La sede della Fed a Washington (LaPresse)

La nomina

Due candidati per imbrigliare l'inflazione: la Fed sceglie il nuovo presidente

Alberto Chiumento

 Powell, che guida oggi la Federal Reserve, sembra favorito per un secondo mandato. L’alternativa di Biden è la dem Brainard, che però non convince i repubblicani

La fitta agenda di Joe Biden prevede per i prossimi giorni una scelta molto importante: chi nominare come prossimo presidente della Federal Reserve? Il mandato di Jerome Powell, l’attuale presidente, termina a febbraio e già da diversi mesi si discute sul possibile successore dato che la nomina del presidente deve superare il voto del Senato. La decisione, che alcuni analisti si aspettavano già a inizio settembre, dovrebbe arrivare prima di giovedì 25 novembre, giorno del Ringraziamento negli Stati Uniti. Biden ha due opzioni: confermare Powell per un secondo mandato oppure promuovere Lael Brainard, componente del Board of Governors della Fed da giugno 2014.

Attualmente, la principale preoccupazione della Fed è contenere gli aumenti dell’inflazione senza frenare la crescita dell’occupazione. Ma entrambi i candidati appaiono convinti che sia ancora necessario un atteggiamento espansivo, nonostante l’inflazione in ottobre abbia raggiunto il 6,2 per cento su base annua. Powell ha più volte ricordato la natura temporale dell’inflazione, rimandando un aumento dei tassi d’interesse al 2022. Brainard ha supportato “La dottrina Powell”, ovvero il nuovo atteggiamento della Fed secondo cui non è più necessario aumentare i tassi quando la disoccupazione si avvicina a bassi livelli. I due quindi interpretano la politica monetaria attuale in modo molto simile.

 

Powell, repubblicano moderato e pragmatico, è in carica dal 2018. Lo nominò Trump quando con irruenza non confermò per un secondo mandato la democratica Janet Yellen (che ora dirige il Tesoro statunitense). Tuttavia, poco dopo Trump contestò Powell diverse volte, specialmente via Twitter, accusandolo di non seguire una strategia monetaria favorevole alla sua linea politica. “Come al solito, Powell ci ha delusi” si leggeva sull’account di Trump; “Manca di visione”. Fino ad arrivare al tweet più duro nell’agosto 2019: “La mia unica domanda è, il nostro più grande nemico è Powell o il presidente Xi?”. Powell fu abile nel resistere a queste ingerenze politiche. Evitò lo scontro aperto, concentrandosi sulle reali esigenze della Fed, anche quando Trump minacciò di licenziarlo.

Come non fosse abbastanza, anche il 2020 ha chiesto a Powell ulteriore concretezza per guidare un’economia bloccata dal Covid-19. La sua Fed ha risposto prontamente alla crisi pandemica tagliando i tassi d’interesse e avviando un programma di acquisti di titolo di stato per oltre 120 miliardi di dollari al mese. Inoltre, per la prima volta nella storia, la Banca centrale ha comprato obbligazioni di aziende private. Nel giro di tre mesi gli asset detenuti dalla Fed sono aumentati di 3 trilioni di dollari.

 

Agli occhi di un’ampia parte della politica americana, Powell sembra essersi meritato il diritto a un secondo mandato per come ha garantito l’indipendenza alla Banca centrale ai tempi di Trump e per come ha gestito i momenti più critici della pandemia. Inoltre, il lavoro non è ancora concluso: il tapering, il ritiro graduale degli aiuti pandemici, sta per iniziare e terminerà non prima di giugno 2022. Powell sembra la migliore persona per poterlo completare. Anche se la comunicazione sul livello di inflazione non è sempre stata ottimale, la sua candidatura è supportata da Janet Yellen.

 

Allo stesso tempo, la mancata riconferma sarebbe sia una bocciatura all’operato di Powell sia un’implicita richiesta di agire diversamente per chi verrà dopo: un’intromissione che i repubblicani potrebbero giudicare eccessiva e che Biden vuole evitare in un momento in cui si gioca l’approvazione delle leggi più importanti della sua presidenza. Inoltre, la flessibilità dimostrata da Powell per un pezzo della sinistra democratica non è ancora sufficiente. Crede si debba fare di più, ovvero sostituire l’attuale capo della Fed con Lael Brainard, che prima di arrivare alla Fed, si è laureato ad Harvard e ha svolto incarichi importanti al Tesoro durante l’amministrazione Obama. 

 

Le differenze tra i due non sono molte. Brainard è molto favorevole alla creazione del dollaro digitale – su cui Powell è più cauto – ed è più agguerrita sulla regolamentazione finanziaria. Per queste posizioni molti repubblicani la giudicano troppo colomba. La sua candidatura è supportata dalla senatrice dem Elizabeth Warren, secondo cui Powell è troppo favorevole alla deregolamentazione e non è stato all’altezza del suo ruolo quando la stessa Fed è incappata in alcuni errori di trasparenza. A fine settembre, infatti, Robert Kaplan e Eric Rosengren, rispettivamente a capo dei distaccamenti di Dallas e di Boston della Federal Reserve, hanno dato le dimissioni per aver eseguito investimenti finanziari che creavano un potenziale conflitto d’interesse visto il loro incarico pubblico. Pur non essendo state riscontrate violazioni del codice etico, la Fed, su indicazione di Powell, ha poi reso più stringenti le norme sugli investimenti per i principali dirigenti della Banca centrale.

 

Biden ha già incontrato entrambi i candidati nell’ufficio ovale il 4 novembre, in momenti separati per un’ora ciascuno, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal. Oltre al presidente, Biden dovrà anche indicare un nuovo membro del Board of Governors (posto vacante dall’era Trump) e altri due entro gennaio. Cambiare la guida nei momenti difficili è una cosa sconsigliata. La complessità creata dagli ostacoli spinge a rinviare i cambiamenti per concentrarsi al meglio sugli stessi ostacoli. L’esperienza recente italiana però insegna qualcosa diversamente. L’azzardo di Renzi, rivelatosi vincente, di togliere l’appoggio al governo Conte II dimostra che in alcuni casi le avversità possono essere superate con facilità anche se si cambia la persona al posto di comando. Non avendo Draghi come alternativa, Biden sarà disposto ad azzardare?