Christine Lagarde, presidente Bce (Ansa)

Editoriali

L'inflazione non è più uno scherzo ma in Europa sono tutti a corto di idee

Redazione

Lagarde, con la Banca centrale europea, alimenta l'incertezza mentre politica e governi appaiono confusi e senza proposte. Fare presto

Negli ultimi vent’anni la Bce ha assicurato la stabilità dei prezzi, con un’inflazione media dell’1,7 per cento dal 1999. Siamo determinati a continuare a farlo”. Ieri di fronte al Parlamento europeo Christine Lagarde ha, se possibile, aumentato l’incertezza su possibili aumenti dei tassi già entro l’anno, dopo averli ripetutamente smentiti per tutto il 2021. La presidente della Banca centrale europea ha aggiunto: “Rispetto alle nostre aspettative di dicembre i rischi inflazionistici aumentano”. E subito dopo: “Secondo gli indicatori di lungo periodo l’inflazione tornerà al 2 per cento entro il 2023 per restare attorno a questa quota successivamente”.

 

Dunque? Come già la settimana scorsa quando Lagarde aveva confermato in blocco la politica espansiva della Bce, salvo aggiungere di non sapere se l’inflazione è temporanea e riservarsi massima flessibilità, ha detto tutto e il suo contrario, comunicando incertezza. Che è ciò che l’economia reale e gli investitori temono di più, da qui i ribassi delle borse e le vendite di titoli pubblici; mentre la speculazione ci va a nozze. Non è la prima volta. All’inizio della pandemia Lagarde aveva volato bassissimo: “Non siamo qui per chiudere gli spread”. Subito dopo fece il contrario iniettando liquidità, anche su richiesta dei cosiddetti falchi. Ora il partito della stretta riprende vigore, non a opera della Germania la cui politica è tuttora un rebus (e quanto mancano le famose mediazioni dell’èra Merkel), ma dell’Olanda.

 

Una banca centrale quando parla deve essere chiara. E non come cortesia allo spread dell’Italia indebitata, il cui governo ondeggia fra: tagli alle bollette tramite prelievi sulle aziende energetiche – che Salvini dixit “macinano utili a palate” – scorciatoia che come le varie carbon tax e robin tax aumenterebbe ancora costi e prezzi; emettere altro debito; fare accordi su gas e nucleare non si sa come e con chi (prendere esempio dal pragmatismo à la Macron, no?). Ottimo assist ai partiti per iniziare, sul carovita, una campagna elettorale ancor più in anticipo e populista del previsto.

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