(foto LaPresse)

La pandemia ha sconfitto gli ottimisti

Luca Roberto

Quasi 7 italiani su 10, secondo un rapporto Confcommercio-Censis, prevedono un peggioramento della situazione del paese nel futuro prossimo. Il 30 per cento delle famiglie rinuncerà alle vacanze quest'estate

La giornalista scientifica Gina Kolata ha scritto sul New York Times che “le pandemie generalmente hanno due tipologie di finali: quello medico, che si verifica quando l’incidenza e il tasso della mortalità precipitano, e quello sociale, quando l’epidemia causata dalla paura della malattia viene meno”. In pratica, se da un punto di vista sanitario ha ragion d’essere il monitoraggio costante della curva discendente in attesa di un azzeramento dei contagi, dal punto di vista simbolico ed emotivo una società può dirsi preparata all’uscita dalla crisi solo quando ha fatto i conti con il panico e lo stravolgimento delle pregresse aspettative di vita. Leggendo in quest’ottica l’ultimo rapporto annuale Confcommercio-Censis si direbbe che per la gran parte degli italiani la fuoriuscita dal tunnel è ancora lontana da scorgere. 

 

 

Per la prima volta dopo oltre 6 anni chi immagina un peggioramento delle proprie condizioni economiche (52,8 per cento) e di quelle del paese (67,5 per cento) supera la quota di chi si mantiene ottimista: un crollo che non si era verificato neanche in occasione della crisi del debito sovrano. Secondo lo studio, quasi 6 famiglie su 10 temono di perdere il lavoro, e su di loro le misure restrittive attuate per contenere la pandemia hanno già prodotto effetti concreti: il 42,3 per cento si è visto ridotta l’attività lavorativa e conseguentemente il reddito. Mentre oltre un quarto dei nuclei familiari ha dovuto far fronte alla completa interruzione dell’attività lavorativa. “Ciò che risulta particolarmente grave e preoccupante è che la crisi da Covid-19 si è abbattuta su un’economia già fortemente debilitata”, si legge nel documento. Infatti, “tra il 2007 e il 2019 ciascun italiano ha perso oltre 21.600 euro di ricchezza. Un conto molto salato, prevalentemente a causa delle forti perdite di ricchezza immobiliare e finanziaria, alla cui cifra complessiva contribuisce anche una significativa contrazione di consumi pari a circa 900 euro procapite”.

 

La spirale economica discendente ha costretto un quarto delle famiglie a posticipare o a rinunciare del tutto all’acquisto di beni durevoli come auto, mobili o elettrodomestici. Ma soprattutto ha prodotto la rinuncia alle prenotazioni per le gite fuori porta, i weekend in montagna o le vacanze al mare. Che sia per la particolare incertezza nell’ossequio delle stringenti misure di distanziamento sociale, o per una più generica indisponibilità finanziaria, al netto di misure d’incentivo come il bonus vacanze inserito dal governo nell’ultimo decreto Rilancio, almeno 3 famiglie su 10 quest’estate ci rinunceranno, e oltre la metà è ancora indecisa sul da farsi. E se per alcuni operatori del settore turistico la rinuncia alla riapertura è il risultato di un attento calcolo costi benefici (a Firenze la mancanza del turismo internazionale ha convinto il 60 per cento dei ristoratori a mantenere serrate le serrande), era stata la stessa Confcommercio a inizio maggio a stimare che a causa del crollo della domanda e del periodo di chiusura circa il 16 per cento di bar e ristoranti e il 13 per cento delle attività alberghiere rischiassero una chiusura definitiva.

 

Ogni giorno ci sono meno contagi e meno decessi, e questo è confortante. Da un punto di vista sanitario il peggio potrebbe essere alle spalle. Ma fino a quando gli indici di consumo (-44 per cento ad aprile), le intenzioni di acquisto e il tasso di fiducia non torneranno a mostrare segnali di controtendenza, e le persone dimostreranno quindi di saper convivere con il virus, non potremo che considerarci ancora nel bel mezzo della pandemia.

Di più su questi argomenti: