(foto LaPresse)

Il lavoro in Italia si è fermato (anche prima del coronavirus)

Luca Roberto

A gennaio l'occupazione è calata di 40 mila unità rispetto al mese precedente. Danneggiati soprattutto donne, giovani e lavoratori indipendenti

Le prospettive del mercato del lavoro registrate a gennaio dall'Istat sono tutt'altro che incoraggianti, a maggior ragione perché non tengono ancora conto degli effetti della diffusione del coronavirus a livello globale e in particolare nel nostro paese, che saranno misurabili soltanto a partire dal mese di febbraio.    

 

 

Rispetto a dicembre, il calo negli occupati è stato di 40 mila unità (di 15 mila nell'ultimo trimestre), frutto soprattutto di un abbassamento dell'occupazione femminile, che ne ha risentito negativamente per 30 mila unità, e generalmente di tutte le fasce anagrafiche a esclusione di quella tra i 35 e i 49 anni (più 13 mila unità). I contratti a tempo determinato, poi, hanno avuto un calo maggiore rispetto a quelli a tempo indeterminato. In un arco temporale di 12 mesi il saldo di chi ha trovato lavoro rimane positivo (circa 76 mila unità in più), ma il trend è in caduta a causa della scarsa performance degli ultimi due trimestri del 2019, che hanno controbilanciato lo slancio registrato nei primi 6 mesi.

  

Uno dei risultati prodotti dal calo decimale del tasso di occupazione (meno 0,1 per cento) è stato il rialzo del tasso di inattività, e cioè di chi non studia né cerca lavoro, arrivato al 34,4 per cento. Rimane stabile il tasso di disoccupazione generale (9,8 per cento), in lieve risalita quello di disoccupazione giovanile (29,3 per cento, più 0,6 per cento a gennaio rispetto al mese precedente).

 

E' sorprendente il dato sull'occupazione indipendente: negli ultimi mesi i lavoratori con questo inquadramento sono calati di 90 mila unità, influenzando pesantemente il saldo dell'occupazione nel confronto tra il terzo e il quarto trimestre 2019. Periodi che invece hanno visto crescere il numero dei contratti di natura dipendente.

  

In un quadro già abbastanza sfavorevole si inserisce, poi, una dinamica di lungo periodo come quella demografica, che ha visto la forza lavoro contrarsi nel 2019 di 90 mila unità per effetto dei pensionamenti che non sono stati sostituiti dall'ingresso di un numero sufficientemente ampio di nuovi lavoratori.

  

Secondo Francesco Seghezzi, presidente di Adapt, che ha commentato l'analisi dell'Istat su Twitter, “il calo degli occupati si concentra sui lavoratori under 35, soprattutto femmine e con un lavoro autonomo. Un quadro chiaro di molti lavori deboli e poveri soprattutto nel settore dei servizi”. Non esattamente il migliore dei biglietti da visita per un mercato del lavoro che, anche per effetti dei blocchi produttivi imposti dall'emergenza coronavirus, potrebbe andare nell'immediato futuro incontro a scenari di recessione.

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