Le capesante sono al centro della prima guerra commerciale tra Francia e Regno Unito dopo la Brexit (Foto Imagoeconomica)

La battaglia post Brexit sulle capesante

Maurizio Stefanini

Guerra (commerciale) e pace sui molluschi: primo scontro tra francesi e britannici dopo l'uscita dall'Ue. La lunga storia delle conchiglie di San Giacomo

Per gli inglesi, è la St. James shell: una precisa rivendicazione al dominio della Court of St James’s? Per i francesi, però, è la Coquille Saint-Jacques. Un esperto in teologia potrebbe inoltre ricordare che il san Giacomo della conchiglia è Giacomo di Zebedeo, detto anche Giacomo il Maggiore. Invece quel Palazzo di San Giacomo da cui continua a prendere il nome la corte del Regno Unito – anche dopo il trasferimento del 1837 a Buckingham Palace – era intitolato a Giacomo di Alfeo, ovvero Giacomo il Minore. Tutti e due apostoli, ma personaggi differenti. 

 
Quando la Manica non c’era, all’epoca dell’ultima era glaciale, già gli uomini della preistoria iniziavano a prendere confidenza col mare cercandola. Gli strati di conchiglie sono uno degli indizi più cercati dai paleontologi per individuare i più antichi insediamenti, e sia le zuppe di frutti di mare che gli arrosti con contorno di molluschi sono un must nei tentativi di ricostruire la gastronomia dell’età della pietra: vuoi nella versione più avventurosa di quella paleodieta che negli ultimi anni ha conteso al veganesimo la palma della moda alimentare più stramba; vuoi nelle simulazioni che ogni tanto vengono fatte da studiosi più seri. Poi la Manica è stata creata dallo sciogliersi dei ghiacciai. E’ stata annullata: politicamente con l’ingresso del Regno Unito in Europa e infrastrutturalmente dal tunnel. E’ stata ricreata, dalla Brexit. E per le conchiglie di San Giacomo, o le capesante come le chiamiamo in Italia, pescatori inglesi e francesi hanno preso a darsele; o meglio, per ora sono stati gli inglesi a prenderle dai francesi, in quella che è stata la prima battaglia del post Brexit. Prima ancora del divorzio formale. 

 
È stato infatti all’alba del 28 agosto, martedì, che sulle coste della Normandia è scattato un allarme quasi più grave di quello che avrebbe dovuto partire quando gli Alleati sbarcarono, il 6 giugno del 1944. Come ricorda bene il film “Il giorno più lungo”, infatti, durante il D-day i tedeschi si fecero prendere alla sprovvista, ingannati da false notizie sparse ad arte. Quando invece ora si sono accorti delle cinque navi britanniche che stavano pescando capesante nella Baine de la Seine, oltre le 12 miglia nautiche nel territorio nazionale, ben 40 barche di pescatori sono subito partite dalla costa, alla controffensiva. Non solo sono volati insulti e fumogeni, ma anche sassi. I sudditi di Sua Maestà hanno provato a chiedere aiuto alla Royal Navy, ma in grave inferiorità numerica hanno visto che nell’attesa dei “nostri” rischiavano di avere la peggio, e così se la sono squagliata. Nessun ferito, ma almeno un paio di navi britanniche sono tornate con i finestrini rotti. E il 4 settembre, pur nell’emergenza causata per il governo Macron dallo scontro con l’Italia per il caos in Libia, dalle dimissioni dei due ministri di Ecologia e Sport e dall’impasse della riforma fiscale, il ministro dell’Agricoltura e Pesca Stephane Travert ha trovato il tempo per avvertire che la marina francese sarebbe pronta a intervenite al fianco dei pescatori normanni. Come dire: scherzate con i fanti, ma lasciate stare le capesante!

 
Se la montagna non va a Maometto è segno che Maometto deve andare alla montagna, dice l’antico proverbio. Se le capesante non si riesce a prenderle con filosofia, per lo meno un filosofo le capesante ha insegnato come prenderle. E non uno qualsiasi ma addirittura “lo filosofo” per antonomasia, come lo definiva Dante. Tra un sillogismo e un trattato sulla Poetica, infatti, lo Stagirita trovò il tempo per trascriverne la più antica ricetta conosciuta, al di là dei tentativi di ricostruzione dei paleodietologi. “Cucinarle alla griglia e cospargere il frutto con dell’aceto, al fine di esaltare la loro dolcezza”, era il suo consiglio. Alla sua epoca erano già associate al sacro: in particolare a Venere. Probabilmente, perché semplicemente perché le sue valve assomigliano a una vulva femminile, evidentemente sacra alla dea della riproduzione. Ma c’è pure che la capasanta è un animale ermafrodita: e Venere appunto non era nata da un rapporto sessuale normale, ma quando erano caduti in mare i genitali di Urano recisi da Saturno. Una versione alternativa del mito la fa infatti venire fuori direttamente da una conchiglia, secondo l’immagine riproposta appunto nel celebre quadro di Sandro Botticelli. E che conchiglia è quella a cui si appoggia la Venere botticelliana, se non una capasanta gigante? 

 
Che la capasanta sia la conchiglia per eccellenza è indicato – oltre che da una contrada di Siena e dallo stemma araldico di Papa Bendetto XVI – anche dalla Shell. Sì: quella multinazionale anglo-olandese Royal Dutch Shell plc, letteralmente “Conchiglia Reale Olandese”, che è tuttora con la britannica Bp, la statunitense ExxonMobil e la francese Total  uno dei quattro principali attori privati mondiali nel comparto del petrolio e del gas naturale, e che in effetti era nata nel 1833 come ditta di import-export di conchiglie per collezionisti londinesi. Fu il figlio del fondatore che nel 1892 durante un viaggio in cerca di conchiglie nella zona del Mar Caspio si accorse che in futuro il petrolio della regione avrebbe potuto essere un affare più redditizio e decise allora di riconvertire l’attività: pur lasciando in nome e logo il ricordo della vocazione originale.   
Nel Medioevo l’associazione al sacro fu rilanciata per l’uso dei preti di usare le conchiglie per aspergere di acqua santa i battezzandi. E venne poi il “Cammino di Santiago”: appunto da quel Giacomo Maggiore che in effetti era anche lui un pescatore,  e che sarebbe stato fatto uccidere con la spada da Erode Agrippa agli inizi degli anni 40 del Primo secolo.

 

Il primo apostolo martire. Ma una tradizione risalente a Isidoro di Siviglia assicura che nel frattempo aveva fatto in tempo a recarsi in Spagna, per iniziarne la evangelizzazione. Secondo la Leggenda Aurea, dopo la decapitazione i suoi discepoli sarebbero riusciti a trafugarne il corpo per riportarlo in Galizia, dove il suo sepolcro sarebbe stato scoperto nell’anno 830 dall’anacoreta Pelagio in seguito alla miracolosa indicazione di una stella. Da qui il santuario di San Giacomo del Campo della Stella: in latino Sanctus Iacobus Campi Stellae, che diventa in spagnolo Santiago de Compostela. Qualcuno – anche Luis Buñuel nel suo film “La via lattea” – sostiene anche che in realtà sepolto a Santiago non sarebbe l’apostolo Giacomo ma Priscilliano: il vescovo eretico spagnolo che per aver predicato una dottrina a metà tra New Age e comunismo fu nel 385 il primo eretico che la chiesa affidò all’autorità civile per farlo giustiziare. 

 
La “sostituzione” sarebbe stata fatta apposta per cancellare la memoria del ribelle, ma sarebbe stata poi rilanciata durante la Reconquista cattolica contro gli islamici. San Giacomo in particolare viene appellato “Matamoros” dal 840. dopo la sua miracolosa apparizione a sostegno dei cristiani durante la battaglia di Clavijo. In nome di questo Ammazzamori, “Santiago!” diventa un popolare grido di guerra, usato ancora dai Conquistadores delle Americhe. Nel 1075 inizia la costruzione della grandiosa basilica che a san Giacomo è dedicata, ma già da prima il Cammino di Santiago era diventato uno dei tre principali pellegrinaggi della cristianità medievale, assieme a quelli per la tomba di Gesù a Gerusalemme e per la tomba di Pietro a Roma. Non solo ora è tornato di moda, ma è forse l’unico che tuttora in molti cercano di fare a piedi.

 

E la tradizione era che per souvenir i pellegrini si riportassero a casa per lo meno una conchiglia dei saporiti molluschi che sulle coste dell’Atlantico galiziano, presso Santiago, abbondavano, e che spesso erano anche l’avanzo di sostanziosi banchetti. “Vieira” è il nome in spagnolo. Seguendo l’indicazione aristotelica di esaltare il sapore nell’acidulo, le “vieiras a la gallega” vanno irrorate di limone, prima di essere messe a gratinare in forno per 10-12 minuti con pangrattato e un soffritto fatto preventivamente con olio di oliva, aglio, cipolla, quella grappa galiziana nota col nome di orujo, vino bianco, sale, pepe, paprica, peperoncino, cannella, prezzemolo e “corallo”. Che sarebbero poi le gonadi arancio corallina e avorio dei due sessi della conchiglia ermafrodita, indizio sicuro di maturità. Ovviamente il peperoncino venne dopo la scoperta dell’America, mentre il pangrattato è un’aggiunta del XVII secolo.     

  
Ma, come ci ricorda appunto l’ultima battaglia, anche sulle coste atlantiche della Francia le Coquilles Saint-Jacques sono ampiamente diffuse. Piuttosto che al forno una ricetta di Bordeaux consiglia di farle in padella. Anche qui il consiglio è però quello di separare la “noce”, che sarebbe il muscolo bianco e sodo, dal “corallo”. Noce intera e corallo a pezzi vanno messi in un soffritto di olio, burro, scalogno e prezzemolo per uno o due minuti. Poi si tolgono le capesante; si aggiungono vino bianco, limone, panna, sale e pepe; si fa bollire; si condisce. Qui non c’è pangrattato, nel senso che si serve su pane casareccio.   Le cape sante alla veneziana sono invece una via di mezzo tra il piatto galiziano e quello bordolese, nel senso che si mette il pangrattato; poi si soffrigge con aglio e prezzemolo; poi si mette il limone; infine si serve nelle stesse conchiglie nel frattempo tenute in forno tiepido. 

  
Attenzione, però! La capa santa veneziana sarebbe un Pecten jacobaeus che prende anch’esso il nome dal santo: il “pettine di Giacomo”. Ma in realtà la conchiglia dei pellegrini era il Pecten maximus: stesso genere, ma specie differente, anche se strettamente imparentata. Entrambi, dunque, molluschi con due valve differenti tra di loro:  convessa e di colore chiaro quella inferiore, con cui l’animale si appoggia ai fondi sabbiosi; pianeggiante e di colore bruno quella che invece guarda verso l’alto. Entrambe munite di un singolarissimo sistema con 200 occhi che funzionano come telescopi riflettori, o come un grande radiotelescopio. Entrambe da adulte capaci di muoversi col metodo del jet,  aprendo e chiudendo improvvisamente le valve per consentire una rapida fuoriuscita d’acqua. Ed entrambe, lo abbiamo ricordato, ermafrodite, e considerate una squisitezza fin dai tempi preistorici. 

  
Siccome però è il jacobaeus che si trova nel Mediterraneo e il maximus nell’Atlantico, il problema nel linguaggio corrente è risolto attribuendo all’apostolo figlio del pescatore Zebedeo la variante che ognuno si trova più a portata di mano. In italiano, dunque, è il Pecten jacobaeus la conchiglia di San Giacomo: anche cozza di San Giacomo in Campania e pellegrina di San Giacomo in Friuli-Venezia Giulia. Ai pellegrini si riferiscono anche i termini cocciola pellerina usato in Campania, il pellegrine della Liguria, la cappa pellegrina delle Marche, la cozzula de pellegrinu sarda, il pelegrin veneto. Più genericamente a questo odore di santità si riferisce l’altro termine italiana cappasanta, molto spesso sostituito dal campano e friulano  capasanta, in veneto capa santa. Ma sempre in veneto si dice anche santarela. In italiano per la forma si dice infine anche pettine di mare, e scientificamente la famiglia è infatti quella dei Pectinidae. Da qui anche il siciliano pettini, mentre in Puglia si parla anche di  canestriello e cozza gignàcula. Il maximus, invece, è la capasanta atlantica.

  

Al contrario, in inglese la nostra è la Mediterranean scallop, in contrapposizione alla loro St James shell: detta anche great scallop, king scallop or escallop per antonomasia. I francesi, visto che si affacciano su entrambi i mari, chiamano  coquille Saint-Jacques tutte e due. E anche gli spagnoli stando sui due mari danno a entrambi i nomi di vieira o venera, da Venere: nel caso specificando “del Mediterráneo”. 

 
Non è sui nomi, dunque, che si litiga. Il fatto è che la legge francese permette di pescare capesante al di là delle 12 miglia nautiche dalla costa solo tra il 1° ottobre e il 15 maggio, di modo da lasciare abbastanza riserve riproduttive. Al contrario, i britannici non hanno restrizioni: negli ultimi anni hanno sì in genere accettato di non pescare intensamente nei periodi in cui è vietato ai francesi, ma con un tacito gentleman’s agreement che evidentemente è ora saltato, in questo clima di Brexit che rende tutto tranne che gentiluomini. Il problema, ha detto il Comitato regionale dell’industria ittica della Normandia, è anche che oggi il numero delle barche britanniche impegnate in questa attività è troppo alto e la pesca troppo intensa. Le riserve sarebbero saccheggiate dai britannici ancora prima che i francesi aprano la loro stagione, e  il capo del comitato Dimitri Rogoff tuona contro la Perfida Albione: “Per i britannici è un open bar: pescano quando vogliono, dove vogliono e quanto vogliono. Non vogliamo che smettano di pescare, ma potrebbero almeno aspettare fino al 1° ottobre, così che possiamo condividere”. “Atti di chiara pirateria”, è in compenso il modo in cui per risposta la reazione francese è stata definita dal capo dell’Associazione scozzese dei produttori di pesce bianco Mike Park.

 
Già nel 2012 Parigi aveva dovuto mandare la Marina, dopo che decine di imbarcazioni francesi avevano circondato cinque navi britanniche. Figuriamoci quello che potrà succedere dopo la Brexit. Affidarsi ai buoni auspici di san Giacomo, per risolvere la querelle? Sì: ma san Giacomo Maggiore o san Giacomo Minore? Il 6 settembre, è vero, è stato annunciato un accordo di principio in base al quale anche le barche inglesi sotto i 15 metri rispetteranno i divieti francesi, come facevano finora solo quelle più lunghe. Ma reggerà?