Emmanuel Macron e Vladimir Putin (foto LaPresse)

Il gas russo infiamma l'Europa

Gabriele Moccia

Bruxelles “salva” Gazprom mentre la Francia e la Germania trattano con Putin su Nord Stream. E Schroeder attacca gli Stati Uniti

Nonostante la voce grossa contro la Russia, l’Europa si è piegata ancora una volta alla realpolitik evitando l’ennesimo scontro frontale con uno dei principali bracci della geopolitica economica del Cremlino, il colosso energetico Gazprom. La Commissione europea e la compagnia hanno infatti risolto amichevolmente la disputa riguardante presunte pratiche commerciali scorrette che Gazprom avrebbe messo in atto in alcuni paesi dell’Unione, in particolare Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.

 

Dietro le parole roboanti pronunciate dal Commissario europeo alla concorrenza, Margrethe Vestager, “il nostro obiettivo è eliminare le distorsioni della concorrenza”, si celano tutte le difficoltà manifestate da Bruxelles nel mantenere una linea aggressiva comune nei confronti di Mosca. Se da un lato i principali fautori della linea dura contro il Cremlino come la Polonia si sono detti “molto delusi” dalla decisione finale dell’Antitrust europeo, la presenza del presidente francese Macron al Forum economico di San Pietroburgo (Spief) dimostra come nei confronti della Russia sia di fatto nata un’Europa a due velocità.

 

La Francia pare, ad esempio, correre veloce nel senso di riallacciare una serie di rapporti economici con la Russia. Proprio in presenza dello stesso Macron e del presidente russo Vladimir Putin, in questi giorni è stato firmato un accordo per la partecipazione della compagnia francese Total al progetto per la produzione di gas naturale liquefatto Arctic Lng-2, guidato dalla russa Novatek. Total ha acquisito il dieci per cento delle quote del progetto ma, secondo quanto dichiarato dalla stampa dal proprietario e presidente di Novatek, Leonid Mikhelson, "abbiamo in programma di mantenere una quota del 60 per cento, se prenderemo una decisione sulla riduzione del capitale, che non sarà inferiore 50 per cento nel progetto, Total avrà il diritto di aumentare la propria quota al 15 per cento”.  

 

Durante la tavola rotonda del Russia-France Business Dialogue Putin si è spinto oltre paventando anche un possibile ingresso della stessa Total al consorzio per la costruzione del raddoppio del Nord Stream. Un ruolo così diretto della Francia in una infrastruttura così strategica per le sorti delle esportazioni di gas russo verso l’Europa rischia di far vacillare definitivamente i piani energetici di indipendenza di Bruxelles e rappresenterebbe un segnale ancora più forte dell’intesa ritrovata anche con Berlino. Del resto il Governo federale è tornato ancora di recente a sposare la bontà del progetto Nord Stream per bocca del ministro dell’energia tedesco, Peter Altmaier, secondo cui “gli Stati Uniti stanno cercando nuovi mercati. Siamo favorevoli, ma al momento, il gas dagli Stati Uniti rimane molto più costoso”. Altmaier ha aggiunto che le autorità statunitensi mettono i propri interessi economici al centro, quindi dovrebbero essere preparati al fatto che i paesi europei agiscano nello stesso modo.

 

“Gli Stati Uniti sono nostri amici e partner, ma vogliamo proteggere i nostri valori comuni”, ha concluso Altmaier.  Ma le mosse americane hanno scatenato la reazione di un altro importante tassello delle relazioni russo-tedesche, quella di Gerhard Schroeder - presidente del board del consorzio del Nord Stream e fautore delle relazioni economiche tra Mosca e Berlino - che da San Pietroburgo ha accusato apertamente Washington di voler sabotare il tubo “gettando sabbia negli ingranaggi” del progetto e offrendo una grande “abilità manipolatoria” nei confronti dell'Unione europea.

 

Le parole dei politici tedeschi hanno scatenato la reazione americana, l’ambasciatore Usa a Berlino, Richard Grenell, ha inviato un nuovo avvertimento contro “l’influenza russa”, sostenendo come Washington sia “molto preoccupata per il progetto del gasdotto”. Il Cremlino ha reagito con il portavoce Dmitry Peskov che ha definito i tentativi statunitensi “uno sforzo volgare di impedire un progetto energetico internazionale che ha un ruolo importante nell'ambito della sicurezza energetica”, aggiungendo che “gli americani cercano rozzamente di promuovere i propri produttori di gas”. Per Washington l'accordo renderebbe l'Ucraina e altri alleati Ue più vulnerabili alle pressioni di Mosca. Per i tedeschi gli Stati Uniti premono per spodestare la Russia come principale fornitore di gas all'Europa. In questa diatriba, s’innesta lo scontro tra Washington e Mosca dopo le decisioni del presidente Trump sull’Iran. Proprio da San Pietroburgo, il capo della British Petroleum, Bob Dudley, ha lanciato l’allarme sui possibili effetti destabilizzanti delle sanzioni americane alla Repubblica Islamica sul mercato petrolifero. Secondo Dudley, infatti, le sanzioni Usa potrebbero ridurre le esportazioni petrolifere del regime degli ayatollah tra i 300 mila e un milione di barili al giorno.

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