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Ora Conte vuole la “solidarietà flessibile” sui migranti (che non piaceva alla Lega)

David Carretta

Il premier propone contributi finanziari per quei paesi che rifiutano la ridistribuzione. La solidarietà “è o non è”, aveva detto l'Italia due anni fa

Bruxelles. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sta riuscendo nell'impresa di riportare l'Unione europea al 2016 sulla questione migranti. Durante la cena al Vertice informale di Salisburgo, i capi di stato e di governo dell'Ue si sono messi a discutere di come uscire dallo stallo sulla ridistribuzione dei richiedenti asilo. “Atmosfera positiva”, hanno detto diversi partecipanti. Ma “nessuna svolta” sulla ridistribuzione. L'Alto rappresentante Federica Mogherini ha spiegato che “non c'è ancora accordo” sulla richiesta dell'Italia di modificare le regole sugli sbarchi delle missioni europee come Sophia. Così la discussione si è incentrata sulla possibilità per i paesi che non partecipano al meccanismo di ridistribuzione dei richiedenti asilo di dimostrare la loro solidarietà attraverso un contributo finanziario. "Chi non partecipa al meccanismo in termini di sbarchi e ridistribuzione, partecipa in termini finanziari", ha spiegato Conte al termine della cena. Il presidente del Consiglio questa mattina ha precisato che si tratta di “una possibilità residuale”, perché “l'importante è che ci sia un'ampia partecipazione al meccanismo di ridistribuzione, altrimenti non ha significato". Ma fonti di Palazzo Chigi confermano che il governo italiano è disponibile allo scambio soldi-migranti. Peccato che la stessa identica idea venne rifiutata dall'Italia (e denunciata da Movimento 5 stelle e Lega), quando venne messa sul tavolo dalla Slovacchia, l'allora presidente di turno dell'Ue, nel secondo semestre del 2016 sotto il nome decisamente ipocrita di “solidarietà flessibile”.

 

Il concetto della “solidarietà flessibile” era stato avanzato per la prima volta dai 4 paesi del gruppo di Visegrad più di due anni fa: “Ogni meccanismo di distribuzione deve essere volontario” e “ogni stato membro dovrebbe poter decidere specifiche forme di contributo, considerando la propria esperienza e il proprio potenziale”, diceva un documento sottoscritto da Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica ceca. La proposta era stata rigettata non solo dall'Italia, ma anche da Germania e Francia, perché la solidarietà “è o non è”. Più che “flessibilità flessibile” è una “presa in giro rigida”, disse un diplomatico. Nel primo semestre del 2017, anche la presidenza maltese dell'Ue lavorò sul progetto, poi abbandonato per mancanza di sostegno. Con la solidarietà flessibile “bisogna prepararsi al peggio”, aveva detto allora Laura Ferrara, l'europarlamentare del M5s che si occupa del dossier migranti. Ma ora Conte sembra pronto a fare una concessione maggiore al gruppo di Visegrad e, magari, a presentarlo come un successo dell'Italia. Paradossalmente, visto i “Merde alors!” tra Matteo Salvini e Jean Asselborn, è toccato al Lussemburgo difendere gli interessi dell'Italia. “C'è una discussione sulla possibilità di pagare per la solidarietà”, ma “non parliamo di mercati. Non parliamo di tappeti o di merci. Parliamo di esseri umani”, ha detto il premier lussemburghese, Xavier Bettel, dicendosi “disgustato” da chi parla di prezzo per i migranti. Bettel ha anche ricordato che c'è stato “un caso di giustizia in cui si è deciso che la solidarietà e le decisioni (sulla ridistribuzione) devono essere rispettate”. Lo scorso anno la Corte di giustizia dell'Ue ha stabilito che Ungheria e Slovacchia avevano l'obbligo di partecipare al programma di ridistribuzione lanciato nel 2015. “E' una questione di stato di diritto”, ha spiegato Bettel.

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