L'intervento delle forze speciali britanniche a Salisbury (foto LaPresse)

Nervino e propaganda

Paola Peduzzi

Se vedete molti porcellini d’India sui social è perché Mosca sta vincendo (ancora) una guerra d’informazione

Milano. “C’è il rischio che Mosca possa vincere la guerra dell’informazione”, titolava ieri un editoriale del Telegraph, quotidiano britannico conservatore: più che un rischio, è quasi una certezza. L’attacco a Salisbury con il gas nervino, che il presidente francese Emmanuel Macron ha definito “un attacco alla sovranità europea”, è diventato un caso di studio dell’“information war”, con tanto di gattini, porcellini d’India, citazioni di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, Dostoevskij, serie tv, e minacce dirette. La guerra dell’informazione, con le teorie del complotto, le manipolazioni, le citazioni pop, e il solito fumo negli occhi per distrarsi meglio, ha preso il sopravvento su un fatto, politicamente rilevante, serio, tragico e preoccupante. E sì che la gravità di questo attacco era stata considerata così alta che, con un unità invero poco usuale, molti paesi occidentali – compresa l’America di Donald Trump, che ieri ha posto nuove sanzioni contro oligarchi russi anche celebri – avevano aderito all’appello del governo inglese di Theresa May ordinando l’espulsione di diplomatici russi. E sì che era sembrato, per un attimo, che toccasse davvero ai russi dimostrare di non avere responsabilità nel tentato omicidio dell’ex spia russa Sergei Skripal e della figlia Yulia. Ma, appunto, la ricerca della verità è durata un attimo, così come la richiesta interna al Labour, primo partito d’opposizione alla May, di non comparire sull’emittente tv vicina al Cremlino, Russia Today: da qualche giorno i parlamentari laburisti sono tornati a parlare in video, a mettere in dubbio le accuse del governo alla Russia, hanno aperto un’inchiesta sulle dichiarazioni – molto brusche – del ministro degli Esteri, Boris Johnson, e l’espressione utilizzata dalla May – “altamente probabile” – riferendosi alla responsabilità russa nell’attacco con il gas nervino è diventata oggetto di ogni genere di ironia. Il Labour inglese partecipa alla guerra di informazione, ma aiuta i russi.

 

Come in tutti i conflitti, c’è un momento in cui capisci chi sta avendo il sopravvento: in questo caso, è stato il momento in cui l’ambasciatore all’Onu della Russia ha preso la parola al Palazzo di vetro, nel pomeriggio di giovedì. Vassily Nebenzia è un diplomatico di lungo corso, all’Onu dallo scorso anno, la faccia burbera e volitiva di tutti i veti e gli ostacoli che negli ultimi mesi Mosca ha posto nella politica internazionale e nel suo ultimo discorso al Consiglio di sicurezza ha utilizzato tutta la teatralità russa del repertorio, con tanto di grafici sventolati con incontenibile disprezzo – era il documento che l’ambasciatore inglese a Mosca aveva consegnato ai russi, sei pagine per dimostrare le responsabilità russa, “fumetti che passano come prove”, ha tuittato la missione russa all’Onu, “non contengono niente se non #highlylikley”, altamente probabile.

 

Ecco alcuni stralci dell’intervento di Nebenzia: il gas Novichok “non ha un copyright della Russia, nonostante il suo nome ovviamente russo. Sembra il teatro dell’assurdo, non riuscite a inventarvi una storia falsa migliore? Sappiamo tutti che i meriti dell’intelligence inglese si basano sull’esperienza di Tony Blair” con le armi di distruzione di massa; c’è “una guerra di propaganda che vuole screditare e anzi delegittimare la Russia. State usando i metodi del Dr Goebbles, bugie ripetute migliaia di volte che diventano la verità”; chiunque “abbia visto la serie tv ‘Midsomer Murder’ (molto popolare in Inghilterra) conosce almeno centinaia di modi intelligenti per uccidere qualcuno”; e i due gattini e i due porcellini d’India in casa Skripal? “Cosa è successo a questi animali? Perché nessuno li cita? Come stanno? Cosa provano? Anche la loro condizione di salute è importante come prova”. Nebenzia ha anche citato un passaggio di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, quando la Regina di cuori pronuncia la condanna a morte prima ancora di aver sentito il verdetto, e l’ambasciatrice inglese, Karen Pierce, con una presenza di spirito rara ma invidiabile ha risposto con un’altra citazione del libro: “Qualche volta mi è capitato di credere fino a sei cose impossibili prima di colazione”. Ci sono stati molti sorrisi, ma non abbastanza per ribaltare l’esito della guerra di informazione, né nascondere la minaccia esplicita: “Abbiamo detto ai nostri colleghi inglesi che stanno giocando con il fuoco, e se ne pentiranno”. Stando ai dati di Medium, gli articoli di Russia Today sullo scontro al Consiglio di sicurezza sono stati più condivisi sui social dei resoconti di Sky e del Guardian. E se ora vedete ovunque porcellini d’India, sapete già come sta andando a finire.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi