La conferenza stampa con Arkady Babchenko

E' morto. No, è vivo. L'incredibile storia del giornalista russo che si credeva ucciso a Kiev

Redazione

Il corpo di Arkady Babchenko era stato trovato senza vita fuori dalla sua abitazione e aveva innescato uno scambio di accuse tra Ucraina e Russia. Ma poche ore dopo è ricomparso davanti alle telecamere

Arkady Babchenko non è morto. Il giornalista russo è un oppositore del Cremlino, aveva lasciato la Russia più di un anno fa dopo che aveva ricevuto minacce di morte e aveva trovato rifugio a Kiev, in Ucraina. Ieri, in serata, era stata annunciata la sua morte. La moglie lo aveva trovato in una pozza di sangue sulla porta di casa, tre proiettili nella schiena, era stato colpito di spalle mentre lei era in bagno. Nessuno credeva davvero che le indagini avrebbero consegnato il nome di un colpevole, girava un identikit a matita. Il presunto assassino sembrava un teppista qualunque, cappellino in testa e sigaretta in bocca.

 

 

Kiev accusava Mosca e Mosca accusava Kiev ma poi, nel pomeriggio di mercoledì, in una conferenza stampa trasmessa da una televisione ucraina, Babchenko era lì, in diretta. Senza ferite, era vivo: “Chiedo scusa in modo particolare a mia moglie”. Nemmeno lei sapeva nulla, aveva visto l’ambulanza che portava via Arkady e le avevano detto che era morto lungo il tragitto.

 

Il capo dei servizi segreti ucraini, al suo fianco durante la conferenza stampa, ha detto che il finto omicidio era stato orchestrato dai servizi segreti ucraini per evitare che il giornalista morisse davvero: “Secondo le informazioni che avevamo ricevuto, i servizi di sicurezza russi avevano ordinato la morte di Babchenko”. Sarebbe stato il terzo giornalista morto in Ucraina, la terza morte senza responsabilità. I servizi segreti ucraini (Sbu) stavano preparando l’operazione da due mesi e il falso omicidio “ha portato alla cattura di un uomo”, ha detto Babchenko in conferenza stampa.

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