Un gruppo di musulmani protesta per chiedere l'applicazione della sharia in Gran Bretagna

Lo stato (islamico) dentro lo stato occidentale

Ermes Antonucci
Un sondaggio in Gran Bretagna svela la frattura tra i valori e gli stili di vita dei cittadini musulmani e britannici. Risultati che spingono al mea culpa Trevor Phillips, ex presidente della Commissione per l’eguaglianza razziale e i diritti umani: “Abbiamo sbagliato tutto, sull’integrazione occorre un approccio più muscolare”.

Il canale televisivo britannico Channel 4 ha commissionato un sondaggio a uno dei più autorevoli centri di ricerca al mondo – l’Icm – per capire “cosa pensano veramente i musulmani che vivono in Gran Bretagna” sui modi di vita e i valori occidentali, le leggi, le istituzioni e alcune delicate questioni sociali, come l’uguaglianza, l’emancipazione delle donne e l’omosessualità. I risultati dello studio, realizzato su un campione rappresentativo di circa mille musulmani britannici, stanno generando non poche polemiche oltremanica.

 

Questi sono alcuni dati più allarmanti emersi dal sondaggio: il 23 per cento dei musulmani che vivono in Gran Bretagna vorrebbe l’introduzione della legge islamica della sharia al posto della legge britannica; il 4 per cento esprime solidarietà agli estremisti autori di attacchi terroristici e suicidi; il 32 per cento dichiara che non informerebbe la polizia nel caso in cui venisse a sapere di persone coinvolte in attività a sostegno del terrorismo in Siria; il 32 per cento rifiuta di condannare gli atti di violenza nei confronti di coloro accusati di aver deriso il profeta Maometto.

 

Sulla famiglia e il ruolo della donna: il 39 per cento dei musulmani (uomini e donne) è d’accordo nel sostenere che “le mogli dovrebbero sempre obbedire ai loro mariti”, e il 31 per cento ritiene accettabile per un uomo avere più di una moglie. Il 52 per cento crede che l’omosessualità non debba essere legalizzata, e, infine, un pizzico di antisemitismo che non guasta mai: il 35 per cento è convinto che gli ebrei abbiano “troppo potere” in Gran Bretagna.

 

I risultati dello studio verranno resi noti, nella loro versione completa, nel documentario “What British Muslims Really Think”, che verrà mandato in onda questa sera su Channel 4, e che sarà presentato da Trevor Phillips, ex presidente della Commissione britannica per l’eguaglianza razziale e i diritti umani. Phillips ha comunque voluto commentare in anticipo lo studio sulle pagine dei quotidiani inglesi Times e Daily Mail. Nell’intervento sul Times, Phillips ha sottolineato come dai dati emerga “una frattura tra i cittadini musulmani e non musulmani attorno ad alcune tematiche fondamentali come il matrimonio, i rapporti tra uomo e donna, la scuola, la libertà di espressione e persino l’ammissione della violenza in difesa della religione”.

 

L’ex capo della commissione incaricata di occuparsi, tra le altre cose, anche e soprattutto di integrazione, ha fatto “mea culpa” per non essere stato in grado di “cogliere i segnali di pericolo” di questo processo, e per essersi illuso negli ultimi due decenni, assieme a molti intellettuali liberal, che “i musulmani si sarebbero integrati come tutti gli altri”, ripercorrendo il modello di successo di alcuni “figli” dell’integrazione, dal celebre atleta Mo Farah all’ormai star Nadiya Hussain, che ha conquistato il pubblico britannico trionfando nel talent dei pasticceri indossando il velo. “Ora sappiamo purtroppo che non è così”, ha ammesso Phillips.

 

E non è così – ha spiegato sempre Phillips sul Daily Mail – perché nell’affrontare il fenomeno “abbiamo sbagliato tutto”, permettendo “la nascita di uno stato dentro lo stato, con la sua geografia, i suoi valori e il suo stesso futuro separato dal nostro”. Di fronte a questa situazione, ha proseguito, “occorre adottare un approccio più muscolare sull’integrazione, abbandonando la politica fallita del multiculturalismo”, monitorando per esempio la distribuzione dei cittadini musulmani, per evitare la nascita di ghetti, o “imponendo un tetto del 50 per cento di studenti musulmani” nelle scuole così da incoraggiare l’integrazione. “L’anima dell’islam britannico sta affrontando una battaglia per la vita o la morte, e noi non possiamo permetterci di restarne fuori. Dobbiamo prendere una posizione”.