Caroline Brehman/Pool via AP  

Niente panico

Perché la scelta della Fed di ridurre gli acquisti non è ancora l'inizio della restrizione globale

La svolta restrittiva di Powell risulta più convincente dei messaggi del presidente Biden. La Banca centrale europea prepara la sua risposta

L’apparenza inganna, anzi ingannava. E l’annuncio del presidente della Federal Reserve Jerome Powell di ridurre di 15 miliardi al mese gli acquisti di titoli, fino ad azzerarli a giugno 2022, non ha prodotto i dissesti sui mercati che in genere accompagnano l’avvio di misure restrittive della Banca centrale. Il Dow Jones, dopo i record della vigilia, ieri ha oscillato sulla parità mentre il Nasdaq si è portato ai top dell’anno. Forse il messaggio con il quale Powell, repubblicano moderato, ha accompagnato l’avvio del tapering, cioè il ritorno alla normalità, è risultato più convincente degli annunci di un altro moderato, ma democratico, spesso ostaggio dei radicali, quale Joe Biden. Powell è stato accorto nel ripetere che la Fed non pensa di ritoccare anche i tassi d’interesse, ora tra zero e 0,25 per cento, finché non risulterà “in trasparenza” che l’inflazione non è temporanea. Eppure i future sui T-bond ieri scommettevano su un rialzo degli interessi da luglio: ma da tempo Powell smentisce queste previsioni speculative, così come ora in apparenza contraddice la politica di stimoli diretti all’economia di Biden, venuto al G20 di Roma con un accordo da 1.750 miliardi di dollari per sanità, ceto medio, nonché l’imposta sui 700 super ricchi e la minimum tax globale del 15 per cento sulle multinazionali.

Il tutto in aggiunta ai 1.900 miliardi alle imprese stanziati dalla Casa Bianca ad aprile. Nonostante il tapering, si tratta di dimensioni imponenti, che ancora superano quelle europee benché qui si sia scelta una via diversa. Il Recovery plan di Bruxelles, o Next Generation Eu, ammonta a 800 miliardi di euro, mille miliardi in dollari, è distribuito asimmetricamente e sottoposto a condizionalità. A esso si aggiungeranno fondi da definire, nell’importo e nelle modalità (Eurobond o di singoli governi, più l’impegno dei privati) per la transizione climatica. La Banca centrale europea ha deciso di affiancare la Commissione annunciando l’acquisto sia di titoli pubblici per il Recovery plan, sia di green bond. Se la Fed ha finora comprato titoli federali per 120 miliardi al mese che da novembre diverranno 105 (tra buoni del Tesoro e obbligazioni garantite), la Bce ne ha pianificati per 1.880 miliardi di euro in totale, tra piano antipandemia (Pandemic emergency purchase program, Pepp) acquisti diretti di attività (Paa), formula per indicare il reinvestimento degli utili.

L’Eurotower ha inoltre messo in piedi il Tltro, di 2.400 miliardi, acronimo di Targeted longer term refinancing operations, operazioni mirate di rifinanziamento, in pratica prestiti agevolati a lungo termine per stati e imprese. E infine i tassi europei sono a zero o negativi (fino a meno uno per i prestiti Tltro), e benché ci sia stato un rallentamento negli acquisti diretti di titoli l’Eurotower dichiara che gli interessi non aumenteranno nel 2022, cioè l’anno nel quale dovrà anche essere riformato il Patto di stabilità europeo. Paragonare i due interventi è complicato: quello americano è più semplice, in quanto se la Fed è indipendente dalla Casa Bianca (che però può licenziarne il capo) acquista senza problemi né vincoli i titoli del Tesoro. Da Mario Draghi in poi lo fa anche la Bce, ma con numerosi e talora barocchi caveat (agisce attraverso le banche centrali nazionali), e il suo Quantitative easing non può superare il 35 per cento per singole emissioni e per paesi.

Formalmente è separata dai 19 governi dell’euro e dalle loro politiche, a eccezione della vigilanza sulle banche, ma molto dipende dalle capacità e dal carisma di chi la presiede. Ecco perché la decisione di Powell non è ancora il fischio d’inizio di politiche monetarie più restrittive per il resto del mondo. Ma ecco anche perché il segnale di un “new normal” di Washington non potrà non farsi sentire anche in Europa: diversamente la frattura sarebbe troppo netta, a cominciare da una possibile concorrenza al ribasso sulle valute mentre la globalizzazione chiede il contrario, mentre Biden ha abolito i dazi residui per l’Europa, e tutti predicano una nuova èra di multilateralismo.