I lavoratori di Prysmian contro la chiusura dello stabilimento a Battipaglia - foto via Getty Images

L'analisi

Prysmian come StMicro: continua la contesa Italia-Francia

Mariarosaria Marchesano

Dopo il caso dell'azienda di microchip, un'altra impresa francese mette in discussione i suoi investimenti in Italia. L'appello del ministro Adolfo Urso e le ricadute per lo stabilimento Fos di Battipaglia

Nell’ormai sempre più accesa competizione tra Italia e Francia nei settori più strategici dell’industria, spunta un nuovo caso che sembra la fotocopia della vicenda, per nulla chiusa, della StMicroelectronics (produzione di microchip). Il nuovo caso riguarda la Prysmian, produttore di cavi e fibra ottica con 16 miliardi di fatturato e quotato a Piazza Affari. Nei giorni scorsi il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha lanciato un appello all’azienda affinché tenga in vita per altri tre mesi lo stabilimento Fos di Battipaglia, che è intenzionata a chiudere, rivelando l’esistenza di un’offerta di acquisto che a suo avviso sarebbe da considerare. Tralasciando che forse è stato poco opportuno per un membro del governo comunicare l’esistenza di una proposta che riguarda un’azienda quotata, nella sostanza lo sforzo di Urso è comprensibile visto che la Fos di Battipaglia impiega 300 addetti e rappresenta uno dei pochi presidi industriali d’avanguardia del Mezzogiorno.
 

La sua chiusura avrebbe una ricaduta pesante per il territorio salernitano mentre per il governo Meloni si aprirebbe una vertenza spinosa da gestire, un po’ come lo fu quella Whirlpool di Napoli nel Conte 1, anno 2018. Ma questa è un’altra storia e riguarda manifatture, come gli elettrodomestici, che seguono una logica di tipo globale. I problemi di produzioni come i semiconduttori e la fibra ottica, vista la loro strategicità, hanno spesso radici più politiche. E lo schema si ripete: il governo e le autorità francesi si sono mossi in tempo per attrarre i produttori occidentali di fibra ottica che subiscono la spietata concorrenza cinese, mentre quello italiano ha molto lentamente preso consapevolezza che per convincere Prysmian a non chiudere lo stabilimento Fos di Battipaglia, avrebbe dovuto cercare il modo per modificare i bandi pubblici per le forniture, che, non premiando tecnologia e qualità, rappresentano  una finestra aperta per le produzioni asiatiche a basso costo. In buona sostanza, operatori di tlc come Telecom e Open Fiber continuano a rifornirsi di fibra al miglior costo possibile per loro non avendo alcun obbligo a prediligere la produzione nazionale.
 

All’inverso, in Francia gli stessi tipi di operatori comprano fibra domestica o italiana, che considerano di qualità superiore. Così, Prysmian ha cominciato sempre di più a consolidarsi nel paese d’Oltralpe e a considerare la Fos di Battipaglia come un peso. Un meccanismo analogo si è verificato, in un altro campo, con StMicroelectronics, che sta spostando i suoi interessi su territorio francese dove il sostegno statale all’industria dei semiconduttori è molto forte. Un “tradimento” che Palazzo Chigi avrebbe mal digerito al punto da cercare di ostacolare il rinnovo del mandato dell’attuale ad, il francese Jean Marc Chery, all’assemblea che si terrà il 22 maggio (si vedrà, ma al momento non sembra esistano ostacoli alla conferma di Chery). Tra i due casi, Prysmian e StM, esiste, però, una differenza fondamentale. Mentre per i microchip la partita è più difficile per l’Italia perché la Francia ha stanziato per il nuovo stabilimento di Grenoble un finanziamento pubblico di ben 2,9 miliardi nell’ambito del “chips act”, risorse che Palazzo Chigi probabilmente fa più fatica a trovare in periodi di vacche magre, per la fibra ottica la Francia non ha speso un euro ottenendo ugualmente il risultato di favorire la produzione nazionale ed europea a quella cinese. Già prima del 2020, il governo ha coinvolto nella definizione degli standard qualitativi dei bandi pubblici per le forniture l’Arcep, che equivale all’Agcom italiana, l’autorità di garanzia per le comunicazioni, individuando una griglia di criteri che premia i produttori europei.
 

Non essendoci nulla di simile in Italia, i bandi europei del “Piano Italia a 1 Giga”, che sono stati promossi dal governo Draghi nell’ambito del Pnrr nel 2021-22, prevedendo, peraltro, 6 miliardi di incentivi per incoraggiare gli operatori telefonici a investire in zone non coperte da banda larga, hanno per forza di cose dato spazio a criteri di mercato. L’Agcom, coinvolta marginalmente in una fase iniziale, è entrata in scena nel 2023 quando una legge del governo Meloni ha chiesto, in sostanza, all’autorità di seguire l’esempio francese. L’Agcom ha elaborato un documento che adesso è al vaglio della commissione europea. Quando avrà ottenuto il via libera, nel giro di due o tre mesi, i nuovi standard qualitativi potranno essere applicati ai nuovi bandi di gara. Per questo Urso chiede a Prysmian di attendere, sempre che non sia troppo tardi.

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