Una veduta aerea di Roma (foto LaPresse)

Banche caute con i mutui, così si sono dimezzate le compravendite

Mariarosaria Marchesano

Parla Dondi (Nomisma): a maggio gli acquisti di case sono calati del 50 per cento anche per effetto delle restrizioni del credito

Milano. L’accesso al credito ai tempi del Covid-19 è sempre più difficile non solo per le imprese, ma anche per le famiglie. Un segnale di restringimento dei cordoni della borsa da parte delle banche viene da Nomisma, che, durante la presentazione del suo ultimo rapporto immobiliare, ha stimato un calo delle compravendite di unità residenziali del 50 per cento nel mese di maggio a fronte di una propensione all’acquisto che è invariata rispetto al periodo antecedente la pandemia. Come si spiega questa apparente contraddizione? “Il mese di maggio riflette in pieno l’effetto del lockdown, comprese le difficoltà nell’esecuzione dei contratti di compravendita presso i notai, e incorpora allo stesso tempo l’incertezza economica percepita dalle famiglie – dice al Foglio Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma –. Ma questo, a nostro avviso, non basta a spiegare una tendenza alla contrazione così marcata delle operazioni di compravendita di residenze che, ricordiamolo, in Italia sono in stragrande maggioranza legate alla concessione di mutui bancari”.

 

Se nel primo trimestre di quest’anno il calo delle compravendite è stato tutto sommato contenuto (-20 per cento) è perché ci sono stati due mesi di quasi piena operatività e un mese, marzo, in cui non c’era piena consapevolezza di quello che stava accadendo. Ma i dati di aprile e maggio restituiscono il quadro di un mercato residenziale praticamente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2019. Eppure, gli italiani continuano a sognare la casa di proprietà e le intenzioni di acquisto, che Nomisma sta monitorando anche attraverso l’Osservatorio sul lockdown, non sono cambiate, in particolare tra le famiglie giovani che aspirano a migliorare la condizione abitativa (18-34 anni e 35-44 anni).

 

“Attenzione – avverte Dondi – abbiamo anche tenuto conto del fatto che milioni di famiglie in questo momento non hanno la giusta consapevolezza della loro situazione finanziaria, spesso si illudono sulla loro capacità di affrontare il futuro e questo le porta a esprimere una propensione all’acquisto che non rientra nelle loro possibilità concrete. Così siamo arrivati a ridurre la domanda potenziale di abitazioni da 2,5 milioni, che è il dato dello scorso anno, a 626 mila che corrisponde alle famiglie che hanno le condizioni reddituali necessarie per poter fare il grande passo e poi a restringere ulteriormente il campo a quei nuclei che hanno capacità ancora più elevate di concretizzare le scelte di investimento pianificate, che sono 470 mila secondo le nostre rilevazioni. Resta il fatto che questo rappresenta comunque un fabbisogno potenziale molto alto e che migliaia di soggetti stanno già affrontando e affronteranno nei prossimi mesi la prova dello sportello bancario con il rischio di trovarsi di fronte a istruttorie rese più complicate e selettive dall’attuale situazione di emergenza”.

 

Va ricordato che in Italia solo una piccola percentuale possiede tutte le risorse necessarie per acquistare un appartamento, o può contare su una rete parentale di supporto, mentre l’82 per cento è costretto a rivolgersi alle banche. Già prima della pandemia i criteri per l’erogazione di mutui erano diventati più severi come conseguenza dell’esigenza degli istituti di credito di ridurre l’esposizione ai rischi d’insolvenza. Un approccio figlio della grande crisi finanziaria, che ha visto i bilanci riempirsi di crediti deteriorati. “La differenza con il 2008 è che oggi il mondo bancario non ha responsabilità di ciò che sta accadendo, ma proprio per evitare di ricadere in quella situazione mette in atto iter di valutazione particolarmente restrittivi che tendono ad andare al di là delle prospettive di rimborso di chi richiede il mutuo – spiega Dondi –. In questa fase, per esempio, viene valutata anche la solidità reddituale in relazione alle prospettive di tenuta dell’azienda per la quale si lavora. Quest’approccio punta a un’immediata salvaguardia del credito ma produce un restringimento del settore immobiliare che di fatto è negativo anche per le stesse banche”.

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