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Il fronte di Gazprom in Europa è la Polonia

Gabriele Moccia

Il colosso russo avanza in Turchia ma intanto Varsavia si oppone al Nord Stream 2. L’Italia pedina centrale

Roma. La Russia deve fare i conti con una corrente contraria proveniente dai suoi vicini europei sempre più forte e tesa a impantanare i suoi progetti energetici, a partire dal progetto di raddoppio del gasdotto Nord Stream. Il Nord Stream 2. Uno dei perni di questa strategia sta diventando la Polonia. Il paese ha di recente avviato una forte iniziativa per rallentare i piani del Cremlino sul Nord Stream. Difatti, secondo, secondo un recente parere dell'autorità anti-trust polacca, il progetto del tubo, principalmente opera della compagnia russa Gazprom, co-finanziato dalle aziende europee Shell, Wintershall, Uniper, Omv e Engie, viola la legislazione polacca contro i monopoli. Dal punto di vista di Varsavia, il gasdotto ostacolerebbe la concorrenza nel mercato del gas polacco e aumenterebbe notevolmente la posizione negoziale di Gazprom nei confronti dei clienti polacchi

 

Per liberarsi dalla morsa russa i polacchi fanno affidamento sull’asse con gli Stati Uniti. Un’alleanza che negli ultimi tempi si sta facendo sempre più intensa.  Solo qualche giorno fa è arrivata l’ennesima dimostrazione. Durante il vertice economico polacco-statunitense, il primo ministro della Polonia, Mateusz Morawiecki, ha detto che il suo paese è pronto a diventare lo snodo primario per il trasferimento del gas Usa nell’Europa centrale. Allo stesso tempo, il premier ha attirato l'attenzione sul fatto che attualmente “l'intera regione è consapevole dello squilibrio in materia di approvvigionamenti”, riferendosi alla forte dipendenza dell'Europa centrale dalle forniture russe. Morawiecki, a questo proposito, ha ammesso che in questo caso “gli interessi di Russia, Usa ed Europa non sono esattamente convergenti”. 

 

Ma il destino del Nord Stream è legato a doppio filo ad un altro tubo simbolo dei tentativi di dominanza energetica di Mosca: il Turkish Stream.  Se da un lato, ancora di recente, l’Ucraina – per bocca del suo ministro dell’energia, Eduard Stavitskiy – ha denunciato il rischio che i due tubi schiaccino il paese in una morsa che lo potrebbe presto destinare all’isolamento geopolitico, dall’altro il progetto di costruzione del gasdotto Turkish Stream – che lungi dall’essersi impantanato – prosegue a gonfie vele e rischia di mettere nuovamente in difficolta la strategia di Bruxelles di allontanarsi dalla presa energetica di Mosca.  Le stime del colosso energetico russo Gazprom in merito agli investimenti necessari per la costruzione del gasdotto Turkish Stream sono pari 3,1 miliardi di dollari nel 2018, ma la compagnia ha già completato la posa della sezione offshore della prima linea del gasdotto.  Il gas in arrivo tramite il tubo, come sottolineato dal vice presidente di Gazprom, Alexander Medvedev, verrà prossimamente venduto in Grecia, Bulgaria, Italia, Serbia e Ungheria. Del resto, il miglioramento dei rapporti diplomatici tra il presidente russo Putin e quello turco Erdogan ha certamente favorito l’accelerazione di quello che assomiglia sempre di più ad un revival del South Stream, il gasdotto che Putin aveva concepito dal 2007 per portare il gas russo in Europa sfruttando la via meridionale e poi naufragato durante la crisi ucraina.  In occasione dell’ultimo Consiglio di cooperazione ad alto livello tra la Russia e la Turchia di marzo scorso, lo stesso Putin ha osservato che, a fine 2017, il fatturato commerciale tra i due paesi è aumentato di un impressionante 40 per cento, per un controvalore pari a 22 miliardi di dollari. Il presidente turco Erdogan a sua volta ha apprezzato molto il fatto che Putin abbia compiuto in Turchia la sua prima visita all'estero dopo la rielezione per un nuovo mandato. 

 

Continuando con i parallelismi, se è vero che il raddoppio del Nord Stream rischia di far precipitare l’Ucraina nella irrilevanza strategica - secondo il capo di Gazprom Alexei Miller, una volta che il raddoppio sarà completato il transito del gas russo attraverso Kiev calerà del 90 per cento – l’Italia diventa una pedina centrale nell’ambito di un nuovo piano come il gasdotto russo-turco. Qualche settimana fa, infatti, si è svolto a Mosca un incontro di lavoro tra lo stesso Miller e l’ambasciatore italiano in Russia, Pasquale Terraciano, nel quale le due parti hanno discusso dei progressi delle attività volte a creare una rotta meridionale per l’approvvigionamento di gas russo destinato all’Europa. Come si legge nella nota diffusa al termine dell’incontro da Gazprom, “particolare attenzione è stata rivolta alla questione della diversificazione delle rotte di esportazione di gas dalla Russia verso l'Europa. Le parti hanno esaminato i progressi dell'organizzazione della rotta meridionale delle forniture attraverso il Mar Nero”. 

 

I desiderata russi devono però fare i conti con l’intenzione degli Stati Uniti di non mollare la presa sul quadrante energetico europeo. Proprio per contrastare i passi sulla Turchia, Washington si sta muovendo nei confronti di Grecia e dei paesi della fascia balcanica per stringere importanti accordi d’investimento per la costruzione di impianti di rigassificazione e potenziamento delle capacità energetiche. In questo senso, diventa cruciale il completamento del rigassificatore di Alexandroupoli in Grecia che gli americani sostengono e dove sono pronti ad entrare anche finanziariamente attraverso una partecipazione azionaria. Un hub energetico a controllo americano nel paese ellenico rappresenterebbe un vero schiaffo nei confronti dei piani d’espansione del Cremlino.

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