Il segretario ombra della Brexit Keir Starmer (Foto LaPresse)

Contrordine compagni! Il Labour non esclude il Remain

Gregorio Sorgi

Il segretario ombra della Brexit Keir Starmer va contro la linea del partito e dice che il secondo referendum deve offrire l'opzione di rimanere nell'Ue. La platea laburista applaude, Corbyn no 

Il segretario ombra della Brexit, Keir Starmer, è stato acclamato dopo avere dichiarato che il "Remain" potrebbe essere tra le opzioni di un secondo referendum sull'Unione europea. Ieri il ministro ombra dell’Economia e braccio destro di Corbyn, John McDonnell, aveva detto che la scelta sarebbe stata “tra l’accordo proposto e la possibilità di negoziarne uno migliore”. Quindi niente "Remain". Le parole di Starmer sono importanti per il loro messaggio politico e per la reazione di festa che hanno suscitato tra gli spettatori. 

  

 

La contraddizione della linea corbinista da parte di un autorevole dirigente del partito mostra che le divisioni sulla Brexit sono profonde. La linea filo-europeista va oltre la pattuglia di deputati anti-corbinisti. Il grido liberatorio che si è alzato della platea laburista quando Starmer ha pronunciato le fatidiche parole - "non possiamo escludere che il Remain sia una delle opzioni" - è un segno di quanto sia vasta l'opposizione interna verso la posizione del leader. Le immagini hanno fatto il giro del web. Il pubblico si è spontaneamente alzato in piedi e ha applaudito per qualche minuto. Molti osservatori hanno fatto notare che la platea di McDonnell era stata molto più tiepida nel discorso di ieri. L'editorialista del Guardian Martin Kettle ha scritto che "sono stato a tante conferenza di partito ma non ho mai visto una cosa del genere". Un gruppetto di spettatori è rimasto seduto con lo sguardo sbigottito. La frase di Starmer è stato un fuori programma, non era presente nelle bozze del discorso che aveva fatto circolare ieri tra i giornalisti.

 

Il ministro ombra ha aperto una crepa nel suo partito e l'ala filo corbinista si è mobilitata a sostegno del leader. Il vicesegretario del sindacato Unite ha detto che "non è prevista una ripetizione del referendum del 2016, a dispetto di quanto abbia detto Keir (Starmer, ndr)". Il segretario generale di Unite, Len McCluskey, ieri aveva espresso la stessa posizione. Il delegato laburista David Mallon ha spiegato che non dovrebbe essere consentito un secondo referendum perché l'Unione europea è "un club di capitalisti". Mallon ha atteso qualche istante sul palco ed è stato avvolto dall'abbraccio fragoroso di Jeremy Corbyn.  

L'abbraccio tra Jeremy Corbyn e il delegato David Millon secondo cui l'Ue è "un club di capitalisti"

 
Malgrado tutto, il Labour aveva fatto molti passi avanti sull'ipotesi del secondo referendum. Domenica era stato raggiunto un accordo tra Starmer, e 100 rappresentanti dei sindacati e delle sezioni locali del partito dopo un incontro di cinque ore. Oggi i delegati della conferenza laburista a Liverpool voteranno una mozione per cui “se non dovesse essere convocata un'elezione generale nei prossimi mesi, il Partito laburista dovrà sostenere tutte le opzioni sul tavolo, incluso un secondo referendum”. Negli ultimi mesi c'erano stati tanti, piccoli segni che avevano anticipato questo cambio di posizione. Centocinquanta sezioni locali e 4 mila militanti di Momentum, il movimento ultra corbinista che ha assunto un potere enorme nel partito, avevano già firmato una petizione per chiedere un secondo referendum.

 
La stragrande maggioranza del partito è a favore di questa idea. Un sondaggio di YouGov pubblicato a pochi giorni dall'inizio della conferenza di Liverpool mostra che l'86 per cento degli elettori laburisti vogliono una nuova consultazione. Corbyn ancora oggi mostra poco entusiasmo verso questa ipotesi che però ha accettato a malincuore. Il leader ha dichiarato in un'intervista al Sunday Mirror "di volere ascoltare cosa ne pensano i nostri membri e di agire di conseguenza”.

 

La linea ufficiale del partito, condivisa dai suoi maggiori esponenti, è quella di andare a nuove elezioni il prima possibile. Un'ipotesi che prende piedi anche tra i conservatori. Secondo i retroscena di alcuni giornali britannici, i collaboratori di Theresa May stiano programmando un'elezione anticipata in autunno per ottenere una maggioranza parlamentare larga e dare maggiore spazio di manovra alla premier. Ma i laburisti sono convinti di vincere, tant'è che il ministro ombra McDonnell ha detto al Daily Mirror “che stiamo già preparando il discorso di insediamento, e vogliamo restare al governo per 15 anni”.

 
Il secondo referendum sarebbe il Piano B per il Labour, nel caso in cui il governo May restasse in piedi senza avere una maggioranza per fare passare l'accordo sulla Brexit in Parlamento. Tuttavia, rimane ancora molta incertezza attorno al quesito del nuovo voto. L’ex ministro dell’Istruzione conservatore Justin Greening aveva chiesto una scelta tra tre diverse opzioni: la proposta della May, l'uscita senza nessun accordo e il Remain. I sostenitori della campagna per il People's Vote vogliono dare la possibilità agli elettori di tornare sui loro passi e votare per rimanere nell'Unione Europea.

 
Invece, le frasi di McDonnell rispecchiano l'ambiguità che i laburisti hanno sempre avuto sulla Brexit. L'opposizione soft sulla questione europea faceva parte di una strategia studiata a tavolino. L'ambiguità del Labour era conveniente da un punto di vista elettorale: faceva guadagnare voti sia dagli anti-Brexit sia degli euroscettici di sinistra. Poi, i deputati europeisti più accaniti coincidevano con gli avversari interni di Corbyn, i vituperati blariani, e questo aspetto lo insospettiva molto. Adesso il leader è tornato sui suoi passi e ha offerto un compromesso, ma i malumori nel suo partito non si fermeranno per questo.