Mario Draghi (foto LaPresse)

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Redazione

I consigli di Draghi per uno choc fiscale, inascoltati a Berlino, servono a Roma

Nell’ultima conferenza stampa Mario Draghi ha sottolineato la situazione critica della manifattura europea, soprattutto delle due principali, l’italiana e la tedesca, che rischiano di entrare in recessione per le tensioni internazionali, dalla Brexit alla guerra commerciale (ora anche monetaria) tra Cina e America. Ha sostenuto che per reagire a questo pericolo servono stimoli governativi, cioè riduzioni fiscali consistenti, come strumento indispensabile per la crescita.

 

La Germania ha risposto picche, per bocca del suo ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che sostiene che non bisogna preoccuparsi per una crisi che non c’è. I tedeschi sbagliano soprattutto perché ormai sono ridotti a un orizzonte miope, condizionato dalle elezioni di autunno nei Länder orientali dove la Spd rischia una sconfitta talmente bruciante da costringerla a uscire dal governo. L’Italia, che invece da tempo sostiene l’esigenza di stimoli robusti all’economia produttiva e ai consumi, dovrebbe prendere il monito di Draghi come un incoraggiamento. Di più, dovrebbe chiedere proprio a Draghi di dare suggerimenti sul modo migliore per realizzare quell’obiettivo riducendo al minimo i rischi di bilancio connessi a una manovra espansiva. Invece di dire scioccamente che si farà con o senza il consenso europeo, o “con soldi veri”, il governo dovrebbe appigliarsi proprio alla linea indicata da Draghi all’Europa. Se Matteo Salvini pensa davvero all’interesse nazionale deve provare a coniugarlo all’interno di una specifica prospettiva europea, appunto quella indicata da Francoforte. Se non lo farà lui dovrebbe farlo il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: Draghi è di fatto il capofila dell’ala europea che punta alla crescita e non all’austerità fine a se stessa, e probabilmente uno dei pochi che sanno come questo obiettivo può essere perseguito concretamente. In ogni caso è noto che c’è un filo diretto del Quirinale con il presidente della Banca centrale europea, e sempre che da quell’autorevole sede non siano ancora stati chiesti (riservatamente, com’è ovvio) i consigli utili, c’è ancora un po’ di tempo per farlo.

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