Recep Tayyip Erdogan (foto LaPresse)

Le strade divise di Europa e Turchia

Redazione
Erdogan sbeffeggia l’Ue. Poi dà cinque anni al direttore di Cumhuriyet

Messaggio di Recep Tayyip Erdogan all’Europa: “Noi andremo per la nostra strada, voi andate per la vostra”. Nel giorno in cui gli occhi dei leader europei erano puntati su di lui, ora che il “poliziotto buono” di tutti i negoziati, il premier Ahmet Davutoglu, è stato fatto fuori, il presidente Erdogan ha inferto un colpo forse mortale alla scommessa politica dell’Ue: fidarsi del sultano turco e mettergli in mano le chiavi della politica migratoria dell’Unione con un accordo molto oneroso dal punto di vista economico e soprattutto politico. Nel suo discorso, trasmesso in diretta alla televisione turca, Erdogan ha respinto uno dei criteri che Ankara deve accogliere per procedere con la liberalizzazione dei visti Ue per i suoi cittadini, l’armonizzazione delle leggi antiterrorismo, ma il suo invito all’Europa ad “andare per la sua strada” è stato interpretato in senso molto più ampio. Molti osservatori hanno notato che, dopo la dipartita di Davutoglu, Erdogan potrebbe decidere di far crollare il fondamentale accordo sui migranti raggiunto a marzo – o quantomeno alzare di molto la posta per gli europei.

 

Il deal era stato fortemente voluto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che su di esso ha puntato una parte importante del patrimonio politico in un periodo di difficoltà interna, ed è soprattutto lei, oggi, ad aver perso questa scommessa fondamentale. Come ha fatto notare il presidente del Consiglio Matteo Renzi, adesso, nonostante l’accordo, “la questione migratoria è tutt’altro che risolta”. Non solo perché il compromesso raggiunto con Ankara riguarda il blocco dei flussi lungo la rotta balcanica, senza occuparsi del Mediterraneo, ma anche perché “quello che accade in queste ore in Turchia pone un interrogativo sull’accordo”. E quello che accade in queste ore in Turchia è, appunto, che Ankara si sta allontanando sempre di più dall’Europa. Lo mostrano i fatti di venerdì. Can Dündar, direttore del giornale d’opposizione Cumhuriyet, accusato di spionaggio dopo una serie di articoli sui legami logistico-militari tra Turchia e islamisti in Siria, ieri è stato condannato a cinque anni di prigione assieme al suo caporedattore. Poco prima, fuori dal tribunale di Istanbul in cui attendeva la sentenza, era sfuggito a un tentativo di omicidio. Ieri inoltre il giornale Zaman e l’agenzia di stampa Cihan, entrambi critici nei confronti di Erdogan, sono stati chiusi dopo che le autorità li avevano posti sotto sequestro. Forse ha ragione Erdogan, la Turchia ormai potrebbe aver preso la sua strada. L’Europa ne prenda atto.