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Una lista lunga di “è la prima volta che” spiega gli ultimi dieci anni di Spagna

Guido De Franceschi

Così è cambiata la politica spagnola dalla crisi economica di un decennio fa. Un saggio del Mulino con la copertina profetica

Milano. L’antieuropeismo e il sovranismo sono forze corrosive ed è soprattutto a causa della loro azione che molti paesi del Vecchio continente sono quasi irriconoscibili rispetto a dieci anni fa. La Spagna è in controtendenza: lì gli odiatori dell’Ue e quelli del padroni-a-casa-nostra rimangono minoranze irrilevanti. Eppure, come molti suoi vicini, anche la Spagna del 2018 è irriconoscibile rispetto alla Spagna del 2008. Ma perché? Un libro di Anna Bosco, edito dal Mulino, analizza proprio questo decennio per capire che cosa sia successo.

 

La prima risposta è già nel titolo: “Le quattro crisi della Spagna”. La prima è stata quella economica che sotto i Pirenei ha colpito con violenza quasi-greca. Nel marzo del 2008 José Luis Rodríguez Zapatero era stato eletto per un secondo mandato, senza l’accompagnamento della banda ma con un discreto vento in poppa. La Spagna era quella del sorpasso sull’Italia (ma fu poi vero sorpasso? La risposta fu coperta dal rumore del crack globale) ed era ancorato intorno al 10 per cento quel tasso di disoccupazione che, soltanto due anni dopo, sarebbe stato quasi il doppio e sarebbe poi salito fino a superare il 26 per cento. La seconda crisi individuata da Anna Bosco è quella politica: i partiti tradizionali si sono dimostrati incapaci di dare risposte convincenti e sono cresciuti Podemos e Ciudadanos, che “si presentano come imprenditori del malessere politico e sociale”. La terza crisi, gravissima, è quella territoriale (al riguardo, una sola parola: Catalogna). La quarta non è che la somma delle altre tre: è “la crisi istituzionale più grave affrontata dalla democrazia spagnola dopo il tentato colpo di stato del colonnello Tejero nel 1981”, scrive Anna Bosco.

  

Leggendo questa ottima sintesi del decennio spagnolo, oltre al “quattro” del titolo, riferito alle crisi, salta all’occhio un altro numero, benché implicito nelle pagine del libro: è il numero enorme degli inediti che la politica spagnola ha vissuto in questi dieci anni. Per la prima volta la somma dei voti delle due principali forze politiche – il Partito popolare (Pp) e il Partito socialista (Psoe) – è scesa verso il 50 per cento, mentre di solito galleggiava tra il 70 e l’80; per la prima volta in una regione, la Catalogna, hanno governato maggioranze espressamente secessioniste; per la prima volta è stata dichiarata l’indipendenza da parte di un governo regionale; per la prima volta Madrid ha applicato l’articolo 155 della Costituzione, sospendendo l’autonomia di una regione; per la prima volta si sono dovute ripetere le elezioni politiche nazionali per l’impossibilità di formare un governo tra i partiti presenti in Parlamento; per la prima volta, proprio dopo questa ripetizione del voto, il secondo partito più votato (il Psoe) ha deciso di astenersi permettendo la nascita di un governo guidato dal suo diretto antagonista (il Pp); per la prima volta, con la fine di Eta, la Spagna è stata al sicuro da minacce terroristiche interne; per la prima volta, oltre al Pp e al Psoe, sono entrati in Parlamento altri due partiti nazionali grandi, Podemos e Ciudadanos.

  

A tutte queste prime volte, che si incontrano leggendo “Le quattro crisi della Spagna” ne vanno aggiunte almeno due.

 

A una nel libro si fa soltanto un’allusione, e avrebbe forse meritato più spazio: per la prima volta, nonostante i tentativi del nuovo sovrano Felipe VI, l’istituzione monarchica è criticata da una parte non piccola dell’opinione pubblica. Hanno pesato, al riguardo, l’appannamento della figura del precedente re, a cui lo stesso Juan Carlos ha volenterosamente contribuito con più di una leggerezza, e i guai giudiziari che hanno coinvolto la famiglia. L’altra clamorosa “prima volta” non compare perché è avvenuta mentre il libro era in già in stampa: è l’inedita mozione di censura contro il governo di Mariano Rajoy che, in corso d’opera a metà legislatura, ha destituito il premier e nel volgere di poche ore ha portato al governo, in modo improvviso e imprevedibile, il leader socialista Pedro Sánchez. Ma proprio quest’ultimo, con scelta editoriale profetica, è sulla copertina.

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