Un'azione di Uruguay-Francia (foto LaPresse)

Il calcio testosterone e teatro di Uruguay-Francia ci fa accettare pure il pianto di Gimenez

Manuel Peruzzo

Risse, tatuaggi e sceneggiate ai quarti di finale del Mondiale

Cosa ti fai a fare il riporto da tamarro se poi ti riprendono tutto il tempo dall’alto? ecco, credo di aver appena scritto uno di quegli incipit che verranno citati negli anni. Il riferimento tricologico è all’arbitro che pare il geometra che gioca a calcetto con i colleghi nel fine settimana e torna a casa in barella dalla moglie che gli dice “ma perché non ti fai un’amante come tutti?”. Se non vi basta, ci riprovo: il calcio è testosterone e teatro. E il primo tempo di Uruguay-Francia si dimostra fin da subito a metà tra la battaglia dei bastardi di Game of Thrones e un incontro di wrestling. Siamo solo all’inizio e sono già partiti degli stinchi, Suarez fa il rugbista, ci si è strappati le maglie forse a morsi e Hugo Lloris ha scatarrato una blatta sul prato in mondovisione. Ogni cinque minuti qualcuno si butta a terra e recita la comparsa di Salvate il soldato Ryan ma senza il sangue. E comunque nessun morto (almeno in campo, non possiamo mettere la mano sul fuoco per il portiere dell’Uruguay: ma andiamo con ordine). L’Uruguay è in netta inferiorità fisica, parte sfavorito. Nel senso che a parte Luis Suárez e Martín Cáceres gli altri sono unfit a ogni spot Adidas o Nike, o quelli in cui devi rimanere in mutande. Sono più adatti a remake neorealisti in cui interpretano contadini veneti nel Vangelo secondo Matteo. Il loro inno si chiama “Orientali, la patria o la tomba”, il che ci dice che la prenderanno certamente bene questa sconfitta 2- 0 contro la Nazionale francese. Per quanto riguarda la Francia: tutto il ferro della Torre Eiffel potrebbe non bastare a tenerla in piedi, e se domani dovesse cadere è colpa degli italiani che hanno gufato intensamente e non sono riusciti a evitare il primo gol di Varane su assist di Griezmann, il quale poco prima s’era controllato d’avere ancora i capelli – meglio non segnare che diventar calvo, aveva detto tempo fa, e siccome li ha ancora: segna. (I bambini francesi esultano impugnando la baguette, i latinos piangono disperati come se avessero appena visto Donald Trump). Tabarez terminator in stampella non ha perso le speranze e si alza a bordo campo, o forse sono gli antidolorifici. Nel frattempo scopro che Lucas Hernández, twink da paura, ha pochi più follower di Matteo Salvini e mi sembra di abitare in un mondo pieno di ingiustizie.

 

Gli unici che prendono calci in bocca senza fiatare sono i portieri. Lloris, lo sputalibellule, blocca eroicamente il tentativo di testa di Cáceres; Muslera fa scivolare il pallone in porta e rischia d’essere deportato in una valigia: con la scritta Griezmann 61’ incisa sulla schiena con la stampella di Tabarez. Siccome a una certa hanno capito tutti come andava a finire, e i sudamericano s’incazzano perché i francesi prendono tempo cazzeggiando, c’è questo intermezzo da discoteca in cui tutti s’aspettano che Suárez lasci il segno sul culo di qualcuno. Un balletto con abbracci e sguardi testosteronici in cui Mbappè s’accartoccia sul pratone, e non chiedetemi perché, e tutt’intorno ci si prende per il collo, ma con grazia. In mezzo l’arbitro spelacchio che tentenna per non prendersi una testata (e ammonisce entrambi i protagonisti della scena slapstick, l’attore Mbappè e la sua spalla comica Cristian Rodríguez). Ci si strattona a vicenda: ognuno sceglie in un secondo che ruolo interpretare, se quello che minaccia di darle o quello che ti separa calmandoti. Ennesima sceneggiata del francese che usa la ferocia uruguaiana per guadagnar tempo. Mbappè tredicenne aveva i poster di Cristiano Ronaldo in cameretta; il Mbappè diciannovenne ha probabilmente sul proprio cellulare i meme di Neymar che rotola.

 

Sul finale di partita Gimenez, rassegnato, piange. E quel brocco di Gary Neville, che di occasioni di piangere ne ha avute, se ne esce con “ci sta avere delle emozioni e la passione, ma ’sta scena è imbarazzante”. Gimenez può piangere quanto vuole finché si pulisce con la maglietta e ci mostra i tatuaggi sugli addominali, nessuno si impressiona. E capirai se deve frignare un po’ per scusarsi con gli uruguaiani per aver infranto un sogno collettivo. Ci ricorda che il calcio è sì testosterone, teatro e a volte anche lacrime.

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