La differenza tra divano e smart working. La rivoluzione che manca al lavoro pubblico
La vitalità del settore privato sarà cruciale per determinare la ripresa a V del paese. Ma mai come in questa fase lo stato e la politica avrebbero il dovere di creare una forma di concorrenza virtuosa tra pubblico e privato. La prova dello smart working
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C’è una particolare lettera dell’alfabeto che da qualche tempo a questa parte i principali osservatori economici scrutano con attenzione. Quella lettera, cruciale, corrisponde alla lettera “V” ed è una lettera da cui passa semplicemente il futuro del paese. Fino a qualche tempo fa, dicevi “V” e pensavi al vaffa di Grillo, oggi passato alla fase “esticazzi” come magistralmente segnalato sabato scorso dal nostro Makkox, o al massimo potevi pensare alla anonima “V”, nel senso di vendetta. Oggi la “V” indica invece qualcosa di diverso ed è lì a inquadrare un sogno che per la prima volta è comparso venerdì scorso sulle tabelle statistiche del nostro paese, quando l’Istat ha sfornato i dati relativi alla produzione industriale di maggio. La “V”, in questo caso, indica il rimbalzo e il rimbalzo, nel mese di maggio, c’è stato: produzione industriale a più 42,1 per cento, rispetto ad aprile, e rimbalzo superiore alle previsioni, considerando che la stima prevista era del più 15 per cento. Essere ottimisti, in una fase in cui il pil italiano calerà più del 10 per cento, non è semplice. Ma il dato sulla produzione industriale ci permette di illuminare un tema che merita di essere messo a fuoco per capire o meglio per ricordare che con tutta la buona volontà dello stato la ripresa del nostro paese passa dal privato, passa delle industrie, passa dalle imprese, passa dalla capacità della nostra classe dirigente di valorizzare e rafforzare quella fetta vitale del paese capace di contribuire con le sue esportazioni di beni e servizi a circa il 32 per cento del pil italiano – e capace di produrre ogni anno un saldo positivo della bilancia commerciale (44 miliardi) che vale più della mastodontica linea di credito prevista dal Mes per le spese sanitarie (36 miliardi).
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- Claudio Cerasa Direttore
Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.