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Dottrina Draghi

La galoppata europea dei paesi dell’est insegna che la chiusura non serve a proteggersi dagli choc

"Il mercato unico ha creato prosperità nei paesi dell’Europa centrale e orientale, specialmente per quelli nell’area euro, generando convergenza nel reddito pro capite. L’Unione europea è stata una fonte di crescita e un’ancora di stabilità che ha permesso ai paesi della regione di ridurre il distacco con gli standard europei". Lo ha detto il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi intervenendo a Francoforte all’ottava conferenza dei paesi dell’Europa centrale e orientale per spiegare come il mercato unico europeo e l’area euro hanno contribuito, dagli anni Novanta, alla convergenza degli stati membri verso standard economici migliori dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica.

 

"Negli ultimi due decenni, in particolare, la crescita del pil pro capite reale è stata in media del 3,8 per cento nella regione, rispetto all’1,4 per cento nell’Unione europea nel suo complesso", ovvero sono cresciuti più velocemente delle altre economie mature.

 

Inoltre "i paesi che hanno aderito all’Ue e che sono collegati alle economie dell’Europa centrale e orientale (Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Repubblica ceca, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania) hanno raggiunto livelli di pil pro capite pari al 70 per cento della media europea. All’interno di questo gruppo, i paesi che hanno aderito all’area dell’euro (Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania) sono cresciuti ancora più velocemente, raggiungendo quasi l’80 per cento della media europea", si stanno quindi avvicinando alle condizioni degli altri paesi.

 

"Al contrario, il recupero è stato nettamente più lento nelle economie al di fuori dell’Unione (esclusa la Turchia) con livelli di reddito inferiori al 40 per cento della media dell’Unione europea a 28". Secondo Draghi il beneficio dell’adesione all’Unione e all’area euro si è tradotto in un "catalizzatore" per la convergenza "creando le condizioni economiche per adottare strategie di crescita altamente efficaci. La convergenza più rapida, unita a istituzioni di alta qualità, mostra che il mercato unico dell’Unione europea può essere un potente motore di crescita, consentendo ai paesi poveri di recuperare terreno, ma anche di beneficiare di mercati più grandi e opportunità di aumentare l’efficienza produttiva. Tuttavia – ha aggiunto Draghi in un frangente in cui alcuni paesi intendono deviare dagli standard europei in ambito non solo economico ma di diritti civili – al fine di mantenere la convergenza e i benefici sostenuti dal mercato unico e dall’adesione all’area dell’euro devono essere assicurati gli sforzi volti a garantire la qualità istituzionale e il buon governo".

 

I benefici economici sono d’altronde evidenti anche per l’attrazione nell’area di investimenti e capitali per via di costi del lavoro e di produzione inferiori. “In primo luogo, l’adesione al mercato unico ha portato all’eliminazione delle barriere commerciali e all’adozione di norme a livello Ue, riducendo il costo delle attività commerciali nei vari paesi. Le aziende hanno disaggregato le loro reti di produzione e trasferito la produzione e l’assemblaggio con costi di produzione relativamente più bassi. Di conseguenza, i flussi commerciali di input sono aumentati di quasi tre volte dal 1990 al 2015. Si sono intensificate a un ritmo più rapido le connessioni delle catene di fornitura e sono stati più resilienti durante la crisi rispetto a quelle al di fuori del mercato unico”, ovvero la filiera produttiva ha resistito meglio a choc esterni, come la crisi internazionale. “In secondo luogo – ha aggiunto Draghi – l’adozione dell’acquis communautaire ha portato a un contesto giuridico più prevedibile e quadri normativi di alta qualità, che hanno accresciuto la fiducia degli investitori e contribuito a un rapido afflusso di investimenti e tecnologia stranieri". L’adesione all’Unione europea e alla moneta unica ha anche rappresentato un fatto di attrazione per gli investimenti. "Gli afflussi di investimenti esteri diretti nella regione sono ammontati a circa il 6 per cento del pil negli anni precedenti la crisi, rispetto a solo il 3,4 per cento nell’insieme dell’Ue".

 

Tuttavia dopo la crisi internazionale le economie dell’Europa centrale e orientale hanno dimostrato segnali di debolezza e il rallentamento attuale si fa sentire nella regione. "Il che suggerisce che, nonostante i continui benefici del mercato unico e dell’euro, il modello economico della Cee è diventato vulnerabile agli choc per il commercio internazionale e le condizioni finanziarie. I vantaggi del mercato unico per una convergenza sostenuta devono quindi essere consolidati, attuando riforme – dice Draghi – verso un modello di crescita più equilibrato che sia meno vulnerabile ai cambiamenti delle condizioni esterne, come quelle emerse di recente". Negli ultimi anni "il commercio globale ha dovuto affrontare venti contrari poiché le misure restrittive hanno superato le misure di liberalizzazione". I motivi di un’esposizione maggiore a choc esterni e sviluppi negativi del ciclo economico sono due: i paesi dell’area “sono stati sempre più aperti agli scambi negli ultimi due decenni, la loro elasticità commerciale è più elevata che nel resto dell’Ue” poi, in secondo luogo, si tratta di economie “sempre più specializzate in determinati settori, il che potrebbe averli resi più esposti a choc specifici. In alcuni paesi, ad esempio, le esportazioni di veicoli rappresentano quasi il 30 per cento delle esportazioni totali della manifattura, rendendole più vulnerabili alla minaccia di aumentare i dazi sulle automobili”. Il riferimento a possibili choc, in questo caso, va anche alla intenzione degli Stati Uniti di Donald Trump di valutare l’imposizione di dazi all’importazione verso automobili prodotte in Europa. Sono quei “venti contrari” che secondo Draghi rischiano di insidiare anche l’area centrale e orientale d’Europa.

Come è possibile proteggersi? "La principale sfida a lungo termine – dice Draghi – si sta spostando verso un modello di crescita e di finanziamento più equilibrato, che dipende dall’innovazione interna e da una più elevata spesa per investimenti di quanto non sia stato finora. Ciò sarà possibile solo se le istituzioni nazionali e la governance saranno migliorate", il capitale politico avrà insomma una importanza più rilevante rispetto a tempi in cui le minacce esterne sono assenti o più lievi. "I paesi che hanno aderito all’area dell’euro hanno continuato a migliorare la loro qualità istituzionale, in parte a causa del processo di adesione. […] La qualità istituzionale è ancora al di sotto della media. La convergenza è un processo in corso e le riforme introdotte negli ultimi anni non dovrebbero essere ridimensionate. E’ necessario un elevato livello di qualità istituzionale per sfruttare appieno i vantaggi del mercato unico e mantenere solide le strutture economiche necessarie per la resilienza della moneta unica".

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