La first lady Samantha Cameron con il marito David (foto LaPresse)

Baci da Londra

Londra verso il voto, le mogli dei candidati come sempre “do it better”

Paola Peduzzi
Intanto i cartelloni elettorali sono spariti, i candidati belli pure

Londra. Nel momento della noia – tutti, esperti, giornalisti, sondaggisti e passanti dicono: non succede mai niente – arrivano le mogli della campagna elettorale inglese a dipingere recinti di blu (Samantha Cameron, la first lady), a svelarsi blogger culinarie rimaste anonime per due anni (Miriam González Durántez, moglie del vicepremier Nick Clegg), a sorridere modeste quando non si fa che parlare del valore esorbitante della casa di proprietà (Justine Thornton, moglie del leader dell’opposizione Ed Miliband). Servono le mogli nel momento dello swing? C’è chi dice sì, le donne sanno quando è il momento di prendere la mano, di dare un bacio, di commuoversi, e l’armonia famigliare fa sempre guadagnare consenso (guardare “House of Cards” per credere). C’è chi dice che sono inutili, soprattutto se hai una moglie (è il caso di Miliband) che risulta più antipatica del consorte. Sarà, ma intanto ci sono tre candidate premier donna che si abbracciano in diretta tv durante il dibattito che ha sancito la morte del bipartitismo anche nel Regno Unito, lasciando Miliband lì a guardare “con l’aria di chi si è appena ricordato di aver lasciato il gas acceso” (commento del tabloid Sun), e i loro mariti non si sa che faccia abbiano. E’ tattica, dice un politologo sulla Bbc, “queste candidate devono ancora costruire la loro immagine e i mariti confonderebbero le idee”. Ma non sarà piuttosto che le mogli “do it better”?

 

I cartelloni elettorali sono scomparsi dalle strade, vivono soltanto sui social. Al limite spuntano per un paio d’ore, trasportati da minivan negli incroci strategici, poi spariscono, portandosi via il mondo reso famoso nel 1979 dal mitico “Labour isn’t working” ideato per i Tory dai pubblicitari di Saatchi & Saatchi, che avevano anche tentato di dire alla Thatcher di lasciar perdere la borsetta, e lei gliel’aveva tirata in testa. A Streatham, nel sud di Londra, il candidato laburista è l’ex chierichetto, ex dj ed ex avvocato Chuka Umunna, l’astro nascente del partito, uno che parla “come il Blair dell’inizio”, dice un elettore laburista sospirando (è l’unico sospiro registrato, i blairiani non si incontrano più per le strade, sono scomparsi come i cartelloni). Ma le sue foto o i suoi slogan non si vedono in giro, c’è solo il suo nome sull’insegna dell’headquarter del Labour, una vetrina spoglia che dà su quattro sedie arancioni e una porta bianca che nasconde i volontari che si preparano al canvassing (il porta a porta). E sì che stiamo parlando del politico che vince tutte le gare di figaggine del paese, uomo-cartellone diremmo, se non fosse che Umunna s’offende, come ha detto al Mail: non sono solo “gorgeous”, sono anche intelligente.

 

[**Video_box_2**]I più cool si sono già scaricati le “politicons”, le emoticon politiche. C’è Cameron con il faccione, Miliband con il ghigno, Clegg preoccupato e Nigel Farage che, nonostante non ne abbia più alcun motivo, ride forte.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi