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Baruffe fatte in Cassa

Alberto Brambilla

Rinviate le nomine nelle società non quotate. Ecco cosa c’è dietro alle scaramucce in Cdp per guidare Sace

Roma. La battaglie politiche attorno alle banche per l’agevolazione delle esportazioni non attirano grande attenzione. Eppure da lì passano la capacità e la modalità di competere delle aziende nazionali. C’è un conflitto sommerso attorno alla Sace, la società di servizi assicurativi e finanziari per l’export e l’internazionalizzazione controllata in toto dalla Cassa depositi e prestiti, rivelato ieri da Giuseppe Guzzetti dominus delle fondazioni bancarie che sono azioniste di Cdp. Guzzetti ha detto che non c’è nessun conflitto ai vertici tra il presidente di Cdp tra il presidente Massimo Tonini, da lui indicato, e l’amministratore delegato Fabrizio Palermo, sulla cui nomina questa maggioranza di governo Lega-M5s non aveva opposto alcunché l’anno scorso. “Non mi risulta che ci siano tensioni fra il presidente e l’ad – ha detto Guzzetti – Poi che ci siano altri problemi in Cassa su come si fanno le nomine questo è un altro discorso che non riguarda il presidente Tononi”.

   

Il problema sulle nomine esiste. Il consiglio di amministrazione di Cdp, che ieri ha approvato i conti del 2018, ha infatti rinviato la questione. Le nomine delle controllate erano state divise in due tranche. La prima ha riguardato le società partecipate quotate in Borsa (Snam, Italgas, Fincantieri) a inizio marzo per obblighi temporali di comunicazione al mercato. La seconda tranche di nomine, prevista appunto il 28 marzo, riguarda le controllate non quotate (Sace, Simest, Cdp Investimenti, Cdp Reti, Ansaldo Energia). Ieri la seconda tornata è stata rinviata alla prima metà di aprile.

    

Uno dei problemi da risolvere riguarda la conferma o il rinnovo dei vertici di Sace, il presidente Beniamino Quintieri e l’amministratore delegato Alessandro Decio. Secondo indiscrezioni rivelate dal sito online StartMag, la questione attiene alle cordate. L’ambizione dell’ad di Cdp Palermo, quella di Palazzo Chigi e quella della maggioranza Lega-M5s è quella di superare l’attuale gestione e rinnovare i due ruoli apicali. I vertici erano stati nominati dal governo Renzi durante la precedente gestione di Cdp a guida del banchiere Claudio Costamagna. E’ intenzione del ministero dell’Economia guidato da Giovanni Tria, titolare della maggioranza delle azioni di Cdp, quella di riconfermare sia Decio (ex ceo di Ing Bank Italia ed ex di Unicredit) sia Quintieri. Quest’ultimo è stato collega di Tria all’Università Tor Vergata, nonché già presidente dell’Istituto per il commercio estero.

    

Oltre alle cordate c’è però una divergenza di vedute sull’uso della potenza di risorse, di 28,6 miliardi di euro (dato 2018), che Sace può dispiegare per sostenere le aziende italiane all’estero attraverso assicurazioni per operazioni oltre confine e finanziamento per le esportazioni.

   

La Cdp vorrebbe rafforzare il sostegno alle Pmi dal momento che le operazioni di Sace si sono molto concentrate sulle garanzie per grandi commesse delle grandi società soprattutto statali. Su un volume di operazioni per circa 50 miliardi di euro, tra il 2016 e il 2018, la metà è andato a sostegno delle operazioni di export del colosso della cantieristica navale Fincantieri, in misura maggiore, e quello della Difesa e aerospazio Leonardo, in misura minore. Le Piccole e medie imprese sono poco servite da Sace a confronto dei colossi pubblici che drenano la maggiore parte delle risorse. Una visione, questa, in parte condivisa in ambienti di Confindustria. Ma contestata da Sace che dice di avere mobilitato 7,8 miliardi per le Pmi solo l’anno scorso.

    

L’idea di favorire i colossi a scapito dei piccoli contrasta comunque con la strategia inedita per Cdp sottesa al piano industriale di Palermo di potenziare le sedi locali per garantire più sostegno alle Pmi e integrare le filiere produttive.

    

Il conflitto con il Tesoro nasce dal fatto che è il dicastero ad autorizzare la garanzia pubblica sull’esposizione di Sace per le sole grandi commesse per paese e per settore, quindi non strettamente per le Pmi. Perciò il ministero oggi guidato da Tria intende non solo avere voce in capitolo sulle operazioni da condurre, anche in ottica politica, ma vuole anche influenzare il processo di nomina. Mentre Cdp rivendica la prerogativa di scegliere i vertici dal momento che detiene il 100 per cento del capitale di Sace e oggi la ritiene centrale nella sua strategia industriale di sostegno alle Pmi come avviene in Francia e in Germania.

   

Dietro la baruffa, tutta fatta in Cassa, resta una domanda. Come si può creare un sistema di sostegno alle imprese all’estero senza che ci sia una buona integrazione tra Sace e Cdp a cominciare dalle persone che le guidano. Un problema non nuovo che però non trova soluzioni, benché guadagni molto spazio sui giornali prima di essere risolto.

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.