L'eredità del virus
E’ necessaria una struttura per la formazione dei dirigenti sanitari, una Scuola superiore di sanità. Proposta
Al direttore - Se ce ne fosse bisogno, anche l’emergenza del Cov2 ha evidenziato la grande frammentarietà nella cultura sanitaria dei dirigenti preposti agli aspetti organizzativi. Il tutto si è tradotto in una comunicazione spesso contraddittoria e in interventi spesso eterogenei. Riemerge perciò l’importanza, spesso evocata ma mai realizzata, di una struttura per la formazione dei dirigenti sanitari, cioè una Scuola superiore di sanità. E’ indubbiamente una necessità, perché è essenziale che i dirigenti, pur con le varie sfaccettature e anche diversità di opinioni sugli aspetti pratici, abbiano una cultura comune basata su alcuni princìpi.
Anzitutto, nel Servizio sanitario nazionale (Ssn) il paziente deve essere posto al centro. I diritti degli operatori, le esigenze dell’economia, le ragioni dei burocrati o le influenze dei politici non devono minare questa centralità. Il Ssn, un bene straordinario per la salute pubblica, è il sistema che deve servire il singolo paziente, ma al tempo stesso deve essere concepito come un bene comune che richiede ai cittadini non solo di avere il diritto alla salute, ma anche di rispettare il dovere di mantenerla. Solo così, alimentando la cultura della prevenzione, il Ssn può mantenere la sua sostenibilità nel tempo.
Un terzo elemento è lo sviluppo di una cultura che sappia valutare e spesso resistere nell’interesse del paziente e del Ssn al dilagante mercato della medicina. In altre parole, serve una cultura capace di valutare e selezionare sulla base dell’evidenza scientifica ciò che offre il mercato in termini di prodotti diagnostici, terapeutici e riabilitativi. Se questo deve essere il nucleo culturale della Scuola, bisogna poi tradurlo negli aspetti strutturali e organizzativi. Si può intravvedere una Scuola basata su poche lezioni frontali, limitate a mettere a disposizione informazioni che non vengono normalmente date dalla formazione universitaria: ad esempio, la valutazione del rapporto benefici-rischi e del rapporto costo-benefici, il ruolo che l’intelligenza artificiale giocherà sul rapporto medico-paziente, l’importanza della digitalizzazione del Ssn e di tutte le sue strutture.
Ancora, il futuro dirigente sanitario deve avere una chiara idea della necessità di riequilibrare il rapporto territorio-ospedale, superando l’attuale tendenza ospedalocentrica orientata da troppi interessi privati. Inoltre, è necessario che sia promossa agli occhi dei futuri dirigenti l’importanza di un’informazione e di una formazione continua indipendenti da interessi commerciali e ideologici. La Scuola deve contemperare aspetti culturali, generati da ricerca personale e da dibattiti collettivi, e aspetti pratici. Ad esempio, ricorrendo a stage degli studenti presso le varie strutture del Ssn, al fine di raccogliere le opinioni di tutte le componenti degli operatori sanitari, anche perché si rendano conto delle differenze fra l’ideale e il reale. Gli studenti devono anche acquisire elementi di management, che uniscano alla visione organizzativa la capacità di coinvolgere nelle decisioni tutti i vari collaboratori interessati.
Gli studenti devono essere laureati in medicina o in altre discipline scientifiche e devono essere interessati a operare nelle strutture organizzative e amministrative. Con la Scuola si deve porre la prima pietra, perché i futuri dirigenti non siano più designati fra coloro che hanno esperienze spesso non sanitarie, ma di tipo commerciale o industriale o addirittura politico, ma fra coloro che condividono la stessa cultura. Una Scuola superiore di sanità, fra l’altro, è una delle tante iniziative necessarie a riequilibrare nel tempo le differenze di assistenza sanitaria, spesso inaccettabili, fra le varie aree del paese.
Silvio Garattini è presidente dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS
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