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Da Bruxelles a Roma qualcosa si sblocca in Banca d'Italia

Stefano Cingolani

Una sentenza Ue sull’aiuto di stato (che non c’è) a Tercas smentisce Vestager e l’addio di Rossi toglie il governo dagli imbarazzi

Roma. A Palazzo Koch non avevano ancora finito di rallegrarsi per la vittoria, sia pur postuma, su Margrethe Vestager. Il tribunale della Ue ha dato ragione all’Italia: l’intervento nelle banche in crisi da parte del Fondo interbancario sui depositi non è aiuto di stato. Non avevano ancora fatto in tempo che è arrivata la mossa grazie alla quale è possibile sbloccare le nomine al vertice della Banca d’Italia. Il direttore generale Salvatore Rossi, il cui mandato scade il 10 maggio, ha inviato una lettera nella quale si dice “indisponibile a una riconferma”, dopo 43 anni lascia la Banca d’Italia e vuole dedicarsi all’insegnamento, alla scrittura, alla divulgazione. A questo punto, il governatore Ignazio Visco – che la settimana scorsa ha incontrato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte – può presentare una proposta completa per il nuovo direttorio evitando che si arrivi alla vigilia dell’assemblea degli azionisti con un vertice incompleto. Certo, manca ancora il parere su Luigi Federico Signorini che il governo, in particolare Luigi Di Maio, voleva trasformare in una sorta di bersaglio mobile, a causa delle critiche che l’attuale vicedirettore aveva rivolto, a nome della banca centrale, alla manovra economica. Ma la defenestrazione manu militari ha creato una situazione insostenibile mettendo in discussione la stessa autonomia di Banca d’Italia. L’imbarazzante braccio di ferro, che ha visto in campo sia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, entrambi garanti dell’autonomia della banca centrale, non poteva andare più avanti e a Salvatore Rossi è toccato il generoso compito di rompere gli indugi.

 

Adesso parte il totonomine, ma è molto probabile che Signorini abbia il via libera e venga confermata anche Valeria Sannucci vice direttrice in Via Nazionale, mentre si apre una casella importante alla Ragioneria dello stato. Il 20 maggio, infatti, scade il mandato di Daniele Franco, già ai vertici della Banca d’Italia. Potrebbe tornare alla casa madre entrando nel direttorio e lasciando così alla politica la scelta di coprire una posizione quanto mai delicata: il ragioniere generale è l’uomo che conosce i veri conti pubblici, in ogni dettaglio, dai comuni all’amministrazione centrale ed è l’uomo che “bollina”, quindi dà il via libera alle decisioni di spesa prese dal governo. La plancia di comando più probabile in Banca d’Italia vede al posto di direttore generale Fabio Panetta, l’uomo che parla ai mercati e alle banche, il quale ha già ottenuto nel settembre scorso la conferma come vicedirettore. Sarebbe affiancato da Franco, da Sannucci e, salvo sorprese, da Signorini.

 

Romano, 60 anni, Panetta ha gestito le partite più difficili di questi anni, in stretto rapporto con la Bce (fa parte anche del Supervisory board della Vigilanza) e con Mario Draghi il quale, quando era governatore della Banca d’Italia, gli aveva affidato di coordinare le attività connesse con la partecipazione all’Eurosistema. Di recente Panetta ha liquidato con una delle sue uscite pungenti le tirate anti establishment e l’assurda polemica sul signoraggio: “Ci sono alcuni che chiedono di ridare la moneta al popolo togliendola alla Banca d’Italia. Con ciò dimenticando che già oggi la Banca d’Italia trasferisce i profitti derivanti dal signoraggio – molti miliardi ogni anno – allo stato italiano, e quindi al popolo”. Il rammarico, anche per lui come per Visco, è che la sentenza anti Vestager sia arrivata troppo tardi. Se fosse stato possibile utilizzare pienamente il Fondo interbancario, posizione sostenuta dalla Banca d’Italia, molte delle crisi bancarie avrebbero avuto una soluzione ben diversa. La storia politica di questi anni sarebbe in parte cambiata. Comunque, è stata una buona giornata in Via Nazionale. L’economia ha bisogno di una banca centrale nazionale in efficienza, ne hanno bisogno i “guardiani del debito” e ne avrebbe bisogno il governo se davvero volesse governare.