Un agente della polizia britannica sul luogo in cui Dawn Sturgess e Charly Rowley sarebbero stati avvelenati (foto LaPresse)

Il ritorno del novichok in Inghilterra turba i Mondiali in Russia

Micol Flammini

Una coppia che era passata per Salisbury è stata avvelenata. Intanto una Skripal scende in politica con un partito putiniano

Roma. Quando martedì il capitano dell’Inghilterra, Harry Kane, si stava avvicinando alla porta per tirare il primo rigore contro la Colombia, lo stadio Otkrite Arena di Mosca sembrava si stesse rivoltando contro la squadra della regina. Non erano fischi o cori colombiani. Erano i russi che in quel momento tifavano contro Londra, contro l’espulsione dei diplomatici dopo lo scandalo seguito al caso Skripal. Poco ha potuto l’opera di intimidazione russa, l’Inghilterra ha vinto, sabato sfiderà la Svezia e i cori si triplicheranno dopo la notizia del secondo avvelenamento a Salisbury. La polizia britannica ha confermato: “E’ novichok”, lo stesso agente nervino prodotto nei laboratori dell’Unione sovietica, riemerso dal passato per avvelenare, a marzo, l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia Yulia. Le due nuove vittime non sono russe, non sono spie, anzi, lei è un personaggio dickensiano, madre di tre figli, secondo alcuni tabloid senzatetto, lui un eroinomane. A quanto pare, nel loro girovagare, forse per il centro di Salisbury, ipotizza la polizia, in una zona non bonificata e senza controlli, i due, Dawn Sturgess e Charly Rowley, sono venuti in qualche modo in contatto con la sostanza. Uno degli inventori del novichok, Vladimir Uglaev, intervistato dalla Bbc, ha raccontato che l’agente nervino è difficile da rintracciare, rimane nell’aria, si posa sugli oggetti, viene assorbito dalle superfici soffici e gli abitanti di Salisbury fanno bene a preoccuparsi, perché può penetrare anche nella pelle. Nonostante la guerra diplomatica, nonostante i fischi contro l’Inghilterra, l’ansia per le spie e per le armi chimiche era quasi scomparsa, o almeno aveva smesso di suscitare l’attenzione dei media. La parola Russia in queste ultime settimane suggeriva immediatamente l’idea di calcio, mondiali, festa. Non più novichok, cyberguerra e troll.

 

Sergei Skripal e sua figlia sono stati dimessi dall’ospedale il mese scorso, lui ancora non ha rilasciato dichiarazioni, lei ha permesso che Reuters la riprendesse mentre leggeva un discorso in cui chiedeva di essere lasciata in pace, ringraziava la Russia per l’aiuto offerto ma comunicava che per il momento preferiva rimanere lontana da Mosca. La storia degli Skripal è un romanzo contorto e sfortunato, pieno di circostanze e morti mai chiarite. Sergei, ribattezzato dai media russi “la spia con la Louis Vuitton”, per la foto in cui ostenta una borsa del marchio prima di prendere il volo che lo condurrà definitivamente in Inghilterra, si era arricchito con mezzi non del tutto legali: vendeva informazioni sui servizi segreti russi, e questo Mosca non glielo ha perdonato. Si trasferisce in Gran Bretagna con la moglie che muore nel 2012. Cinque anni dopo, tre mesi prima del suo avvelenamento, toccherà al figlio, morto a San Pietroburgo di cirrosi epatica. La figlia Yulia, dopo un periodo in Inghilterra, era tornata a Mosca, ma ogni anno andava a Salisbury per l’anniversario della morte della madre. Di Skripal ne rimangono pochi in Russia. Anche il fratello di Sergei è morto quattro anni fa, ma una Skripal vive ancora in Russia, a Yaroslav, non lontano da Mosca, e da quando la storia dell’avvelenamento a Salisbury ha fatto conoscere il suo cognome in tutto il mondo, lei si occupa di rispondere a nome della famiglia nelle interviste alla televisione russa. Si chiama Viktoria ed è la nipote di Sergei. Da quando suo zio e sua cugina sono stati ritrovati privi di sensi, distesi uno di fianco all’altra sulla panchina fuori dal ristorante italiano in cui avevano mangiato, lei, imperterrita, continua a sostenere che sia colpa degli inglesi. Ora Viktoria ha deciso di candidarsi per le elezioni regionali di Yaroslav con Russia Giusta, alleato di Russia Unita, il partito vicino a Putin. Forse mettersi dalla parte del Cremlino è un modo per sfuggire alla maledizione che ha colpito la famiglia Skripal, forse è un modo per sfruttare la popolarità del suo cognome e fare carriera. O forse, chissà, ci crede davvero.