Jeremy Corbyn (foto LaPresse)

The new socialism

Paola Peduzzi

Le contaminazioni tra la sinistra inglese e quella americana sono salde, alla conferenza del Labour c’è stato un abbraccio. Il buonsenso strattonato e le vie del centro “insipido”

Il discorso più bello della sua carriera, dicono molti giornalisti inglesi commentando l’ultima performance di Jeremy Corbyn, in chiusura della conferenza del Labour, a Liverpool, mentre sui social si moltiplicano video e gif di gioia, entusiasmo, piroette, salti, felicità. “Abbiamo definito il nuovo buonsenso – ha detto Corbyn – E ora siamo qui pronti a renderlo realtà”, e via con gli applausi e i tweet e le sottolineature: eccolo, il nuovo mainstream politico, che sa di nazionalizzazioni e rivoluzione green, di un’inversione di potere nelle aziende, con i dipendenti e i loro diritti (anche finanziari) come priorità, di molte spese per sostenere un riscatto sociale che anni di governi liberali hanno annichilito.

 

“Momentum ha contribuito a creare nuove possibilità anche tra i Democratici socialisti”, ha detto l’americana Julia Salazar

Questa “egemonia”, come la definisce George Eaton sul NewStatesman, ha anche nemici chiarissimi, ché l’unità la trovi spesso anche così, in negativo, siamo insieme non perché ci piace la stessa cosa, ma perché detestiamo la stessa cosa: in particolare i Tory ovviamente, ma anche il New Labour, la City, la stampa di destra, l’impero americano e il governo israeliano. Corbyn è radicale, radicalissimo, ma ha imparato a usare toni più soffusi, ad abbassare la voce invece che urlare, e non dice “socialismo” come ha fatto in passato – è anche nelle rilevazioni uno dei termini più popolari che c’è – ma insiste piuttosto sul capitalismo rapace e avido che ha creato diseguaglianza e irresponsabilità. Siete voi che avete sbagliato finora, dice Corbyn con il dito alzato e la battuta pronta, che ci avete venduto il modello neoliberale come inevitabile: noi siamo qui per sistemare i vostri errori e per restaurare un’età dell’oro dei tanti contro i pochi, dell’eguaglianza e dell’equità. Si è tornati a chiamarsi tutti “compagni”, alla conferenza del Labour, per testimoniare questo cambio di passo, che sembra futuro anche se è un balzo all’indietro.

 

 

 

Guardate come è bella la “Cuba sul Tamigi” che sogna di costruire Corbyn, come la definisce Politico Europe in prima pagina sul suo magazine settimanale (foto sopra), e lo sguardo si sposta subito altrove, al di là dell’Atlantico e in un passato che ritorna con i suoi feticci e le sue ispirazioni da Guerra fredda. La contaminazione tra la sinistra inglese e quella americana è sempre più evidente, e ideologicamente salda. Julia Salazar, che è uno dei volti giovani liberal che stanno vincendo le primarie democratiche in America in vista delle elezioni di mid-term, è stata invitata a uno degli eventi organizzati da Momentum alla conferenza di Liverpool. Momentum è il movimento grassroot che ha creato e sostenuto il corbinismo e che in tre anni ha trasformato ritmi, partecipanti e slogan del congresso del Labour. “Momentum ha contribuito a creare nuove possibilità anche tra i Democratici socialisti in America – ha detto la Salazar, ventisette anni, di origini latinoamericane, membro dei socialisti democratici e autrice, alle primarie, di un exploit che ha scalzato un democratico moderato – E’ da tempo che studiamo e seguiamo Momentum”. Ci sono parallelismi molto netti tra la svolta a sinistra del Labour e l’insorgenza e la rinascita dei socialisti nel Partito democratico. “ E ci sono anche parallelismi con la resistenza che stiamo sperimentando pure noi – ha aggiunto la Salazar – Ci sono sempre più democratici liberal dell’establishment decisi a respingere l’ingresso di radicali di sinistra e socialisti nel partito. Ci vedono come una minaccia esistenziale al centrismo”. Ma è un mito, quello del centrismo, dice la Salazar e con lei i festosi attivisti di Momentum, “è così insipido il messaggio centrista, si rischia che nessuno vada a votare”.

 

Il centro insipido è uno dei tormenti di questa stagione, si vogliono sapori forti e poi si sta sempre con il mal di stomaco, ma questa sinistra transatlantica digerisce anche i sassi, si porta il buonsenso addosso rubandolo agli insipidi e accoglie e attira anche radicali continentali – Jean-Luc Mélenchon è andato fino a Liverpool per una bella photo opportunity con Corbyn e per dire peste e corna di Macron, centrista in chief del mondo occidentale. I progressisti propongono riforme ma non vogliono cambiare il sistema, non hanno quella che la stessa Salazar definisce “immaginazione politica”, si accontentano dei compromessi, delle conquiste a metà, annacquate dal dialogo, mentre quel che il buonsenso vuole oggi è la battaglia, la trasformazione concreta e visibile, ora e subito.

 

Dall’utopia all’euforia al “diventiamo seri”. L’evoluzione del mondo alternativo di sinistra che è diventato mainstream

Sul Guardian Jessica Elgot ha messo insieme tutti gli elementi della contaminazione tra Momentum e i socialisti americani, con i due leader a far da testimonial sulle magliette, i manifesti, le tazze, le spillette, i foulard, i body da bebè: Corbyn in Inghilterra e Bernie Sanders in America, i due signori con i capelli bianchi che fan impazzire i giovani. Al festival di Momentum organizzato a margine della conferenza del Labour, World Transformed, che è diventato ormai il luogo dove ci si diverte per davvero, sono stati invitati ospiti americani legati a Sanders, come il suo ex consigliere Becky Bond, e si è parlato molto di Donald Trump e della Brexit, gli eventi che hanno generato questa nuova passione per la sinistra radicale. E pazienza se su alcune cose – il protezionismo in particolare – Sanders ha sempre detto di pensarla un po’ come Trump; pazienza se sulla Brexit questo Labour del senso comune si contorce in tutte le direzioni possibili tranne quella naturale – ribaltare la Brexit. Questi sono dettagli da politologi, da esperti, da élite, da insipidi: la resistenza è di colore rosso, sa di socialismo economico e impara a muoversi compatta.

 

Adam Klug, che è tra i fondatori di Momentum, ora lavora negli Stati Uniti per la Social Practice, una società di consulenza elettorale creata da due veterani della campagna del 2016 di Sanders. Klug, assieme a Emma Rees, ha raccontato in un saggio pubblicato da Renwal che la contaminazione non è soltanto ideologica, è anche operativa. In America è stata importata la cosiddetta campagna “unseat” che individua candidati dell’establishment, sia dentro alla propria compagine politica sia nei partiti avversari, e fa di tutto per levarli di torno. Porta a porta, molti eventi piccoli ma studiati a seconda dei dati demografici della zona d’interesse, resoconti antipatizzanti dell’operato dei rivali: tutto molto spontaneo, con le scarpe rotte rese celebri e di successo da Alexandria Ocasio-Cortez a New York, e tutto molto locale, vicino, sto parlando a te, soltanto a te. Viceversa, molti esponenti di Momentum hanno raccontato di aver preso lezioni dal mondo sandersiano sulle cosiddette “conversazioni di persuasione”, che sono decisive quando si decide di fare eventi più piccoli dove gli elettori fan tantissime domande, e sull’organizzazione dei volontari: incontri veloci, organizzati sui social così qualche incuriosito dell’ultimo momento si presenta, metodi e idee semplici ma chiari. In un libro pubblicato ad aprile, “Game Changer: Eight Weeks that Transformed British Politics”, il consigliere laburista Steve Howell ha raccontato la sua esperienza in America con Sanders, tutto quello che ha imparato e importato nel mondo corbiniano, la nascita dello slogan che ancora oggi rappresenta il Labour, “the many, not the few”, che era già stato utilizzato da Blair e che spesso compare anche nei discorsi della premier conservatrice Theresa May. Ma non importa, perché, come scrive Howell, “chiunque si accorge che Corbyn, tra tutti, davvero rappresenta il messaggio che sta dicendo”.

 

Che questa nuovo buonsenso sia diventato mainstream si è visto chiaro alla conferenza del Labour, dove non soltanto ci si chiamava compagni, ma si studiava il look giusto, “ibrido”, per essere credibili sia agli eventi della conferenza sia a quelli di World Transformed. Quel che prima era semplicemente alternativo ora è diventato professionale, con le televisioni dedicate, e i dibattiti su come, in tre anni di leadership corbinista e di cannibalizzazione interna, si sia passati dall’utopia iniziale, all’euforia dell’anno scorso, al “getting serious” di quest’anno. Gli americani in visita hanno parlato, hanno applaudito, hanno studiato, hanno annunciato di voler importare anche alla conferenza dei democratici la formula del World Transformed, come ha detto dal palco una sandersiana che ha creato un gruppo transatlantico sulla sanità, “siete tutti invitati!”, ha gridato, l’abbraccio finale tra socialisti che si vogliono vendere come la nuova big tent della sinistra occidentali. E agli insipidi cosa resta? Simon Kuper sul Financial Times scrive che resta poco, c’è la possibilità che i liberali finiscano per arroccarsi nei loro piccoli mondi cosmopoliti che vanno restringendosi ma ancora esistono, ed essendo spesso comodi ci si può pure fermare per molto tempo. Oppure possono combattere, e contrastare i sapori forti: il mainstream oggi è un vento in faccia, ma il buonsenso ha le gambe lunghe.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi