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questo lo dice lei

Il Green New Deal offre opportunità per le imprese

Pier Carlo Padoan

Se preso sul serio può essere un vaccino contro l’incertezza. È cruciale però accompagnare la svolta ecologica con il completamento del mercato unico dei servizi

Nel suo discorso al Parlamento europeo Ursula von der Leyen ha ribadito che il Green new deal rappresenta la strategia di crescita che la Commissione di cui è presidente intende seguire. Per tradurla in pratica si avrà bisogno di investimenti pubblici, incentivi fiscali, un sistema regolatorio adeguato e, soprattutto, investimenti privati.

 

I limiti agli investimenti pubblici in molti paesi sono di duplice natura, la disponibilità di risorse e gli ostacoli di implementazione. Rappresenta anche un limite la disponibilità di risorse a livello europeo vista la dimensione ridotta del bilancio dell’Unione e le caratteristiche dello strumento di competitività e convergenza. Potrebbe rappresentare un passo avanti il rafforzamento del Fondo di investimento europeo nato sulla scia del Piano Juncker.

 

Ma la vera chiave per misurare il successo della strategia verde sarà la reazione degli investimenti privati. Solo con un massiccio riorientamento degli investimenti privati l’economia europea potrà veramente avviarsi verso una maggiore sostenibilità ambientale. Una crescita “verde” infatti richiede un passaggio, graduale ma deciso, una transizione verso un sistema con tecnologie “pulite”, che producano beni e servizi “puliti”, che si basino su scelte di consumo, e in generale di vita, “pulite”.

 

Tutto ciò richiede che, appunto, ci sia un’uscita da tecnologie, prodotti e abitudini che invece puliti non sono. E questo si traduce necessariamente in investimenti delle imprese che devono cambiare – in alcuni casi radicalmente – il loro modello di business. Da questo punto di vista sarebbe cruciale accompagnare l’implementazione del Green new deal con il completamento del mercato unico dei servizi. Un’economia verde, infatti, si realizza in massima parte attraverso la fornitura di servizi. E d’altra parte i servizi costituiscono, come si sa, la gran parte del reddito prodotto. Mercati dei servizi più aperti aumentano le possibilità di investimento e le opportunità di fare profitti, otre che di abbassare i costi di chi utilizza i servizi come input del processo produttivo. Il rapporto annuale della Banca europea degli investimenti, pubblicato qualche giorno fa, contiene, tra tanto materiale molto utile, i risultati di un sondaggio presso le imprese dei paesi dell’Unione, su quelli che vengono considerati gli ostacoli all’investimento. Ne emerge un quadro significativo. Ai primi tre posti ci sono: l’incertezza, il capitale umano insufficiente, il peso eccessivo della regolamentazione.

 

L’incertezza è una caratteristica sempre presente nelle decisioni di investimento. Per definizione chi investe scommette sul futuro, che per definizione è incerto. Quello che cambia è la natura dell’incertezza, o meglio la natura delle cause dell’incertezza. C’è un’incertezza specifica nelle decisioni delle singole imprese che ha a che fare con fattori microeconomici e sulla quale pochi sono i margini di intervento della politica economica generale. Ma c’è anche un’incertezza legata al clima generale nel quale sono prese le decisioni di investimento. Si tratta dell’incertezza determinata dalle scelte dei governi sia in tema di politica domestica che di politica internazionale. Quest’incertezza “politica” è aumentata negli ultimi anni, anche a seguito del crescere della voce dei movimenti (e dei governi) populisti. Basta citare alcuni esempi: le guerre commerciali, la Brexit, il crescere di proteste popolari in molti paesi, da Hong Kong al Cile. Eventi che portano con sé un’incertezza profonda e diffusa, relativa all’evoluzione delle linee strategiche del “policy making” e alla loro credibilità. Quest’incertezza è da tempo monitorata e misurata da vari indicatori “politici” che sempre più affiancano gli indicatori economici. Una politica basata sul Green new deal si presenta, da questo punto di vista, come doppiamente cruciale. Perché definisce un quadro di riferimento relativo allo sviluppo tecnologico e ai modelli di consumo. Perché offre, se credibile, un antidoto fondamentale contro l’incertezza strategica. Sarebbe, anche per questo, un potente strumento di crescita.

 

Ma un Green new deal avrebbe altri vantaggi. Permetterebbe di affermare che esiste un nuovo “modello europeo” di crescita e di benessere sostenibile sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista sociale. E che potrebbe “contaminare” in senso positivo altre regioni del mondo.

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