Yunpeng He (foto Imagoeconomica)

Chi è Mr. He, il manager cinese nei cda delle principali società energetiche

Stefano Cingolani

Dopo l’ultima tornata di nomine, siede in quattro consigli di amministrazioni di società a partecipazione statale (Cdp Reti e le controllate Snam, Terna, Italgas)

Nessuno può dire che non sia competente: Yunpeng He, 54 anni, nato a Batou in Mongolia interna, è laureato in Sistemi elettrotecnici e automazione all’Università di Tianjin, il principale approdo marittimo di Pechino, con il suo nome poetico (vuol dire “Guado del fiume di paradiso”) e il caratteristico quartiere italiano che risale all’epoca delle concessioni straniere (con tanto di casa del Fascio). Inoltre, ha fatto carriera dentro la società elettrica di stato, la State Grid, quindi non è un funzionario paracadutato dal Partito comunista. Eppure colpisce il numero di cariche che è riuscito a concentrare su di sé. Dopo l’ultima tornata di nomine, siede in quattro consigli di amministrazioni di società a partecipazione statale (Cdp Reti e le controllate Snam, Terna, Italgas).

 

Il suo arrivo da Francoforte, dove ha sede la filiale europea del colosso cinese, la più grande utility del mondo, risale all’accordo del 2014 con il quale la Cassa depositi e prestiti presieduta da Franco Bassanini e gestita da Giovanni Gorno Tempini aprì le porte alla Cina. Oggi Yunpeng He, con il 35 per cento nella società che gestisce le grandi reti energetiche italiane, è un paradigma del discusso rapporto italo-cinese che sta creando un nuovo putiferio internazionale attorno al governo nazional-populista il quale ha intenzione di firmare, primo tra i paesi del G7, il memorandum d’intesa sulla Bri (Belt and Road Initiative).

 

I suoi compagni di banco lo descrivono come persona riservata e cordiale, ben vestito, con il volto sorridente, sempre attento alle forme: mai che abbia addentato per primo un panino durante la pausa pranzo nelle estenuanti sedute dei consigli, mai che abbia mancato di prendere appunti con l’aiuto dell’interprete, mai che abbia detto una parola di troppo (rigorosamente in cinese mandarino). Ha sorpreso molti l’abitudine di rinviare le sue considerazioni sui bilanci o le opinioni sulle decisioni da prendere, alla riunione successiva del cda, forse per la necessità di meditare a lungo (la Cina ha più tempo dell’occidente), certamente per consultarsi con i vertici della State Grid Europe.

 

Yunpeng He è attentissimo alla ricaduta esterna delle scelte, uno dei suoi refrain riguarda appalti e fornitori, ma non per sponsorizzare società amiche. La Cina ha investito due miliardi di euro nelle reti energetiche italiane e vuol continuare a intascare buoni dividendi, tuttavia il più importante premio al rischio non è tanto il profitto immediato, quanto l’accesso alle informazioni, l’ingresso nella ragnatela delle relazioni.

 

Non tutto è sempre filato liscio. Yunpeng He siede anche nel cda della società greca Ipto che gestisce la trasmissione elettrica nella repubblica ellenica. Nel 2016 Terna pensò di comprarne il 24 per cento e quando si discusse del progetto, il consigliere cinese fu gentilmente pregato di restare fuori dalla porta. Finì che prevalse la State Grid con una offerta di 320 milioni di euro, chiaramente fuori mercato, più di quanto ha speso la Cosco Shipping per il 51 per cento del porto del Pireo (280,5 milioni di euro). In questo modo, però, oggi la Cina controlla due infrastrutture strategiche. Grecia-Italia, destino parallelo, visto che dopo la rete elettrica Pechino vorrebbe entrare nel porto di Trieste, approdo fondamentale per la Nuova via della seta.

 

Nel momento in cui l’economia cinese rallenta (le esportazioni lo scorso mese hanno subìto un crollo del 20,7 per cento rispetto al febbraio 2018), la guerra dei dazi e il conflitto per il primato tecnologico (si pensi al caso Huawei e al confronto sul 5G) mettono sotto stress il comunismo di mercato, la presenza nelle infrastrutture europee ha un valore che ripaga lo stesso investimento finanziario. I numeri contano e a Yunpeng He non sfugge una virgola. “Ma come mai i suoi lunghi discorsi, una volta tradotti, diventano brevi frasi? – si chiede ironicamente un consigliere italiano – Vuoi vedere che la barriera linguistica funziona solo a senso unico?”.

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