Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto LaPresse)

"L'Europa vada per la sua strada". Erdogan mette in crisi la scommessa politica dell'Ue

Eugenio Cau
Il presidente turco risponde sprezzante alla richiesta di Bruxelles di rendere più stringente la sua definizione di organizzazione terroristica per eguagliare gli standard Ue. Cosa cambia nelle relazioni con la Turchia dopo la dipartita di Davutoglu

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha abituato l’Europa alle sue sparate aggressive. Da anni critico contro l’Unione europea, rea di isolare e boicottare la Turchia, e violentissimo nel denunciare presunti complotti occidentali contro di lui, Erdogan non si è mai tirato indietro quando si è trattato di attaccare, davanti al pubblico osannante dei suoi sostenitori, quelli che dovrebbero essere i suoi alleati dell’Ue e nella Nato. Ma gli occhi di tutta l’Europa erano puntati sul presidente turco oggi più che in ogni altra occasione.

 

Ieri Erdogan ha costretto alle dimissioni il primo ministro Ahmed Davutoglu, faccia dialogante della diplomazia turca e principale interlocutore dei leader europei. La figura di Davutoglu, politico conciliante con un passato da accademico, consentiva agli europei – e più in generale all’occidente – di crogiolarsi nell’idea che in Turchia premier e presidente stessero adottando la tattica del “good cop-bad cop”: mentre nei palazzi di Bruxelles Davutoglu negoziava un trattato storico sui migranti, ad Ankara davanti ai suoi elettori Erdogan gettava fango sulle istituzioni continentali. Era una routine a cui ormai ci eravamo abituati, e che avevamo accettato in nome della necessità dell’aiuto turco per bloccare il flusso dei migranti. Ieri però Erdogan ha fatto fuori il poliziotto buono, e tutta l’Europa ha iniziato a chiedersi come si sarebbe comportato. Lui non si è fatto attendere. Durante un discorso trasmesso in televisione, mentre la diplomazia europea chiedeva al presidente turco di mantenere lo spirito di cooperazione, il messaggio di Erdogan all’Europa è stato: “Noi andremo per la nostra strada, voi andate per la vostra”.

 

La tirata di Erdogan era riferita alle polemiche intorno a uno degli ultimi criteri che la Turchia deve approvare per ottenere la liberalizzazione dei visti europei per i suoi cittadini, come previsto nell’accordo sui migranti siglato a marzo. In particolare, Erdogan era critico sulla richiesta da parte dell’Ue di rendere più stringente la sua definizione di organizzazione terroristica per eguagliare gli standard europei (“Perché non cambiate voi le vostre regole visto che avete lasciato che i terroristi piantassero le tende fuori dal Parlamento europeo?”, ha detto polemicamente il presidente). Ma la risposta durissima del presidente è stata vista come un’accusa a più ampio spettro. Fin da ieri sera, molti media e commentatori internazionali, tra cui il Financial Times, il Guardian e un importante diplomatico turco che ha scritto su Politico Europe hanno notato che una delle conseguenze della dipartita di Davutoglu potrebbe essere non solo l’inasprimento dei rapporti diplomatici, ma perfino il crollo anticipato dell’accordo sui migranti faticosamente negoziato.

 

Da tempo Erdogan usa la sua retorica violenta per alzare la posta nei negoziati. Anche in questo caso il suo invito all’Europa ad “andare per la sua strada” potrebbe essere un tentativo di spingere i leader Ue a nuove concessioni. Adesso bisogna vedere fino a quando gli europei saranno disposti ad accettare passivamente i diktat del sultano.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.