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La lista nera del Tesoro che Trump ignora e non sanziona

Micol Flammini

Ministri, sindaci e tanti oligarchi. I 210 uomini d'affari e politici risparmiati dall'Amministrazione americana

Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha diffuso ieri, pochi istanti prima della mezzanotte americana, una lista con i nomi di eminenti personalità russe che hanno dei legami con il Cremlino. 210 in tutto, di cui 114 uomini politici, membri del governo russo, leader della Duma, sindaci, governatori e 96 oligarchi, con un patrimonio stimato di oltre un miliardo di dollari ognuno. Tra i nomi spuntano quello di Roman Abramovic, proprietario del Chelsea football club, Oleg Deripaska, imprenditore e direttore generale del gruppo industriale RusAI che produce alluminio, l’oligarca Vladimir Potanin, proprietario del complesso minerario della città di Norilsk, e Evgenij Kaspersky, fondatore della Kasperky Lab, che fornisce prodotti antivirus. Contro l’informatico, gli Stati Uniti avevano già deciso di eliminare tutti i programmi installati sui computer delle amministrazioni pubbliche. Igor Sechin, capo di Rosneft, Alisher Usmanov, comproprietario dell’Arsenal, Alexej Miller, amministratore delegato di Gazprom. Ma anche Arkady Volozh, fondatore del google russo Yandex, e altri, tutti presenti nella classifica di Forbes che include gli uomini più ricchi del mondo.

 

La lista nera

 
L’elenco era stato redatto per varare nuove sanzioni in seguito alle interferenze della Russia sulle elezioni del 2016, ma, a sorpresa, il Tesoro ha dichiarato che non si tratta di “una lista di sanzioni”. Per il momento l’Amministrazione Trump ha escluso delle misure restrittive come il blocco degli d’affari negli Stati Uniti per alcuni degli oligarchi presenti o il divieto di ottenere il visto. “E’ una misura di deterrenza”, ha detto il presidente, specificando che l’effetto sperato è quello di dissuadere banche o altre istituzioni negli Stati Uniti o in Europa a fare affari con i nomi presenti nella lista.

  

Le sanzioni

 
“Non è necessario imporre sanzioni a entità o individui specifici, perché di fatto la legislazione è già un deterrente”, ha detto un funzionario del dipartimento di Stato americano. La lista, “compilata sulla base di criteri oggettivi tratti da fonti consultabili pubblicamente”, è stata redatta dall’Amministrazione secondo una legge del 2016 volta a punire la Russia per le interferenze durante le presidenziali, e per le violazioni dei diritti umani come l’annessione della Crimea e le operazioni militari in corso nell’Ucraina orientale. Per ora, ha riferito il dipartimento, l’Amministrazione ha deciso di mettere in guardia i governi stranieri e i privati e avvisarli del fatto che “le transazioni significative con compagnie russe presenti nella lista, potrebbero essere sanzionate”. Di fatto questo rappresenta un cambiamento di strategia da parte degli Stati Uniti che così vorrebbero colpire non più direttamente gli affari russi, ma dissuadere le aziende internazionali a fare affari con Mosca.

  

In Russia

 
Mosca aveva già avvisato che la pubblicazione della lista avrebbe portato a un inasprimento delle relazioni tra i due paesi. Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo, ha detto: “Sono gli Stati Uniti che vogliono tentare di interferire nelle elezioni presidenziali russe di marzo”. Ma la classe dirigente russa ha risposto compatta, ironizzando sulla reale pericolosità della lista pubblicata dal Tesoro. “E’ l’ennesimo riconoscimento dei nostri successi”, ha commentato il governatore di San Pietroburgo, Georgij Poltavchenko, mentre il presidente della commissione Esteri del Senato, Konstantin Kosachev, ha aggiunto: “ E’ un fiasco dei servizi segreti americani, per fare questa lista bastava prendere l’elenco telefonico russo”. Durante la mattinata, il presidente Vladimir Putin, ha presentato il suo programma elettorale ai rappresentanti di alcuni città che già gli hanno espresso il loro sostegno. Non ha mancato di commentare anche il report del Tesoro uscito ieri. L'ha definito “un atto poco amichevole”.

 

In America

  
La lista è stata pubblicata in un giorno in cui l’inchiesta dell’Fbi sul Russiagate era nuovamente al centro dell’attenzione dopo le dimissioni del vicedirettore del Bureau, Andrew McCabe ritiratosi in seguito alle pressioni ricevute dai sostenitori di Trump. La mancanza di nuove sanzioni ha provocato la reazione dei democratici: “L’amministrazione Trump ha deciso di non punire l’attacco che la democrazia americana ha subito nel 2016. Ha scelto invece di scagionare di nuovo la Russia”, ha commentato il democratico Eliot Engel che, intervistato dalla Cnn, ha dichiarato di non credere alle motivazioni addotte dal dipartimento di stato. Secondo l’opposizione, non è vero che l’assenza di sanzioni scoraggerà chi vuole concludere affari con Mosca.

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