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Sull'immigrazione siamo punto e a capo

Redazione

Le nuove proposte dell’Italia non sono nuove (indizio: riforma di Dublino)

Tra due giorni i leader europei ricominceranno a parlare di immigrazione – e anche un po’ di riforme ci si augura – seguendo ispirazioni e divisioni che scandiscono il dibattito sul tema almeno dal 2015 (anche prima, ma il 2015 ha segnato il picco di arrivi). La crisi, come dice anche il presidente francese Emmanuel Macron è puramente “politica”: non c’è un’emergenza in corso, non c’è un’invasione di migranti, c’è soltanto uno scontro di filosofie, necessità e pretese, come è da sempre. E ci sono tensioni interne tra i diversi paesi membri, perché l’immigrazione, talvolta più percepita che reale – Macron ha parlato di strumentalizzazioni – ha sì cambiato gli equilibri di potere in molti paesi, a favore dei più intransigenti.

 

Il minisummit che si è tenuto a Bruxelles domenica (non è nemmeno stato tanto mini: 16 paesi riuniti) lo ha confermato: l’Italia che vuole “cambiare il paradigma” dei rapporti con l’Unione europea e i suoi membri di fatto non propone nulla di nuovo, se non centri di protezione nei paesi e transito dei migranti e la richiesta – che tutti i governi italiani pongono: ha a che fare con la geografia, non si scappa – di un maggior sostegno da parte dell’Europa nella gestione degli immigrati, e di una condivisione di responsabilità. Il principio è legittimo: non può l’Italia gestire arrivi, controlli, rimpatri, accoglienza di tutti i migranti che cercano di arrivare in Europa. Ci vuole un rafforzamento di Frontex, ci vogliono regole d’ingaggio diverse per la stessa Frontex (compatibili con il diritto, non è affatto semplice, si è già tentato anche in passato senza risultati), ci vuole una condivisione di responsabilità in nome di una “frontiera europea” che coinvolge tutti.

 

A fronte di questa responsabilità, l’Europa da anni propone maggiore solidarietà: laddove la geografia protegge, si può compensare l’esposizione dei paesi di primo approdo con distribuzione dei migranti, processi di integrazione – i mercati di lavoro più flessibili sono di notevole aiuto, in questo senso. E’ insomma la riforma di Dublino sotto altre vesti con in più la claque di alcuni giornali italiani che racconta le imprese del governo Conte in Europa come se fosse uno scontro epico e non la riproposizione di messaggi già lanciati e ahinoi boicottati proprio dai partiti che oggi sono al governo in Italia. Il pragmatismo, in questa stagione di ideologie urlate, è sempre il benvenuto: bisognerebbe spiegare bene come stanno le cose anche a chi non c’era al minisummit, i neoalleati dell’est, che boicottano ogni iniziativa europea, comprese quelle dell’Italia.

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