Borsa Argentina (Foto LaPresse)

Lady Spread balla in autunno tra crisi italiana e no deal Brexit

Mariarosaria Marchesano

Le incertezze sono ingigantite e si chiamano Trump, Salvini e Johnson. Ora in Argentina il pericolo è il populismo di sinistra

Milano. Guerra commerciale, Brexit e debito dell’Italia erano ad agosto 2018 i tre maggiori fattori di incertezza globale percepiti dagli investitori e segnalati dalla stragrande maggioranza degli analisti come le premesse per un autunno “caldo” sui mercati finanziari. E così è stato. Poi, l’Italia è uscita dai radar che segnalavano rischi imminenti e la Brexit veniva data per scontata nei piani d’investimento. Solo le tensioni tra Stati Uniti e Cina sono rimasti costantemente in cima alla lista delle preoccupazioni visto che i rapporti tra le due superpotenze non hanno fatto altro che deteriorarsi. A distanza di un anno, si ripropone uno scenario analogo, aggravato dalle nuove difficoltà nei paesi emergenti dove l’Argentina rischia di diventare un nuovo epicentro di crisi globale. Ieri sono letteralmente crollati la Borsa di Buneos Aires e il peso dopo la sconfitta alle primarie presidenziali del liberale Mauricio Macri contro il peronista di centrosinistra ed ex primo ministro Alberto Fernández.

 

La spinta populista in tutto il mondo continua così ad alimentare l’incertezza politica e l’instabilità dei mercati. Gli analisti di Goldman Sachs e di Morgan Stanley hanno detto che la guerra dei dazi – che nel frattempo si è trasformata in lotta per la supremazia tecnologica, ma anche valutaria con il coinvolgimento delle Banche centrali – potrebbe spingere l’America in recessione. E in Europa sono tornati i timori sull’Italia – che va verso le elezioni anticipate ad appena un anno e mezzo dall’insediamento del governo Lega-M5s – e sul Regno Unito, che rischia di uscire dall’Unione europea senza accordo. Entrambe le situazioni sono considerate in grado di generare nuovi periodi di volatilità sui mercati dell’Eurozona. Prova ne è lo spread Btp-Bund che è tornato a volare da quando il vicepremier Matteo Salvini ha reso chiara l’intenzione di staccare la spina al governo con i 5 Stelle (ieri il differenziale ha chiuso a 233 punti dopo aver superato i 240 venerdì scorso). Il calendario prospetta un autunno con il massimo livello di allerta per i due paesi: entro il 27 settembre, il governo italiano dovrà presentare la nota di aggiornamento del Def, la base per mettere a punto la legge di bilancio per il 2020, con un dibattito pubblico che coinciderà con la campagna elettorale visto che si potrebbe andare alle urne già a fine ottobre, se si avvera il disegno auspicato da Salvini. Nello stesso momento, nel Regno Unito potrebbe verificarsi il no deal Brexit. “Lasceremo l’Unione Europea il 31 ottobre”, ha ribadito il neo premier Boris Johnson giovedì scorso in visita al  Culham Science Centre, nell’Oxfordshire . Johnson ha aggiunto di sperare nel “buon senso” dell’Ue per un nuovo accordo sulla Brexit e non ha, però, escluso la possibilità di elezioni politiche nel Regno Unito subito dopo il 31 ottobre se il suo governo non dovesse ottenere la fiducia in Parlamento.

 

Per contrastare questo programma, i laburisti potrebbero, già al ritorno delle ferie estive, quindi a partire dal 3 settembre, programmare un rapido voto di sfiducia nei confronti di Boris Johnson, come spiegato ieri in un articolo del Guardian. In Italia anche il Pd ha presentato una mozione di sfiducia su Salvini e si discute l'ipotesi di un governo “balneare” con l’unico scopo di guidare il paese alle elezioni dopo avere approvato la finanziaria. Si vedrà. Intanto, è un dato di fatto che da quando l’uscita senza accordo è diventata più probabile, la sterlina si è indebolita e la Banca centrale d’Inghilterra ha rivisto al ribasso le stime di crescita economica per il 2019 e il 2020. In Italia, dove già l’Istat ha certificato che nel secondo trimestre di quest’anno la crescita del paese è praticamente ferma, un cambiamento di governo non è di per sé uno scenario avverso per i mercati finanziari, lo diventa, però, se una prospettiva di governo guidato dalla Lega aumenta la probabilità di aumentare il rapporto tra deficit e pil per finanziare la promessa elettorale di uno choc fiscale.