Il premier Giuseppe Conte con Paolo Gallo, ad di Italgas. Foto LaPresse

Nomine senza rivoluzione

Renzo Rosati

Ai vertici di Snam, Fincantieri e Italgas prevale una tendenza alla normalizzazione. Il cambiamento per fortuna non c’è stato, meglio l’élite

Questa volta lo spoils system Lega-5 stelle non c’è stato, se non per accontentare qualche minore appetito di facciata. Ma – ed è la cosa più importante – senza fare danni e senza le scorpacciate di Fs e Rai. Le nomine ai vertici di Fincantieri, Snam e Italgas, tutte controllate della Cassa depositi e prestiti, hanno lasciato in carica i capi azienda – Giuseppe Bono ad di Fincantieri, Marco Alverà di Snam, Paolo Gallo di Italgas, questi ultimi due premiati anche per i buoni risultati – e rimpiazzato due presidenti (Luca Dal Fabbro al posto di Carlo Malacarne a Snam, Alberto dell’Acqua a quello di Lorenzo Bini Smaghi a Italgas); alla presidenza di Fincantieri rimane invece Giampiero Massolo.

   

La holding delle costruzioni navali, e in qualche misura delle infrastrutture avendo assieme a Salini ricevuto l’incarico di rifare il ponte Morandi di Genova, era nel mirino del M5s, in nome del cambiamento, poiché Bono, ad dal 2002, è al sesto mandato consecutivo. I grillini hanno fatto campagna contro di lui accusandolo, tra l’altro, di essersi aumentato lo stipendio; ma anziché chiederne la testa hanno cercato di ridurne il potere, da condividere con un presidente di loro gradimento individuato in Paolo Simioni, presidente e direttore generale di Atac, la più scassata e ingovernabile municipalizzata italiana, attualmente al centro dell’ennesimo scontro con la giunta romana di Virginia Raggi. Al Campidoglio serve (nuovamente) la poltrona di Simioni; quest’ultimo si vuole sfilare da un’azienda e una situazione da incubo visto che è il quinto a guidare l’Atac da quando i grillini amministrano Roma. Cosa c’è di meglio che promuoverlo alla presidenza di una grande industria manifatturiera pubblica, per di più assegnandogli poteri? Operazione intrapresa da Luigi Di Maio che è andata a sbattere contro il muro a favore della continuità in Fincantieri eretto dalla Lega con la benedizione del Quirinale e della Farnesina.

L’azienda è infatti ancora nel mezzo della trattativa con il governo francese per Stx (oggi Chantiers de l’Atlantique), accordo che doveva estendersi al settore militare, cioè a Thales e Leonardo-Finmeccanica se i rapporti tra governo italiano ed Emmanuel Macron non fossero scesi ai livelli minimi: meglio dunque non rischiare una Tav bis e lasciare Fincantieri così com’è, compresa la presidenza Massolo, con 40 anni di carriera diplomatica, già capo del comitato di coordinamento dei servizi segreti, membro della Trilateral, dell’Aspen e del Bilderberg; insomma quanto di peggio possibile secondo la narrazione grillina.

     

I due soci di governo si sono accontentati di dividersi le nuove presidenze di Snam e Italgas, promuovendo, via Cdp, la nomina di Dal Fabbro alla Snam in quota 5s, e di Dell’Acqua a Italgas in quota Lega, che già lo aveva sponsorizzato per la Consob. Va però detto che grazie anche al filtro della Cassa depositi e prestiti la spartizione è stata soft: il criterio di curriculum e competenze è stato rispettato, Dal Fabbro era già nel board di Terna, dunque interno al gruppo Cdp, mentre Dell’Acqua viene dalla School of Management della Bocconi. Anche le nomine nei consigli d’amministrazione, sempre pilotate dall’ad della Cassa Fabrizio Palermo, hanno rispettato i curriculum e anche il mercato, considerando la presenza in entrambi di Yupeng He, espresso da State Grid Corporation of China che ha il 35 per cento di Cdp Reti. A maggio altra giostra con Sace, Simest e le controllate finanziarie della Cdp. Ma soprattutto con la scadenza del direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi (anche presidente dell’Ivass, l’organo di vigilanza delle assicurazioni) e della sua vice Valeria Sannucci. Stavolta hanno prevalso le élite e una tendenza alla normalizzazione. Vedremo se alla vigilia delle europee ci sarà qualche scalpo da esibire.

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