Come essere patrioti invidiando il Lussemburgo

Il meraviglioso “merde alors!” del ministro Asselborn dopo lo scontro con il Truce. Anche se andrà in minoranza insieme al vecchio mondo europeo, perché l’Europa ha voglia di ben altri futuri, e si accomodi

Giuliano Ferrara

Jean Asselborn, il ministro degli Esteri lussemburghese che ha glossato con un meraviglioso “merde alors!” uno scontro con il Truce, mi è simpatico. Ha il volto rassicurante di un socialdemocratico che conosce il lavoro, ha fatto la gavetta, sindaco e altro, poi è entrato nella politica professionale, che al Lussemburgo è politica europea, ed è diventato il decano dei capi delle diplomazie in Europa, è lì dal 2004. Ha un tratto di autenticità tipico della gente del nord, un piglio severo e malinconico, un incarnato che sa di foreste e di civiltà rurale, un’espressione genuinamente incazzata a sentir parlare di rimpiazzo etnico con tanta faciloneria ideologica, è un vecchione, diciamo così, un sessantenne che si è stufato di un ragazzaccio villano, teppista nei modi e nelle facce che fa, e se fosse anche un avvinazzato, come sospettano i suoi detrattori su Twitter, meglio ancora, ancora più simpatico. Non è uno che immagineresti nel gabinetto di Trump alla Casa Bianca, è un loser, un perdente, non se la tira, ha carattere, è spiegazzato e maestoso con i suoi baffi, non lo immagini a torso nudo in mutande a Cesenatico a rinfocolare un’ondata di odio e di ripulsa, e dunque mi sembra giusto esercitare il patriottismo a favore di quella strana icona del Granducato, un luogo che esiste senza spocchia da parecchio tempo, dove si parlano il lussemburghese, il francese e il tedesco, il cui motto è “vogliamo rimanere quello che siamo”, non proprio un segnacolo di multiculturalismo. Asselborn è un socialdemocratico del vecchio mondo europeo, è chiaro che andrà in minoranza, che il futuro prossimo non gli appartiene, l’Europa ha voglia di ben altri futuri, e si accomodi.

   

Il Truce invece ha conquistato la maggioranza nei sondaggi italiani con due o tre mosse azzeccate, vecchio stile di regime, mostrandosi intrattabile nella difesa della sicurezza dai negher, ma comunque vada a finire la sua avventura in lui scorgi senza difficoltà i ferri del mestiere, un apprendistato tutto politico e propagandistico, la gestione di un partito riciclato e ricollocato nell’orbita delle destre vincenti, dopo un breve giretto finanziario proprio al Lussemburgo, e li scorgi questi grimaldelli e piedi di porco a partire dalla sua fisiognomica, dal suo linguaggio del corpo, dal suo modo di porgere le frasi fatte che costellano la parabola di quelli che non sappiamo mai se chiamare leghisti, populisti, sovranisti, nazionalisti, fascisti, sfascisti o che cos’altro. Nella faccia del Truce non vedi l’esitazione triste dell’uomo consapevole della propria umanità, vedi la formulazione elementare e brutale della volontà di potenza, microscopica magari e velleitaria, ma piena di boria e di sicurezza apparente. Time ha scelto un taglio fotografico perfetto per presentare al pubblico, nell’edizione europea, l’uomo che vuole disfare l’Unione, si vedono due occhi senza espressione, molti baffi e una barba timida, e una strizzata di mezzo sorriso che mette paura ai bambini mentre parla da papà.

   

Non ho altro modo di essere patriota che applaudire e ammirare Asselborn, invidiare quel ministro a chi ce l’ha, pensando che ha la faccia dei miei padri italiani, della gente che sa quel che fa, augurarmi che alla fine i volponi della Commissione del palazzo Berlaymont riescano a evitare il connubio tra la destra dei popolari e la destra antieuropea della gens nova, un connubio che farebbe calare il sipario, magari con tempi lenti e passi malcerti, su settant’anni da sogno. Ho già detto “prima i Maliani” dopo che uno di loro aveva scalato un palazzo di tre piani per salvare un bambino appeso a un balcone. Ho tifato per gli Eritrei della Diciotti, parte di una nazionalità che tra l’altro non è famosa per la sua partecipazione alle statistiche dell’insicurezza, al contrario, e tutta gente figlia o nipote di un popolo colonizzato e maltrattato dai nostri padri e nonni. C’è già un clima di esilio mentale o morale, una vecchia storia italiana che sarà irrisa dai soliti sapientoni e opportunisti in preda a cupidigia di servilismo e sondaggite.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.