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Confusione totale sulla ri-nazionalizzazione di Alitalia by Di Maio

Alberto Brambilla

Il vicepremier dice di volere acquistare una quota di maggioranza della Nuova Alitalia. Ecco perché la sua strategia non quadra

Roma. Il governo Lega-M5s ha annunciato l’intenzione di volere nazionalizzare Alitalia attraverso l’acquisto di una quota di maggioranza di una costituenda nuova società ma, da quanto emerso dall’incontro dei sindacati di categoria con il ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, non c’è alcun elemento concreto che possa assicurare questo impegno al momento.

 

Ieri mattina quando l’incontro era ancora in corso – il terzo dal mese di ottobre – le agenzie stampa hanno battuto all’unisono la notizia, filtrata da fonti del ministero dello Sviluppo, che il ministero dell’Economia e le Ferrovie dello stato arriveranno a possedere almeno il 50 per cento delle quote di una Nuova Alitalia. La comunicazione sulla ri-nazionalizzazione – un decennio dopo la privatizzazione delle compagnia – ricalca la nota della presidenza del Consiglio della sera di mercoledì dai termini vaghi: “Si è convenuta la disponibilità del governo di partecipare alla costituzione della Nuova Alitalia, tramite il Mef, a condizione della sostenibilità del piano industriale e in conformità con la normativa europea”, ovvero una partecipazione del 15 per cento modello AirFrance.

 

Ieri il ministro e vicepremier del M5s non si è reso disponibile a incontrare la stampa per chiarimenti in merito alla nazionalizzazione della compagnia aerea in amministrazione straordinaria da oltre due anni. Operazione che si tradurrebbe, anche nella migliore delle ipotesi, in uno spreco di denaro pubblico senza garanzia di ritorni congrui in futuro. Alitalia è fallita 22 mesi fa e ha ricevuto un prestito pubblico di 1,2 miliardi di euro – per questo è sotto osservazione della Commissione europea per possibile aiuto di stato – i soldi in cassa serviranno a pagare i debiti verso i fornitori e verso i contribuenti.

 

I rappresentanti sindacali sono rimasti perplessi dal colloquio con Di Maio perché non è stato detto qual è la spesa relativa alla partecipazione dello stato, né se la percentuale indicata si riferisca a quote della attuale compagnia o di una futura azienda. “Non sanno di che cifre stanno parlando – dice al Foglio Claudio Tarlazzi, segretario generale Uil Trasporti, primo sindacato tra piloti e assistenti di volo e terra – La preoccupazione che abbiamo è che più tempo passa e più il valore di Alitalia si abbassa”. Il ministro ha parlato della creazione di un “consorzio” per la Nuova Alitalia come a indicare la possibile unione di imprese o enti e non la costituzione di una società ad hoc per l’intervento.

 

La discussione è resa più caotica dalla mancanza del direttore generale del ministero Giampietro Castano che per un decennio ha seguito le plurime crisi di Alitalia e al quale di recente non è stato rinnovato il contratto. Le Ferrovie dello stato, coinvolte nell’intervento, hanno avviato trattative con l’americana Delta Airlines e con l’inglese Easyjet nel tentativo di agevolarne la partecipazione fungendo da garante. Fs è l’unica ad avere fatto un’offerta vincolante che scadrà il 31 marzo e, lungi da impegnarsi troppo, potrebbe partecipare con circa 200 milioni di euro.

 

Delta è intervenuta in chiave concorrenziale verso la tedesca Lufthansa, ormai esclusa dalle trattative. Mentre Easyjet ha comunicato ai dipendenti di non avere fatto un’offerta vincolante. La partecipazione del 50 per cento comunicata dal governo è stimabile in circa 3 miliardi (0,9 per mancato rimborso del prestito-ponte, 1,5 per coprire pro quota i 3 miliardi di debiti, 0,5 per ricostituire sempre pro quota il capitale iniziale). Alitalia avrebbe comunque bisogno di capitali freschi per almeno 1,5 miliardi per l’operatività quotidiana e la manutenzione della flotta. Nel 2018 Alitalia ha perso 500 milioni di euro, ora perde 1,2 milioni al dì. Martedì con l’analisi costi-benefici sulla Tav il governo ha suggerito che è meglio chiudere il tunnel ferroviario tra Torino e Lione per evitare uno spreco di denaro pubblico. Due giorni dopo annuncia di voler comprare un “buco” come Alitalia con soldi pubblici, ma non sa quanti.

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.