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Conto alla rovescia

Chi guiderà la Fed? L'opa dei dem radicali si chiama Lael Brainard

Matteo Muzio

Entro sabato Biden deciderà se riconfermare Jerome Powell al vertice della Federal Reserve o puntare sulla candidata forte dei progressisti. Ma c'è una parola chiave sullo sfondo: inflazione

Non ci sono solo i numeri risicati di Camera e Senato a creare problemi all’Amministrazione Biden, anche se sempre bisogna mettere d’accordo i progressisti e i moderati. Ma questa volta la scelta può ricadere soltanto su una persona, ed è una nomina che, una volta fatta, diventa inamovibile, a differenza delle altre. Insomma, bisogna decidere se riconfermare Jerome Powell nella sua carica di governatore della Federal Reserve oppure no. In genere non ci sono particolari controversie, se le sue politiche si mantengono nell’ambito del mainstream ideologico. In quest’epoca polarizzante invece anche una colomba come Powell, che cerca di mantenere i tassi bassi durante la stagnazione per far riprendere i consumi e di rialzarli per contenere l’inflazione, rischia di venire sostituito. Non gli mancano i critici a destra, a cominciare dall’ex presidente Trump, che avrebbe voluto una politica di tassi zero per favorire l’economia americana e nell’agosto 2019 lo definì “un nemico pari a Xi Jinping”.

 

Nel novembre del 2017 Trump si decise a nominare lui per due motivi: era repubblicano e, pur apprezzando la governatrice uscente Janet Yellen, ritenne che una donna così bassa non potesse avere l’autorevolezza sufficiente per farsi obbedire. Un ragionamento tipico della “stabile genialità” trumpiana. A parte questo, a settembre Ted Cruz, uno dei membri più conservatori del Senato, dichiarò che Powell non aveva la “fermezza necessaria” per porre sotto controllo l’inflazione nel modo classico, ovvero con una stretta sulla moneta circolante. Dall’altro lato della barricata, la democratica d’ala radicale Elizabeth Warren lo definì “un uomo pericoloso” perché Powell era favorevole a una deregolamentazione complessiva del settore finanziario. In mezzo, ci sono gli estimatori del governatore, come il repubblicano Thom Tillis, un conservatore moderato che invece ha apprezzato la mano sicura di Powell durante la crisi del Covid, apprezzamento condiviso da un altro membro della commissione Banche del Senato, il democratico Jon Tester del Montana, che ha aggiunto che la sua indipendenza negli anni di Trump ha impedito una “politicizzazione” della Banca centrale americana.

 

Per capire meglio come andrà però, ci sono tre enigmi da risolvere. Sappiamo quando il presidente Biden si deciderà: martedì ha detto che “il momento che tutti aspettano” sarebbe arrivato nel giro di quattro giorni. Quindi o venerdì o sabato, al più tardi. Venerdì però è il giorno del Ringraziamento e quindi la notizia sarebbe data insieme a quella della grazia presidenziale data a due tacchini. L’alternativa che i progressisti apprezzerebbero sarebbe un’altra donna, Lael Brainard, nominata nel consiglio dei governatori della Fed da Barack Obama nel 2014, che ha dichiarato che oltreché di tassi d’interesse e di controllo dei consumi, la Fed dovrebbe anche occuparsi di regolamentare il cambiamento climatico perché siamo in “un’epoca di grandi trasformazioni”. La decisione dovrebbe essere quindi su questi due nomi: o Powell riconfermato o Brainard elevata alla posizione apicale.

 

Il presidente della Commissione Banche al Senato, Sherrod Brown, è un democratico vecchio stile, più legato ai sindacati che agli attivisti da campus universitario, ha dichiarato con molta equità a Politico che ha detto alla Casa Bianca chi preferirebbe, ma non lo ha rivelato alla stampa e ha detto che entrambi sono “molto qualificati” e “hanno i voti” per essere confermati al Senato. Infine, c’è il parere di chi ha preceduto Powell al vertice della Fed: se ad agosto Janet Yellen aveva spinto Biden a confermarlo, pubblicamente poi aveva aggiunto “che ci sono comunque altri candidati perfettamente qualificati”. Gli investitori non apprezzano il periodo d’incertezza, che si è innestato sulle difficoltà per l’Amministrazione democratica, vista come poco incisiva nonostante l’approvazione del pacchetto bipartisan sul rinnovamento infrastrutturale.

 

Una persona con l’esperienza di Joe Biden sa bene però quanto sia importante l’inflazione per la fiducia dei consumatori: l’inflazione all’11 per cento fece finire subito la presidenza di Gerald Ford e anche il suo successore Jimmy Carter, che nominò un “falco” come Paul Volcker, innescò una pesante recessione. Serve una persona d’equilibrio. E Powell lo è. Anche se scontentare un’altra volta i radicali potrebbe indebolire ulteriormente la posizione della Casa Bianca, che ha bisogno di tutti i consensi possibili per non essere travolta alle elezioni di mid-term del 2022.

 

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