John McDonnell, ha spiegato che un secondo referendum non dovrebbe offrire l’opzione di rimanere nell'Ue. Il giorno dopo il ministro ombra della Brexit, Keir Starmer, ha detto il contrario ed è stato omaggiato da una standing ovation della platea. Adonis ovviamente sta dalla parte di Starmer, però spiega che “McDonnell vuole rendere l’idea del secondo referendum poco attraente per spingere il paese verso nuove elezioni”. Ma questa tattica non rischia alla fine di essere un regalo alla May? “E’ vero. Perché il secondo referendum con l’opzione del remain avrebbe dato ai conservatori europeisti un incentivo a votare contro l’accordo del primo ministro. Lo spettro delle elezioni anticipate potrebbe avere l’effetto opposto: i Tory voterebbero a favore di un pessimo accordo per evitare il rischio di perdere alle urne ”. Però sotto sotto è tutto un bluff. “Se ci dovesse essere davvero un secondo referendum – dice Adonis – è scontato che ci sia anche l’opzione del remain. Altrimenti non avrebbe senso”.

 

Ma il blariano Adonis si guarda bene dal criticare le proposte più radicali di Corbyn. C’è ancora spazio per i moderati laburisti? “L’unica cosa importante in questo momento è l’uscita dall’Ue. Su questo tema Corbyn è un moderato, le sue posizioni sono vicine a quelle dei centristi. Certo, lui vuole la ‘soft Brexit’ mentre noi vogliamo il remain, però è sicuramente meglio dei conservatori, che vogliono lasciare tutte le istituzioni economiche dell’Unione europea. Di solito il Partito conservatore è molto pragmatico, stavolta sono i conservatori gli estremisti”. Adonis ammette che “le politiche sociali ed economiche di Corbyn sono molto di sinistra” però “ogni tema, esclusa la Brexit, è irrilevante, passa tutto attraverso l’esito delle negoziazioni” con Bruxelles.

 

In realtà, il progetto corbinista va ben oltre la Brexit. Il discorso conclusivo del leader è stato un manifesto politico per “ricostruire la Gran Bretagna”, come recita lo slogan della kermesse. Corbyn ha parlato di nazionalizzazioni, politiche sociali, green economy, diritti e cooperazione internazionale. In fondo al discorso un breve accenno alla Brexit, che non è il suo argomento forte. Adesso gli occhi sono puntati sulla conferenza del Partito conservatore che avrà inizio il 29 settembre a Birmingham e che rischia di diventare una resa dei conti tra le diverse fazioni dei Tory. La May dovrà trovare una soluzione (quasi impossibile) per evitare che il partito si spacchi sulla Brexit, ma stavolta non basterà navigare tra le correnti. L’opposizione è già in modalità da campagna elettorale e, a torto o a ragione, ha un chiaro programma di governo. Adesso anche la May dovrà promettere una visione alternativa per il futuro, anche se dentro al suo partito è sempre più sola – “abbandonata”, scrive il magazine conservatore Spectator sulla sua ultima copertina. Ma la performance del suo rivale potrebbe averle dato lo stimolo per andare oltre la questione europea.