Governo socialista, elezioni o resistenza di Rajoy? Le scelte in Spagna
La “mozione di censura” proposta dal socialista Sánchez si voterà venerdì ma è ancora in bilico. Rivera ha un’alternativa
Roma. Il Parlamento della Spagna ha stabilito che giovedì 31 maggio e venerdì 1° giugno si deciderà il destino politico del capo del governo, Mariano Rajoy. Nei due giorni avverranno, rispettivamente, la discussione e la votazione della mozione di censura presentata la settimana scorsa contro Rajoy da Pedro Sánchez, leader del Partito socialista (Psoe), dopo le sentenze sui casi di corruzione del Partito popolare (Pp) di Rajoy, che non hanno riguardato direttamente il governo ma ne hanno messo in dubbio la credibilità (ieri il giudice ha ordinato prigione senza condizionale per l’ex tesoriere Luis Bárcenas e altri ex dirigenti del partito). La mozione di censura spagnola è simile alla mozione di sfiducia italiana, ma ha una differenza fondamentale: è costruttiva, nel senso che se viene approvata a maggioranza assoluta il leader che l’ha proposta (in questo caso Pedro Sánchez) diventa automaticamente capo del governo, senza rinnovare le Camere. Iniziamo dunque dai numeri.
La maggioranza
Sánchez avrebbe bisogno dei nove deputati di Erc, la sinistra indipendentista catalana, degli otto di PDeCAT, la destra indipendentista catalana, dei cinque del Pnv, Partito nazionalista basco, dei quattro di Compromís, partito autonomista valenciano e dei due di Bildu, altra formazione basca
Per fare approvare la sua mozione di censura, Sánchez ha bisogno della maggioranza assoluta della Camera bassa delle Cortes, vale a dire 176 voti. Il modo migliore per ottenerla sarebbe mettere insieme gli 84 deputati socialisti, i 67 depitati di Podemos, che ha già promesso il proprio sostegno, e i 32 deputati di Ciudadanos. Ma i centristi di Albert Rivera hanno detto che non voteranno mai insieme con Podemos, e così Sánchez deve andare a cercare voti altrove, più precisamente nel sottobosco di partiti indipendentisti, catalani e baschi. Per ottenere la maggioranza senza Ciudadanos, Sánchez avrebbe bisogno dei nove deputati di Erc, la sinistra indipendentista catalana, degli otto di PDeCAT, la destra indipendentista catalana (attualmente al governo della Catalogna con Quim Torra), dei cinque del Pnv, Partito nazionalista basco, dei quattro di Compromís, partito autonomista valenciano e dei due di Bildu, altra formazione basca. Dovesse sfilarsi anche soltanto uno di questi partitini, la mozione di censura salta.
I catalani
I rappresentanti a livello nazionale delle due formazioni indipendentiste catalane, Erc e PDeCAT, hanno gli occhi che brillano da quando si è palesata la possibilità di abbattere Rajoy, nemesi degli indipendentisti. Quim Torra ha tentato di avanzare qualche pretesa negoziale facendo sapere a Sánchez che PDeCAT appoggerà la mozione soltanto se Sánchez promette la liberazione dei leader secessionisti incarcerati, ma è probabile che il socialista vedrà il bluff dei catalani e otterrà lo stesso il loro sostegno.
I baschi
In queste condizioni, il Pnv basco è l’ago della bilancia. Al contrario dei catalani, i baschi sono pragmatici: contrattano con chi garantisce loro più benefici e autonomia. Finora, questo qualcuno era stato Rajoy, tanto che il Pnv nelle scorse settimane aveva votato l’approvazione della nuova Finanziaria che garantisce ai Paesi Baschi mezzo miliardo di nuovi investimenti e la prosecuzione di un sistema di ripartizione fiscale molto vantaggioso. Nonostante questo, Andoni Ortuzar, leader del Pnv, sarebbe propenso a votare la mozione di censura: nessuno può permettersi di qualificarsi come salvatore di Rajoy. Ci sono due problemi. Uno: la Finanziaria con le sue grasse concessioni deve ancora essere approvata dal Senato, e al Senato il Pp di Rajoy ha la maggioranza assoluta. Ortuzar teme la vendetta del Pp. Due: il Pnv teme che la caduta di Rajoy possa provocare elezioni anticipate, e questo sarebbe un guaio, perché Ciudadanos è primo in tutti i sondaggi e ha promesso di eliminare i privilegi dei baschi.
Cosa succede se la mozione di censura passa?
Pedro Sánchez diventa presidente del governo spagnolo. L’obiettivo del leader socialista è quello di andare a elezioni “nel giro di qualche mese” e nel frattempo adottare una politica di “rigenerazione” della democrazia. Il programma è volutamente vago per evitare di rispondere alla domanda: “Quando ci saranno nuove elezioni?”, che è il tema intorno al quale si dipana tutto il dibattito politico. Gli indipendentisti, specie baschi, non le vogliono, Ciudadanos invece sì.
Cosa dice Rivera
Il leader di Ciudadanos ha interrotto formalmente la sua alleanza con Rajoy per la stessa ragione di Sánchez, ma non appoggerà la mozione socialista. Rivera chiede nuove elezioni, forte dei sondaggi che danno il suo partito come primo in Spagna, molto distaccato da tutti gli altri. Ciudadanos vorrebbe presentare una mozione di censura alternativa a quella del Psoe che obbliga a nuove elezioni, ma non ha abbastanza deputati per farlo. Per questo, il partito ha messo in campo contrattazioni sottobanco, e nel frattempo si prepara a una posizione di equidistanza: tanto da Rajoy quanto dalla ditta Sánchez-Podemos.
Cosa succede se la mozione non passa?
Rajoy avrà battuto ancora una volta i suoi nemici, unico presidente del governo a sopravvivere a due mozioni di censura. Ma il suo esecutivo è zoppo: senza Ciudadanos e con i socialisti ostili, non avrà spazio di manovra per governare davvero. Potrebbe traghettare il paese per molti mesi ancora, ma senza prendere decisioni. Il vero sconfitto, però, sarebbe Sánchez. Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha già detto che se il socialista non ottiene la maggioranza “la sua carriera è finita”.
Il referendum di Podemos
Pablo Iglesias ha superato nel fine settimana il suo personale voto di censura sull’affaire della villa da 600 mila euro comprata con la sua compagna e vice Irene Montero, che aveva messo in crisi la leadership di entrambi. In un referendum interno, il 68,42 per cento degli iscritti ha detto che, nonostante l’atto spudoratamente borghese, continua a volere Iglesias come leader di Podemos. Appena l’anno scorso, i sostenitori del segretario all’interno del partito erano quasi il 90 per cento, e questo è un segnale di indebolimento che rende ancora più azzardata la scommessa della mozione di censura.
E Rajoy?
Ha annullato tutti gli impegni istituzionali (compresa la presenza alla finale di Champions) e si è rintanato nella Moncloa. Rajoy aspetta. E’ la strategia che gli riesce meglio, quella che gli ha sempre concesso di sopravvivere.