Luis de Guindos, vicepresidente della Bce, Vitas Vasiliauskas, governatore della Banca centrale della Lituania, il presidente dellla Bce, Mario Draghi, e la portavoce della Bce, Graeff (LaPresse)

Idea per cambiare il 3 per cento europeo senza essere irresponsabili

Olivier Blanchard

Dovrebbero essere i mercati, e non la Commissione europea, a decidere se il debito pubblico è eccessivo

Quest’anno ho sostenuto che nei paesi dove i tassi di interesse sono estremamente bassi e il debito pubblico è considerato sotto controllo dagli investitori – rendendolo meno costoso da un punto di vista fiscale ed economico – maggiori deficit fiscali siano necessari per compensare i limiti della politica monetaria. L’Eurozona ha raggiunto questo punto. Dopo la crisi finanziaria del 2008 e la seguente crisi dell’euro, la politica monetaria ha avuto un ruolo cruciale per stabilizzare e fare ripartire l’Eurozona. Ci è voluto pragmatismo, creatività e fiuto politico da parte del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, per ottenere questo risultato. La politica monetaria non si è ancora esaurita, ma non ci possiamo più aspettare che svolga lo stesso ruolo di prima. Al contrario la politica fiscale, un altro componente chiave per una corretta gestione macroeconomica di stampo keynesiano, è stata usata troppo poco come strumento ciclico, con il risultato che l’output dell’Eurozona non ha raggiunto il suo livello potenziale. Questo è un problema urgente che non può essere risolto da un paese da solo; richiede una risposta comune dell’Eurozona. Oggi c’è una maggiore urgenza per un bilancio comune dell’Eurozona da cui attingere risorse aggiuntive, ma questo comporta la condivisione dei rischi tra stati membri, una questione politicamente controversa. Comunque l’Eurozona potrebbe perseguire altre misure, a partire da un cambio delle regole fiscali. Con i tassi di interesse così bassi, la regola del rapporto debito-pil al 60 per cento non è più il parametro giusto (se mai lo sia stato). Non solo dovrebbe essere aumentato il limite, ma anche il requisito che obbliga gli stati membri che eccedono i parametri a rientrare in regola velocemente dovrebbe essere ammorbidito. Dato che la politica monetaria ha poco spazio di manovra, l’Unione europea dovrebbe garantire ai governi più libertà per stimolare la domanda attraverso le politiche fiscali. Questo significa anche allentare il vincolo del 3 per cento sul deficit fiscale. I governi non dovrebbero avere carta bianca, ma non dovrebbero nemmeno avere le mani legate così strette. L’Unione europea ha bisogno di una nuova filosofia regolatoria. L’Eurozona ha accumulato molti vincoli, assumendo che i governi si comporteranno sempre male o cercheranno di barare, e che il risultato sarà a volte incomprensibile. Come primo passo, la Commissione europea dovrebbe smettere di gestire le politiche fiscali degli stati membri. La Commissione dovrebbe intervenire solo quando i governi vanno incontro a un debito insostenibile (che sicuramente può accadere con una leadership irresponsabile). Altrimenti, il compito principale della Commissione dovrebbe essere quello di fornire informazioni ai mercati sullo stato di salute dell’economia di uno stato membro e il probabile andamento del debito. In questo modo, i mercati sono liberi di decidere. Lo spazio fiscale, dopo tutto, è nelle mani degli investitori. Il Giappone ha un grande debito pubblico, ma i mercati non sembrano preoccuparsene. L’Italia, dove gli investitori chiedono dei tassi di interesse molto alti, è un’altra questione. Il problema per il governo di uno stato membro, quindi, non è più quello di compiacere la Commissione, ma è quello di convincere gli investitori che sta operando responsabilmente sul debito.

 

Come secondo passo, l’eurozona deve migliorare la coordinazione tra la politica fiscale e la politica monetaria (lo ha sempre dovuto fare, ma ora la questione è particolarmente urgente). A questo punto, la politica monetaria non può agire da sola. Gli stimoli devono prendere la forma di un’espansione fiscale per compensare ciò che la Bce non può fare da sola. Tuttavia, nessun paese ha un incentivo per fare questo da solo perché, con gli stati membri così integrati, una parte dell’espansione fiscale verrà persa nella forma di un aumento nel prezzo degli importi.

 

Quindi, c’è bisogno di uno strumento di coordinamento attraverso cui ogni paese si impegna a un’espansione fiscale più ampia e auto-finanziata o, preferibilmente (ma sarebbe molto più controverso) un bilancio comune, finanziato attraverso gli euro bond, che può essere utilizzato per finanziare una spesa maggiore in ogni paese, nel momento in cui sarà necessaria.

 

La posta in gioco è alta. In mancanza di parametri più alti sul debito e di un migliore coordinamento – attraverso un nuovo meccanismo o un bilancio comune – la politica fiscale resterà troppo stringente, l’attività economica resterà bassa e il rischio che emergano i populisti a offrire delle risposte semplicistiche è troppo alto. Questa è l’ultima cosa di cui l’eurozona ha bisogno.

 


 

(l’articolo è tratto da un intervento pubblicato il 10 giugno sul sito project-syndicate.org)

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