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La Borsa e l'industria

Redazione

Piazza Affari va bene, la produzione industriale no. Segnali contrastanti

Sull’economia europea e italiana si alternarano dati contrastanti. Le Borse vanno bene incuranti del contagio cinese: Piazza Affari è tornata oltre i 24.800 punti, recuperando il livello del 2008. L’asta di Btp a 15 anni ha avuto il record di 50 miliardi di domanda a fronte di 9 di offerta, con un taglio di rendimento all’1,48 per cento. Sei miliardi di Bot annuali sono stati collocati al tasso negativo di -0,319, dunque qui il Tesoro guadagna. Ma la produzione industriale nella Ue segna a dicembre un calo annuo del 2 per cento. L’Italia è a meno 1,3; peggio di noi la Germania, ma anche Polonia, Ungheria e Irlanda, paesi con ricette meno ortodosse basate sulla riduzione delle tasse. Dunque l’Europa non riesce a imitare gli Usa dove si è chiusa la forbice tra Borsa, produzione, occupazione e crescita. Le cause vanno cercate nella guerra dei dazi e ora nei problemi della Cina, fronti nei quali gli europei giocano di rimessa, con la nuova leadership di Bruxelles che per ora produce solo promesse. L’eccezione resta la Bce, che però ha deciso di dedicare un anno alla revisione delle linee guida e che non può spingere oltre la liquidità se i governi non sistemano le cose in casa propria. L’Italia brilla anche in questo. I mercati finanziari sono tornati a darci fiducia, a investire in titoli del Tesoro, e lo spread ieri ha bucato al ribasso quota 130, come non si vedeva dal 2018 e dal 2016 (sotto i 100 punti): era l’epoca del famigerato renzismo tanto deprecato dai gialloverdi. Allora però eravamo in linea con la Spagna e messi meglio del Portogallo, i cui debiti pubblici invece attirano ora più fiducia e più capitali dell’Italia. Di conseguenza a Madrid e Lisbona, per non dire di Berlino e Parigi, ci sono fiducia e quello spazio fiscale che invece da noi è ridotto a pochi miliardi. Quelli su cui ci si accapiglia per un punto di Iva o di Irpef. Basterebbe un segnale vero sulla spesa pubblica (previdenza in primis) e sugli investimenti sempre bloccati per recuperare quel gap e consentire alle imprese e ai privati di respirare. Anche perché mentre il rilancio delle produzione richiede mesi, la fiducia della finanza si guadagna e si perde in un attimo. Però si parla di tutt’altro.

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