Per una politica eco-razionale. Non solo elettrica l'auto del futuro

Maria Carla Sicilia

Gli obiettivi dell’Europa, la necessità di rinnovare il parco macchine. Parla il presidente dell’Aci Sticchi Damiani

Roma. Prima che il Green New Deal entrasse a fare parte del vocabolario politico, i costruttori di automobili europei erano già stati chiamati in causa per investire in tecnologie capaci di ridurre le emissioni dei trasporti. Un processo complesso, fatto di negoziazioni e target ambientali che chiedono alla mobilità di trasformarsi in un settore a zero emissioni. L’obiettivo è perfettamente in linea con le politiche ambientali della Commissione von der Leyen, che anzi propone di usare ingenti risorse economiche per rendere questa riconversione industriale meno dolorosa possibile e che per questo sostiene che “la transizione dovrà essere giusta o non accadere affatto”.

   

Declinare questo paradigma nei contesti nazionali non sarà però indolore, anche perché la partita che si gioca intorno alla mobilità chiama in causa diversi interessi legati alle tecnologie che si dividono la torta. L’auto elettrica è solo una delle opzioni, insieme all’ibrido e ai combustibili alternativi, come gpl e metano, oltre che i biocarburanti. Spingere su una o sull’altra alimentazione può avere effetti sociali collaterali e perdere di vista il più complesso orizzonte ambientale.

   

A ricordarlo di recente è stato l’Aci, con uno studio elaborato da Fondazione Caracciolo, Enea e Cnr, secondo cui nel 2030 le emissioni in Italia si ridurranno rispetto al presente, pur considerando un parco circolante composto per l’82 per cento da auto termiche, per il 10 da ibride e per quasi il 9 per cento da elettriche. Uno scenario molto più prudente rispetto a quello proposto da altri studi di settore, che secondo Aci porterebbe il paese a sforare “solo” dell’11 per cento i limiti europei di tonnellate di CO2 emesse dai trasporti: un dato che può essere ridotto con politiche incentivanti, ma che saranno valide solo se sapranno mantenere un approccio “eco-razionale”. Cosa significa? “Significa raggiungere gli stessi obiettivi ambientali con modi meno impattanti: non concentrarsi su un unico sistema di alimentazione ma considerare tutte le motorizzazioni, purché siano vetture nuove e utilizzino carburanti più ecologici – spiega al Foglio Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci – Tutti abbiamo il dovere di lavorare per contenere le emissioni, ma oggi si sente parlare soltanto di un modo per ottenere questo risultato: passare quanto più velocemente possibile all’auto elettrica. Una prospettiva molto onerosa che mette ko l’industria automobilistica tradizionale, compresa quella nazionale”.

  

La proiezione Aci considera i limiti europei alle emissioni imposti per le vendite di auto nuove al 2021, una forte penetrazione di biocarburanti nei motori termici e, soprattutto, veicoli più nuovi in circolazione. “Con circa 11 anni di anzianità media, il nostro parco auto è uno dei più vecchi d’Europa – continua Sticchi Damiani – Favorire lo svecchiamento lasciando agli automobilisti la possibilità di scegliere quale motore è più adeguato alle proprie esigenze è un modo efficace per ridurre le emissioni e aumentare la sicurezza”. Per questo lo studio sostiene il rinnovo del parco va incoraggiato in un’ottica di neutralità tecnologica e propone un vantaggio fiscale per chi rottama un usato pre Euro 3.

   

“Quello che noi non vorremmo è che certi tipi di orientamenti all’acquisto siano coercitivi e creino danno al mercato. Non è necessario condizionare tanto la scelta della motorizzazione con ordinanze e interventi fiscali – continua il presidente dell’Aci – perché la priorità è sostituire le auto più vecchie con i nuovi modelli, altrimenti rischiamo di avere un effetto soltanto sulle vetture già poco inquinanti e non su quelle molto inquinanti”. Il trend dei prossimi anni vedrà ancora una riduzione di consumi ed emissioni dei motori diesel e a benzina perché l’industria automobilistica e i produttori di carburanti stanno continuando a investire in questa direzione. “Di questo dobbiamo tenere conto, se no rischiamo di vedere solo un pezzo dell’orizzonte. Il problema invece è nella parte bassa della piramide”. Ovvero quei 14 milioni di auto ante euro 4 che appartengono alle famiglie economicamente più deboli. Come rileva il rapporto, nelle regioni con pil pro capite più basso, solo un veicolo su 10 è di classe Euro 6. E se è vero che l’attenzione di questo Green New Deal sarà rivolta a non fare pesare il costo della transizione sulle fasce più povere della popolazione, allora anche per la decarbonizzazione dei trasporti si dovrà tenere conto dello stesso principio. Altrimenti, come rileva l’Aci, si cascherà nel paradosso di una transizione all’elettrico pagata da chi l’elettrico non può permetterselo neppure con gli incentivi, e che per questo continuerà a guidare la sua vecchia auto.

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